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Lo Stato-gangster d’Israele

di Carmine R. Viola - 02/08/2006

 
Scusatemi se comincio con il dire di avere pianto dentro leggendo le parole di Hamady Salman sulla prima pagina di Rinascita (che sarà puntualmente ignorata nelle rassegne-stampa dei media addomesticati) e osservando le foto di due delle centinaia di vittime innocenti già provocate dall’isterismo bellico di quella proiezione Usa nel Medio Oriente che si chiama Stato d’Israele e che della matrice ha tutti i difetti e tutta la malvagità.
Agghiacciante la rapidità tra la minaccia e il fatto per l’evidente timore di lasciare scappare la preda!

Tempo fa ebbi a pubblicare su questo prezioso quotidiano un articolo dal titolo “Lo Stato-gangster d’Israele”. Mi pareva quasi di avere esagerato ma il susseguirsi incalzante di crimini, premeditati e commessi in nome della giustizia - anzi, del diritto di autodifesa - mi liberarono ben presto di ogni patema di coscienza. Era il tempo di Sharon, detto il “macellaio di Beirut” (oggi non più in condizione di nuocere), il grande provocatore dal passato cònsono alla statura dello statista che, ignorando gli elementi rudimentali del diritto, che vuole - e logicamente - la responsabilità personale, faceva abbattere per rappresaglia tutti gli edifici - sospetti fonti di origine degli attentatori-suicidi - con quanto c’era dentro, se possibile, anche persone. E’ facile immaginare l’infelicità mortale di chi si ritrova senza nemmeno un tetto. Ma così aveva sentenziato il massacratore di Sabra e Shatila.

Israele, che aveva già ignorato oltre cento delibere del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, collezionava esecuzioni extragiudiziali con la disinvoltura di una vera e propria associazione per delinquere.
Ero presente a Tripoli nel 1948 quando furono consumati due pogrom a danno di ebrei, promossi dalle autorità britanniche di occupazione, allora in concorrenza con quelle statunitensi per dare una prima risposta alla proclamazione dello Stato d’Israele: un inutile eccidio d’innocenti, riprovato da tutte le persone benpensanti, non era certo il modo più adeguato per esprimere dissenso per un vero atto di predazione territoriale. Ma in me - e chissà in quanti - quella mattanza umana, consumata da gente inconsapevole e manovrata da delinquenti del potere - fece l’effetto di farci parteggiare per l’ebreo invasore. Io non ero stato - e non lo sono tuttora - antisemita e negli anni Cinquanta, quale fondatore e direttore di una rassegna internazionale, avrò il piacere di avere un corrispondente anche da Haifa, un tale Hocchauser-Armony, un ebreo tedesco, unico superstite di tutta una famiglia morta in un lager. Era il tempo dei Kibbutzin, che ci facevano pensare perfino ad uno Stato socialista. Ma in me c’era ancora anche una certa ingenuità sentimentale, che dovetti scoprire scontrandomi sulla stampa anarchica con chi ne sapeva più di me.
Finché ho visto chiaro.

Con il pretesto di dare uno Stato alla diaspora ebraica, l’imperialismo Usa piantò un cuneo nel cuore del Medio Oriente mentre il Nordamerica avrebbe potuto benissimo ospitare tutti gli ebrei del mondo, creando oggi il 51mo Stato dell’Unione e non ci avrebbe perso perché l’ebreo, proprio per effetto del ritrovarsi estraneo, ha sviluppato in modo eccellente la capacità di adattamento e di uso del capitalismo. Non nascondo di avere anche pensato che l’accettazione del fatto compiuto avrebbe potuto essere una soluzione di pace anche per i palestinesi. Forse l’hanno pensato molti cittadini del nuovo Stato, attirati con la promessa demagogica di ritrovarsi in una specie di paradiso terrestre e chissà anche semplici abitanti della residua Palestina. Ma un’attenta analisi del fenomeno dà ragione a coloro che si ostinano a non riconoscerne l’esistenza.
Sta di fatto che sin dapprincipio l’operazione rientro nella terra d’origine dopo circa 1800 anni di assenza (sic), è stata condotta in maniera subdola e, potremmo aggiungere, “mafiosa”: si pensi ad un boss che dice: “ci sono e ci resto!”. L’assenso dell’Onu, da tempo strumento dei compari Usa e Gran Bretagna - nonostante la Francia, la Cina e la stessa Urss - consolidò l’equivoco e pose le basi per il peggio, che si è susseguito fino ai nostri giorni.

