Chi è disposto a morire per l’Ucraina e la Crimea?
di Carlo Gambescia - 05/03/2014
Fonte: carlogambesciametapolitics
Francamente, non scorgiamo nulla nuovo sul piano del processo politico - dei mezzi usati e delle finalità perseguite - nella contesa in corso tra Stati Uniti, Ue e Russia sulla sorte dell’Ucraina ( e della Crimea).
Dando per scontata la debolezza politica dell’Ucraina, pura e semplice comparsa in una contesa geopolitica per il controllo del territorio, Putin sembra aver puntato sulla opzione militare, basata sulla regola - semplificando - che l’occupazione determina la proprietà di un luogo. Principio, per fare un esempio recente, che tuttavia per Saddam non funzionò: l’occupazione del Kuwait, accelerò la sua fine. Ovviamente, la Russia non è l’Iraq… Il che spiega la cautela di Stati Uniti e Unione Europea. Infatti, al di là della debolezza della leadership di Obama e dei notevoli interessi tedeschi in Russia e Ucraina, l’Occidente sembra puntare, per ora, sul mix trattative-sanzioni.(*),
Del resto, le crisi internazionali, sono vere e proprie partite a scacchi, dove a differenza del gioco da tavolo va messa in conto l'eventuale distruzione della scacchiera stessa. Fuor di metafora, va considerata l’opzione bellica, come sempre possibile. Quindi la morte - non solo di due giocatori - va vista come ineludibile conseguenza collettiva della "partita". Un "fattore" da tenere sempre ben presente.
Naturalmente, alle misure concrete (occupazione militare e sanzioni economiche), anche in questa contesa , si accompagna il ricorso alla retorica politica come strumento di delegittimazione simbolica dell’avversario. Putin ha parlato di interessi nazionali (categoria quanto mai vaga), estendendoli alle minoranze russe in Ucraina ( stato, al momento, inclusivo della Crimea, dove la popolazione di etnia russa è in maggioranza). Obama ha accusato Putin di essere fuori della storia ( utilizzando una categoria ancora più vaga: quella "del senso della storia"). La Merkel, a sua volta, ha invocato il senso della realtà (altra “copertura” concettuale molto elastica), di cui Putin sarebbe privo.
Crediamo invece che il leader russo, dal punto di vista del processo politico - certo, assumendosi tutti i rischi del caso come un vero giocatore - sia un realista da manuale. E che quindi conosca benissimo il valore della posta in gioco: la retrocessione della Russia a potenza di secondo piano, prigioniera di sfibranti spinte politicamente centrifughe.
Di qui, la necessità per Stati Uniti e Unione Europea, dotate di un potenziale tecnologico-militare superiore, di tenere i nervi ben saldi e di non forzare troppo la situazione, nel senso di lasciarsi e lasciare vie d'uscita all'avversario (il "vicolo cieco" in politica internazionale è sempre causa di guerra). Anche se per il momento può sembrare il contrario, cioè che sia Putin a condurre il gioco. Il che in parte è vero Così come è quantomeno verosimile che Putin, da buon realista, sappia fin dove può spingersi. Anche perché la politica, come processo interattivo tra decisioni e fatti, azioni e reazioni, muta rapidamente. Ciò rinvia alla capacità, non così comune tra gli uomini di stato, di saper cogliere l'attimo giusto per fare la pace o la guerra.
In fondo, la domanda è sempre la stessa. E purtroppo non c’è risposta, se non "dopo"... E neppure sempre, perché talvolta i vincitori non hanno le idee chiare e/o sono divisi . Quale domanda? Chi degli attori in gioco (Stati Uniti, Unione Europea, Russia), in ultima istanza, è realmente disposto a morire per l’Ucraina e la Crimea?
(*) Per ragioni analitiche la posizione diplomatica dell'Italia viene ricondotta nell'alveo della politica Ue. Del resto l'Italia, pur avendo rilevanti interessi economici in Ucraina, al momento, risulta priva di qualsiasi rilevanza geopolitica al singolare.