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Napolitano il capo della banda

di Giuseppe Parente - 09/06/2014

Fonte: controinformazione



Pubblichiamo la recensione scritta da Giuseppe Parente a proposito dell’ultimo libro pubblicato (da U.M. Tassinari)  relativamente al ruolo esercitato   dal presidente  Napolitano nella gestione politica della Repubblica Italiana

Napolitano, il capo della banda

Spietato con Berlusconi, opportunista con Monti, feroce con Beppe Grillo, cinico con Letta: Giorgio Napolitano si gode lo storico e clamoroso successo del premier Renzi e del Partito Democratico alle ultime europee ed ora può anche lasciare il Quirinale, per cui magari, ha già deciso il nome del successore.

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In questo contesto storico politico, esce in Italia, il libro dello storico ed esperto di nuove e vecchie destre, Ugo Maria Tassinari intitolato “Napolitano il capo della banda” edito dalle edizioni Si di Cesena.
Un libro,composto da 116 pagine, di cui consiglio una attenta e critica lettura, destinato ad alimentare non poche polemiche sul ruolo svolto, nel corso degli anni, dal Presidente della Repubblica, che anche a detta dell’autore non fu né passivo né tanto meno neutrale.

 

Giorgio Napolitano, secondo l’autore, è l’uomo che più di tutti, in Italia, ha rappresentato e tutt’ora rappresenta l’anello di congiunzione con i poteri forti ed è il garante di quel nuovo ordine mondiale che egli stesso cita in più occasione come l’orizzonte di una magnifica era di pace e di libertà per tutti i popoli.

Che il Quirinale svolga un ruolo determinate nella politica italiana è un dato di fatto incontrovertibile; e che in occasione delle dimissioni, giudicata da molti come una defenestrazioni di Berlusconi e poi, della nomina di Monti, il capo dello Stato abbia giocato una parte decisiva, basta leggere le cronache di quella stagione politica.

Quel che non ci sembra del tutto chiaro è se, dietro atti apparentemente obbligati, presentati all’opinione pubblica come l’effetto necessario di un dovere di supplenza per cui siamo di fronte al sacrificio di Giorgio Napolitano nei confronti di una politica assente o colpevole, ci fosse un disegno strategico di natura sovranazionale.

Il Napolitano di oggi, secondo l’autore, è lo stesso Napolitano che, nel 1956 all’epoca dei fatti d’Ungheria, polemizzava vivacemente con Antonio Giolitti in difesa dell’invasione sovietica vista come atto dovuto nel superiore interesse dalla pace mondiale: perché quel che per lui conta,secondo Tassinari, sono le dinamiche delle grandi potenze sul piano geopolitico,il ruolo delle classi dirigenti, la prospettiva generale.

Un realismo politico, quello di Giorgio Napolitano, che si potrebbe scambiare per cinismo di sapore togliattiano, che è alla base del suo senso dello Stato.
Un realismo politico tipico dei dettati culturali di una famiglia liberale napoletana, la cui storia, racconta un testimone, è tutta riconducibile all’esperienza massonica partenopea, che ha radici antiche e si inquadra nell’alveo di quella francese.

Per cui anche escludendo del tutto, l’affiliazione diretta di Giorgio Napolitano,alla Massoneria, dichiara Tassinari, è evidente come il tema del nuovo ordine mondiale che invera il sogno di una “fratellanza universale”promossa dall’Istituzione,stia molto a cuore al Presidente della Repubblica.