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Baalbek dopo le bombe

di Christian Henderson - 23/08/2006

Un giornalista di Al Jazeera ha visitato Baalbek, una 'roccaforte' di Hezbollah

 

Baalbek, agosto 2006. Baalbek in agosto è solitamente luogo di festeggiamenti, dove si celebrano la cultura araba e mondiale. Ma quando Al Jazeera ha visitato la città questa settimana dopo molti giorni di intensi bombardamenti israeliani, gli abitanti della città erano nervosi. La strada che conduce attraverso la valle della Bekaa, ad est di Beirut, era quasi deserta, e molti distributori di benzina alla periferia della città erano stati bombardati. Poco dopo aver parcheggiato, e mentre camminavamo per il centro storico della città, un membro di Hezbollah, con una ricetrasmittente portatile ci ha avvicinato e ci ha chiesto se avessimo “bisogno di aiuto”. Gli abbiamo detto di essere giornalisti in visita da Beirut e abbiamo chiesto di poter vedere alcuni dei siti colpiti dai bombardamenti israeliani. Balbek è comunemente definita una “roccaforte” Hezbollah, ma la città ha anche una numerosa popolazione cristiana e ospita normalmente un festival internazionale nelle spettacolari rovine romane che giacciono nel cuore della città. Eppure gli Hezbollah sono forti qui e, durante gli anni ’80, alcuni membri del partito sono stati addestrati dalle guardie rivoluzionarie iraniane di stanza nella città.
 
Guide volontarie. Ora, dopo tre settimane di guerra, è plausibile che Hezbollah abbia preso le redini della sicurezza della città nelle proprie mani. L’uomo ci ha chiesto di accompagnarlo a un luogo dove ancora più uomini con le radio hanno controllato i nostri passaporti e registrato i nostri nomi. Si sono scusati per le procedure e ci hanno detto di essere felici di mostrarci la città. La nostra guida ci ha detto: “un giro della città non è un problema ma non possiamo portarvi a vedere i ‘centri’”, riferendosi ai vulnerabili siti di Hezbollah su una delle colline che sovrastano la città. Circa duecentocinquanta case ed edifici sono stati distrutti dai bombardamenti israeliani; abbiamo visto un gran numero di case, scuole ed edifici religiosi devastati. Molte delle istituzioni erano gestite da organizzazioni senza fini di lucro vicine a Hezbollah, ma nessuna sembrava essere stata usata per motivi militari. La maggior parte di quelle che abbiamo visto erano case civili, chiaramente identificabili dagli orsacchiotti di peluche e dai giocattoli, dagli utensili da cucina e oggetti domestici sparsi tra i detriti.
 
Controllati. Potevamo udire il suono degli aerei senza pilota israeliani volare sulla città. Guardando il cielo, la nostra guida ha riso: “Gli Mk vi stanno fotografando mentre fotografate quell’edificio”. Gli Mk, come sono chiamati in arabo, sono gli aerei senza pilota ‘Predator’, usati dagli israeliani per registrare le coordinate Gps degli obiettivi, anche se le versioni più grandi sono armate con piccoli missili. Mentre stavamo guardando altri crateri, la nostra guida ha ricevuto un rapporto alla radio secondo il quale degli F16 israeliani si stavano dirigendo verso la città. Ha detto: “Dovreste andarvene, non è sicuro”. Nel lasciare la città, ci siamo fermati alla centrale del latte Liban Lait, che è stata distrutta dagli israeliani due settimane prima. Un filo di fumo ancora saliva dal metallo contorto, e sciami di mosche sono stati attratti dalle vasche di latte marcescente.
 
L’industria come obiettivo. Bekaa è stata a volte chiamata ‘il fronte nascosto’ in questa guerra, e più di cento civili da questa regione agricola sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani. Almeno cinque industrie della zona sono state distrutte, con la conseguente perdita di millecinquecento posti di lavoro. Il passaggio di confine principale tra il Libano e la Siria è ora chiuso a seguito di numerosi attacchi e la strada principale tra Beirut e Damasco è deserta. Più a sud di Baalbek abbiamo raggiunto la periferia della città di Chatura e vediamo i resti della seconda maggiore fabbrica di vetro del Medio Oriente. Salah Barake, uno dei dirigenti dello stabilimento ci ha portati sulla parte del tetto che ancora stava in piedi, e così abbiamo potuto dare un’occhiata alla portata della distruzione.
 
Pausa pranzo. I sei o sette missili che hanno arato il metallo, il vetro e i macchinari hanno lasciato enormi crateri. L’impianto era di proprietà di indiani e due lavoratori indiani sono rimasti uccisi nell’attacco. Barake ha detto: “E' stato un miracolo che altre persone non siano state uccise: è stata solo una questione di fortuna che la maggior parte fosse in pausa pranzo al momento dell’attaco degli israeliani.” “Non so perché abbiano colpito questa fabbrica: erano affari puliti; questo non ha nulla a che fare con i cristiani e i musulmani. In soli due minuti, quarantadue anni di lavoro sono stati distrutti e tutto è andato perduto”. Mentre si fa sera, decidiamo di andarcene. Arrampicandoci sulla strada di montagna che conduce a Beirut, passiamo di fianco ad autocarri bombardati che gli israeliani credevano portassero armi. Ad Hezbollah. Guidare un autocarro è ora un mestiere rischioso e futilmente tentando di evitare di essere fatti oggetto di attacchi, i conducenti hanno appeso bandiere bianche o simboli delle grandi multinazionali ai propri veicoli. Quando raggiungiamo Beirut più tardi quella sera veniamo a sapere che un’unità commando israeliana ha effettuato un’incursione a Baalbek, prelevando sei persone e uccidendone undici. È ovvio che l’inquietudine della città era giustificata.