Noi viviamo il tempo della rappresentanza; la democrazia diretta è legata al regime di rappresentanza poiché non tutti i cittadini possono fare parte della grande piazza, dell’antica agorà. Il problema ,però, è che la decisione diretta non può esistere poiché sarà sempre mediata: nella fase dell’iniziativa non è possibile che vi siano idee comuni, dal momento che vi sarà sempre un soggetto, il magistrato Roussoiano, che fungerà da corpo deliberante. Anche il momento in cui viene formulata la domanda incide sull’esito: pensate ad una domanda relativa ad un intervento di ordine pubblico posta agli statunitensi prima o dopo l’11 settembre. Vi è mediazione nel fatto che la questione trova una elaborazione da parte delle forze politiche e sociali: il convincimento che si formano gli elettori è determinato da come i soggetti istituzionali prendono posizione. Dunque se la mediazione c’è sempre, la democrazia è un’idea primitiva che non corrisponde a realtà.
La rappresentanza inoltre corrisponde al moto di produzione dominante, il settore terziario: Adam Smith ne “ La ricchezza delle nazioni “ scrive che l’economia basata sull’ industria ed il commercio si realizza in base alla divisione del lavoro: così a livello politico dividiamo il nostro dovere elettorale con il diritto di essere rappresentati.
Un’ ipotesi di applicazione della vera rappresentanza potrebbe essere l’istituzione di un mandato costituzionale di rappresentanza politica , cioè un mandato il cui accordo consisterebbe nell’elezione politica, la cui causa consisterebbe nella rappresentanza politica, il cui oggetto consisterebbe nel nucleo essenziale del programma elettorale e la cui forma consisterebbe in un atto pubblico avente forza e valore di legge costituzionale. Il mandato suddetto metterebbe in concorrenza i partiti politici, oltre che sui programmi elettorali, anche sulle conseguenze della mancata realizzazione degli stessi, vincolando maggiormente i rappresentanti politici al rispetto delle promesse elettorali.
Ma come si può rappresentare un’identità collettiva disgregata come quella italiana? Il fatto che non vi sia una coesione spirituale all’interno del popolo è fonte di masochismo. Nell ‘ipotesi in cui vi dovesse essere secessione del nord dal sud si metterebbero in discussione quei legami di interdipendenza che hanno portato all’unificazione. L’italia è stata fondata sia da abitanti del nord, che da abitanti del sud: nel caso fosse rotta questa unione ci si disinteresserebbe degli altri soggetti del gruppo sociale. Inneggiare all’autodeterminazione significherebbe andare contro coloro che hanno forgiato col sangue la nostra patria. Il popolo è una molteplicità strutturata,non è una accozzaglia di gente messa insieme a casaccio: presenta quei due elementi che per Cicerone erano l’utilitatis communio e lo iuris consensu. Gli individui stanno insieme per interessi comuni, il gruppo sociale deve avere una ragion d’essere (tutti i cittadini romani avrebbero avuto un beneficio dalla conquista romana). Inoltre vi deve essere consenso di diritto: il diritto è tale perché da noi voluto. Dunque il popolo è un soggetto storico che si costruisce giorno per giorno attraverso regole ed interessi comuni.
Rappresentanza politica e disgregazione
di Giacomo Bellisario - 02/04/2014
Fonte: L'intellettuale dissidente
Noi viviamo il tempo della rappresentanza; la democrazia diretta è legata al regime di rappresentanza poiché non tutti i cittadini possono fare parte della grande piazza, dell’antica agorà. Ma come si può rappresentare un’identità collettiva disgregata come quella italiana? Il fatto che non vi sia una coesione spirituale all’interno del popolo è fonte di masochismo.
