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Le nuove masse

di Antonino De Stefano - 28/10/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Verso la fine dell’ Ottocento il sociologo Gustave Le Bon scriveva : ‘’L'ingresso delle classi popolari nella vita politica è una delle più sorprendenti caratteristiche di questa nostra epoca di transizione.‘’ Non c’è dubbio che le aspettative di Le Bon siano state ampiamente deluse. Oggi è difficile individuare un’ entità-massa in grado di partecipare al ciclo della Storia, come è difficile per questo motivo definire esattamente il modo in cui la Storia stessa esista nella contemporaneità. La stessa definizione di postmodernità mette in luce la situazione di stallo per cui è difficile identificare le finalità delle dinamiche storiche oggi. L’ impasse della Storia si riflette nella mentalità del cittadino contemporaneo per cui lo stesso individuo viene privato di scopo.

  

Si sta avviando una fase in cui le dinamiche della società di massa cominciano a incrinarsi. Nel corso del Novecento le masse infatti sono state sottoposte e condizionate secondo una logica di omologazione, di ‘politica dello spettacolo’, di esaltazione per lo stesso partecipare a manifestazioni della massa stessa. Si pensi ai meccanismi politico-propagandistici dei regimi totalitari, ai tesseramenti dei partiti che dopo la dittatura in Italia si presentavano in maniera più ‘democratica’, sebbene sia meglio forse definirli demagogici. Se secondo Marx le masse dovevano acquisire coscienza di sé e così ribaltare le dinamiche sociali, oggi la coscienza delle masse viene marginalizzata a tal punto da costituire un individualismo intrinseco alla massa stessa. Divide et impera. Si passa da una massa il cui compito è quello di partecipare alla dinamica storica contrapponendosi all’ elite capitalista ad una massa cristallizzata nelle relazioni interne per cui diventa impossibile prendere parte alla Storia e al processo oppositivo alla degenerazione del capitalismo contemporaneo.

Nel Novecento lo scopo del potere era quello di integrare politica e popolazione, sempre assecondando l’ottica del potere e in tal senso condizionare le scelte politiche degli individui, che difficilmente possono definirsi scelte. La figura dell’individuo in buona parte del Novecento perde di significato, perché inglobata in una concezione di agglomerazione di menti condizionate e annullate dalla propaganda e dai primi tentativi pubblicitari del sistema consumista instauratosi nel mondo occidentale. Il principale sistema di annientamento delle coscienze consisteva nell’ invito alla partecipazione ‘attiva’ alla politica e alla vita sociale del paese, enfatizzando il carattere sacrale della concezione dei regimi, il ritorno alla tradizione e la ricerca della quintessenza del proprio popolo. Il tutto attraverso marce, slogan, manifestazioni spettacolarizzate.

La concezione di massa oggi è totalmente diversa. La malleabilità della base sociale non è più ricercata nella creazione di un’ entità confusa ma allo stesso tempo omogenea, totalmente condizionabile e plasmabile. Oggi la massa è frammentata e si cerca di costruire barriere tra gli individui più che aggregazione. Come se si volesse creare una sorta di nube composta da particelle separate che non entrano mai in contatto. A questo punto si potrebbe constatare che esiste  la possibilità di elevazione del pensiero individuale. Questo è reso impossibile dalla confusione che esiste tra gli individui-particelle. La stessa confusione e frammentazione delle masse non è affidata al caso, ma ai nuovi sistemi di isolamento sociale quali social network e smartphone. Suddetti strumenti sono tutt’altro che sociali, in quanto convincono l’individuo che la realtà sia incentrata sulla propria persona che, privata ormai di valori sociali, risulta spiazzata dall’apparente importanza di cui si sente rivestita nei social. Allo stesso tempo le strategie del terrore mediatiche convincono gli individui della crudeltà del mondo esterno, una realtà di una durezza a cui il singolo individuo non può tenere testa da solo.

Verso la fine dell’ Ottocento il sociologo Gustave Le Bon scriveva : ‘L’ingresso delle classi popolari nella vita politica è una delle più sorprendenti caratteristiche di questa nostra epoca di transizione.‘’  Non c’è dubbio che le aspettative di Le Bon siano state ampiamente deluse. Oggi è difficile individuare un’ entità-massa in grado di partecipare al ciclo della Storia, come è difficile per questo motivo definire esattamente il modo in cui la Storia stessa esista nella contemporaneità. La stessa definizione di postmodernità mette in luce la situazione di stallo per cui è difficile identificare le finalità delle dinamiche storiche oggi. L’ impasse della Storia si riflette nella mentalità del cittadino contemporaneo per cui lo stesso individuo viene privato di scopo.

 Di fronte la confusione mentale delle persone viene assestato il colpo di grazia con una quanto mai incisiva incertezza sul futuro. Le persone vengono letteralmente terrorizzate dal futuro, minacciate da disoccupazione, invasioni militari e i Kabobo di turno. Alla vita politica del paese la gente è portata ad anteporre così la preoccupazione per l’incolumità personale. Scrive a tal proposito Zygmunt Bauman: ‘Questa insicurezza e questa incertezza a loro volta, sono nate da un senso di impotenza: ci sembra di non controllare più nulla, da soli, in tanti o collettivamente.’’

Si presenta all’ individuo una situazione in cui da un lato il vero contatto con gli altri è reso fittizio e dall’altro il confronto con le dinamiche sociali viene demonizzato per condurre ad uno scoraggiamento ed una rassegnazione generale. La paura finirà quando si comprenderà che il terrorismo non è solo quello con le bombe e quando la popolazione si munirà di strumenti adatti a liberare gli intelletti che creino forti legami tra le particelle di questa nube societaria.