Il mondo arabo non ha tutti i torti di non accettare in casa propria la presenza di un tentacolo della Casa Bianca, divenuto già la terza potenza militare del mondo. Ho alfine imparato a distinguere il popolo di Talmud, che si ritiene l’eletto di Dio ma che è tuttavia rispettabile - dallo Stato ebraico, che è un vero e proprio strumento di penetrazione, di controllo e di intimidazione nel mondo del Corano. Molto significativa la colonizzazione extrastatale della striscia di Gaza. Senza alcun dubbio gli israeliani hanno bonificato del deserto e creato condizioni di vita civile all’avanguardia della tecnologia, ma in terra nordamericana - non foss’altro perché circondati da amici - avrebbero potuto fare anche di più.

In ogni caso, gli israeliani non hanno saputo avere quel garbo che ci vuole quando ci si trova in casa altrui, ma l’hanno fatto subito da padroni. E se i popoli confinanti li avessero accettati, oggi sarebbero ugualmente il gendarme superarmato al servizio di un impero che vuole depredare tutti i territori ricchi di potenziale energetico e piegare con la forza i legittimi detentori. A tal fine ha creato il pretesto dell’ 11 settembre, ovvero del terrorismo e della “guerra infinita” agli Stati-canaglia.
I crimini di questi giorni hanno superato sé stessi. Con il pretesto di uno o due pretesi prigionieri israeliani (se vero, secondo alcuni erano degli infiltrati!) da parte di pretesi terroristi, gli aerei e i cannoni di Israele hanno cominciato a sparare nel mucchio, proprio come vuole la logica del terrorismo di Stato e nello stesso tempo in cui migliaia di prigionieri arabi - pare anche donne e bambini - languono nelle carceri dell’ “unica democrazia” (sic) del Medio Oriente nel quasi totale irrispetto del diritto. Grazie alla vergognosa acquiescenza europea gli aggrediti passano per aggressori, anzi per terroristi. E’ certamente questa la circostanza più triste: quella di una nascente Unione Europea, che si rende complice di cotanto scempio non sappiamo se anche in nome delle pretese ridicole “radici cristiane”, che potrebbero significare rigurgiti inquisitoriali e antislamici. Sta di fatto che la gente del Libano non ha avuto nemmeno il tempo di recarsi nei rifugi che i bombardieri hanno massacrato uomini e cose riducendo migliaia di persone alla rovina e l’intero paese al collasso. Davvero bavosa e stomachevole la veglia a favore dello Stato d’Israele a cui non è mancata la presenza di eminenti clown della sedicente sinistra ex marxista.

Se lo Stato d’Israele dovesse pagare tutto il danno causato durante oltre mezzo secolo di violenze, non basterebbe tutto sé stesso. La domanda angosciante è: quale sarà il domani? La furia bestiale degli israeliani, criminali yankee in versione ebraica, non cesserà certamente. Il rischio non irreale è quello di un’ennesima guerra mondiale con epicentro il Medio Oriente e antagonisti, da un lato la criminocrazia del Pentagono con tutti i paesi segugi, tra cui il nostro, e, dall’altro il mondo arabo con l’appoggio - c’è da augurarselo - della Cina, della Russia e della Corea del Nord. A massacro compiuto, gli eventuali superstiti delle bombe nucleari conteranno i cocci e forse ricomincerà una nuova vita se il Moloch americano sarà stato debellato e se l’ambiente non sarà stato reso del tutto inabitabile.