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Facciamo vincere il "buon senso"

di Mario Bozzi Sentieri - 28/10/2014

 

Non si può pensare di affrontare con una battuta questioni complesse, quali sono quelle legate al tema della famiglia, della vita di coppia, della sessualità.

Lungi da noi, quindi, il volere dare per scontate problematiche che vanno rilette alla luce della complessità contemporanea, attraverso le lenti della sensibilità etica e della coscienza politica, laddove certe scelte toccano anche la sfera del diritto e del vivere comune.

Non si cada però nella “trappola” opposta e cioè nell’idea che  tutto debba  essere concesso in nome di una  bizzarra mentalità “liberatoria” e libertaria.

Andiamo dunque a fissare alcuni temi di discussione, balzati all’onore delle cronache recenti, evitando di fare di questo tipo di problemi argomenti da “guerra di religione” ovvero da bassa “macelleria politica”.

1)    Partiamo dalla famiglia. Alla Chiesa interessa doverosamente servire la verità. E’ un suo diritto/dovere, che le va riconosciuto senza se e senza ma. A noi, più modestamente, interessa difendere il “buon senso” . E il buon senso ci dice che la famiglia, in quanto “nucleo fondamentale della società umana costituito da genitori e figli” non è solo riconosciuta dalla Costituzione ma è anche  connaturata alla stessa natura dell’Uomo e della Donna. E’ un progetto di Vita, nel quale rientra il rapporto tra i coniugi, la procreazione e la crescita dei figli, il ruolo sociale della famiglia stessa. Perdere di vista questa dimensione complessa, significa lasciare il campo al relativismo e quindi condividere il processo di “svalutazione sociale” della famiglia, un processo di svalutazione che è segnato da tappe chiare e conseguenti: il divorzio, il nuovo diritto di famiglia, l’aborto legale, la legalizzazione della fecondazione artificiale, il riconoscimento delle coppie di fatto, la legalizzazione delle convivenze tra omosessuali.

2)    Il tema del riconoscimento delle coppie di fatto va dunque inserito in questo “processo” di messa in crisi della famiglia e di suo graduale smantellamento. Anche qui appelliamoci al buon senso. Se la realtà delle coppie al di fuori del matrimonio è “di fatto”, cioè liberamente al di fuori delle leggi che regolano la famiglia, perché dare a queste persone conviventi un riconoscimento “di diritto” ? Perché equipararle a chi, con il matrimonio, si è impegnato a svolgere un ruolo “sociale”, rappresentato dalla famiglia ? L’impressione è che con il riconoscimento delle coppie di fatto, si voglia creare una “zona franca”, attraverso cui rendere precario “per legge” il rapporto di coppia (chi impedisce una pluralità di “coppie di fatto”, con conseguenti problemi legati ai figli e al diritto successorio ?), preludendo alla legalizzazione delle convivenze omosessuali.

3)    Su quest’ultima questione si cerchi di non perdere la bussola, sia in direzione del problema della famiglia che di quello specifico dell’omosessualità. La famiglia, la sua composizione, non può essere lasciata in balia dell’arbitrio statale, ma va riconosciuta come entità di diritto naturale e quindi fissata nel rapporto tra un uomo ed una donna. Non è un’invenzione della Chiesa o di qualche legislatore reazionario. E’ connaturata alla vita stessa, al ruolo sociale della famiglia, alla procreazione (secondo natura)  e all’educazione dei figli. Perdere di vista quegli elementi di fondo rischia di aprire la via alle più bizzarre sperimentazioni, con i figli come vittime innocenti ed inconsapevoli. Negare la legalizzazione delle convivenze omosessuali non significa per questo discriminare. Molto più semplicemente vuole  dire prendere atto che la “questione omosessuale” non può essere posta con leggerezza, non considerando che, a monte del problema, esistono fattori psicologici, ambientali, familiari da affrontare e, se possibile, da risolvere. Anche qui non si dia niente per scontato. Si studino con rigore i problemi, si considerino le conseguenze sociali e culturali di certe derive, si operi soprattutto per ricostruire. Che cosa ? Un ordine civile per il quale e nel quale valga la pena di vivere, con al centro una ritrovata consapevolezza per il valore e per il ruolo della famiglia, nella complementarietà e nella differenza dei sessi. In tempi come questi un’impresa tutt’altro che facile.