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Violenza insensata

di Simone Torresani - 09/03/2014

 


 

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L’aggressione mortale a un  tassista milanese preso a bottigliate per aver frenato troppo in ritardo sulle strisce pedonali,  provocando spavento in una donna incinta e suscitando la reazione scomposta del di lei compagno, obbliga a una riflessione.

Premesso che i pedoni (e le donne in gravidanza) debbano avere sempre la precedenza assoluta sulle strisce pedonali (anche se chi conosce il far west automobilistico milanese sa che troppo spesso è impossibile il rispetto pedissequo delle regole), abbiamo da interrogarci su come, ormai a intervalli sempre più brevi, l' uomo postmoderno stia perdendo il controllo di sè stesso, scatenandosi in comportamenti davvero assurdi.

I soliti soloni diranno -magari citando il monumentale lavoro di Steve Pinker "Declino della violenza"- come, negli ultimi secoli, il tasso della violenza sia diminuito in maniera esponenziale: Pinker ci racconta, nelle sue 800 pagine, come ad esempio nell' Europa del XVII secolo il tasso d' omicidi fosse oltre venti volte superiore ad oggi.

L' apparatchik di "sistema" Pinker (liberal, membro del MIT, etc etc) parlando dal punto di vista statistico ha anche ragione.

Vogliamo però, da storici dilettanti locali lombardi, fare un excursus sulla violenza del 1600?.

Citiamo un fatto a casaccio?

Di sicuro sappiamo che a Brescia vi furono faide tra famiglie nobiliari ed omicidi che funestarono i primi trent' anni del secolo: in un regolamento di conti, ad archibugiate, nel 1610 morirono in trenta tra i "bravi" di due fazioni aristocratiche locali. Il tutto, si badi bene, nella piazza del Broletto, dietro al Duomo.

Bene..posso dire che capisco di più una faida tra gli Avogadro e i Martinengo che si risolve ad archibugiate, rispetto a un pestaggio per un taxi che non è riuscito a fermarsi al millesimo di secondo?

O una mancata precedenza? O un mancato parcheggio?

Almeno nel primo caso lo scoppio di violenza aveva un senso e significato nell' ordine delle cose: magari un senso perverso, visto con gli occhi di  chi vive nel XXI secolo, ma sempre un senso.Vi erano in ballo elementi arcaici ma antropologico-culturali tipici dell' Uomo, quali il concetto di onore personale, onore del casato (quello che fu "il mito "del XVII secolo),  vendetta, vincoli familiari, senso di appartenenza ad un ordine, una classe e il significato di avere ciascuno un ruolo in una società organica statica e immutabile ma almeno pregna di sensi d' appartenenza e vincoli di solidarietà reciproca.

Nel secondo caso, io proprio non vedo un senso, nè vedo significati: questa è violenza allo stato bruto, animalesco, che degrada l' uomo stesso.Violenza inutile. Reazione scomposta, tipica di una società ormai schizofrenica, cadaverica, cimiteriale, che non sa più né da dove viene e né dove va.

Classica violenza, anche, dovuta ad una società che, nella sua ansia di comprimere la violenza stessa, finisce per creare una pentola a pressione, col coperchio che quando meno te l' aspetti salta in aria.

Violenza di individui che vivono a 300 km l' ora, sempre di fretta, sempre senza requie, schiavi dell' orologio e macchine programmate per produrre-consumare-crepare.

Può ben scrivere tomi, il signor Pinker...gli rispondo che piuttosto che vivere 90 anni in questo mondo di cadaveri, avrei di gran lunga preferito essere, nel 1610 -archibugio carico in mano- sulla piazza del Broletto, a Brescia, a tirare colpi contro gli scherani della opposta fazione.

Meglio morti in una società di vivi che vivere a lungo in una società di morti.