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Di troppa libertà si può anche morire

di Marcello Veneziani - 22/09/2014

Fonte: Marcello Veneziani

Prendete questo articolo con le pinze, maneggiatelo con cura e leggete le avvertenze d'obbligo: può essere nocivo e produrre effetti indesiderati. Dopo la premessa il tema: contro la libertà. La libertà ci sta soffocando, da ogni lato. I danni e i vizi che sta producendo hanno superato i pregi e i vantaggi.

In occidente siamo giunti a un punto in cui la libertà deteriora il tessuto sociale, avvelena i rapporti umani, peggiora l'umanità. È giunto il tempo di rimettere in discussione ciò che non abbiamo mai discusso, dico noi contemporanei occidentali. L'unico dio rispetto a cui non è possibile professarsi atei o solo agnostici. Non è in discussione la libertà di pensiero, d'azione e d'impresa.

Ma la libertà come fondamento ci sta facendo compromettere ogni base su cui regge la vita intima e familiare, pubblica e privata: non solo la libertà come arbitrio, di chi uccide, violenta e ruba nel nome della sua assoluta autodecisione rispetto a cose, uomini e limiti. E non solo la libertà di uccidersi, violentarsi e nuocersi nel nome stesso dell'autodecisione. Ma la libertà di rompere rapporti, legami e contratti, la libertà di diventare altro da sé, la libertà da ogni limite naturale, da ogni confine, da ogni vincolo esterno, da ogni identità e da ogni appartenenza. Nel suo seno covano l'egoismo, l'egocentrismo e il narcisismo. E chiunque ostacoli la mia libertà lo abbatto, come mostrano troppi casi di cronaca e di delitti famigliari; l'altro, fosse anche mio figlio, impedisce la mia libertà, dunque lo sopprimo. La libertà assoluta non tollera neanche le leggi che pure nascono a garanzia della libertà. Ma se la libertà è sciolta da tutto e viene prima di tutto, nulla può arrestarla, se non la forza, che diventa infatti la soluzione sempre più praticata per affermare la propria libertà contro quella altrui o per arrestare gli effetti di alcune libertà invasive o aggressive. La libertà come primato assoluto e smisurato non trova argini alla prevaricazione. Tra gli effetti secondari la libertà genera stress perché ci impone continue microscelte che producono ansia, ci ricorda Peter Sloterdijk ( Stress e libertà , Cortina ed.).

Non leggete però questa riflessione a rovescio, come un elogio della dittatura, dei regimi dispotici e totalitari o dei sistemi coercitivi. Non è affatto così, perché quei regimi e quei sistemi nascono dalla libertà assoluta concessa a un uomo, a un partito, a un potere, a cui è consentito ogni cosa, o quasi. Sono dunque malati di libertà, ma concentrata nelle mani di uno solo o di pochi. Queste considerazioni non sono rivolte contro le libertà civili, a cominciare dalla libertà di opinione che più ci riguarda, perché nessuno ha libertà di decidere cosa posso o non posso dire. Ossia non si tratta di considerare sacra la mia libertà di opinione, ma di negare a chiunque l'arbitrio d'impedirmelo. Lo stesso discorso investe l'ambito supremo: la vita non ha valore assoluto, è un passaggio, una catena infinita; ma nessuno può avere il potere, l'arbitrio di sopprimerla o di violarla. La libertà non è assoluta e di conseguenza nessuno ha il diritto assoluto sulla mia vita e sulla mia morte, né io né gli altri.

A cosa si riduce poi questa assoluta libertà? A non assumere responsabilità nel mondo, a non accettare nulla accanto e sopra di noi, ad accettare supini il capriccio dei propri sensi, la schiavitù degli impulsi, l'automatismo delle reazioni istintive, a non riconoscere la realtà, a mortificare l'essere nel nome del non essere perché è il regno infinito delle possibilità. La libertà si traduce così nel suo contrario, la sua parabola nasce all'insegna della volontà di onnipotenza e finisce all'insegna della volontà di autodistruzione; o sorge dalla liberazione di ogni nostra energia e finisce come schiavitù di ogni nostro impulso.

La libertà ci sta svuotando, ci sta facendo perdere la bussola, il senso del confine, che non è solo limite e misura ma anche garanzia di ciò che siamo e facciamo. Ci riduce a mucillagini indeterminate, che si sciolgono nell'arbitrio dei loro desideri estemporanei, senza nessuna capacità di padroneggiarli, perché ciò vorrebbe dire reprimersi. L'abolizione dell'autorità non ci libera da ogni soggezione ma genera la proliferazione di altre agenzie imperative, altri poteri che ci tengono in ostaggio non solo dall'alto, ma dal lato, dal basso e da dentro. L'autorità sorregge la libertà, ne bilancia il peso e la misura. In sua assenza altri pesi oscuri la sostituiscono. In generale è benefico il potere che nasce dall'autorità; è malefica invece l'autorità che nasce dal potere.

Non sono considerazioni mostruose o stravaganti, ma meritano di essere affrontate prima che sia troppo tardi, visto che la libertà corrente non vuole pensieri ma solo desideri, e alla fine ci riduce ad animali emotivi ma non-pensanti. Voi direte, queste filippiche contro la libertà si sa dove cominciano ma non si sa dove vanno a parare; o peggio, si sa, e sboccano sempre in cupi dispotismi. Invece io dico che dobbiamo reimparare a rimettere in discussione la regina assoluta del nostro mondo che ci sta portando alla rovina e mentre finge di farci del bene, o addirittura mentre ci fa sentire dei e demiurghi, ci riduce al rango di larve vanesie che non vogliono mai diventare adulte per non perdere lo stato potenziale dell'infanzia, aperto a ogni possibilità di vita, compresa la sua negazione. E facendoci credere di liberarci da ogni dipendenza superiore ci lascia completamente in balia del caso, della tecnica, dei desideri indotti o ingigantiti, fino a far coincidere nel modo più perverso la libertà con l'automatismo, la coazione a ripetere o l'impulso a dissipare.

C'è un nesso fatale tra autonomia e automatismo, quando l'autonomia tende a farsi assoluta. E invece riscoprite la bellezza del fato, il dire sì al destino e alla vita che in suo nome sorge, su cui non possiamo disporre perché ne siamo fruitori ma non datori. È tempo di esercitare lo spirito critico anche sulla libertà, riportandola da totem e tabù a confine e responsabilità, da feticcio e capriccio a strumento e misura. La libertà assoluta è un male assoluto, anzi il male assoluto è la libertà assoluta, cioè possibilità di disporre di tutto e di tutti, del mondo, degli altri e di noi stessi, nel nome inviolabile della nostra suprema libertà. La libertà è preziosa se non è l'origine né lo scopo della nostra vita, non è l'inizio e il fine, ma è situata tra l'origine e il destino, è un percorso e non una meta. La libertà come assoluto è un puro andare che scorre dal fare al disfare. Invece, qualunque cosa accada dopo la nostra vita, sarà un ritorno.