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Putin incamera le ricchezze degli oligarchi

di Filippo Bovo - 19/11/2014

Fonte: Stato e Potenza


Il governo ha proposto nuove leggi fiscali che limiteranno seriamente la capacità delle classi più danarose del paese di nascondere la loro ricchezza all’estero

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Il Cremlino ha lanciato una campagna tesa a richiamare alle loro responsabilità nei confronti del paese gli oligarchi e le classi sociali più benestanti, suscitando così il loro malcontento nei confronti di Vladimir Putin.

La nuova legislazione cercherà di reprimere le persone sia fisiche che giuridiche che usano paradisi fiscali offshore rendendo i cittadini russi soggetti alle tasse in patria indipendentemente da quale paese provenga il loro reddito. Le misure sono mirate verso i russi più ricchi, che sistematicamente cercano di spostare i loro beni e spesso anche le loro famiglie all’estero, alimentando una fuga di capitali che Putin non è più disposto a tollerare soprattutto nel momento in cui, sia per fattori congiunturali che strutturali, l’economia russa ha iniziato a rallentare per la prima volta da quando è divenuto presidente 14 anni fa.

Gli esperti occidentali, le cui stime sono politicizzate e pertanto da prendersi con le dovute precauzioni, stimano che la fuga di capitali dalla Russia quest’anno abbia toccato i 60 miliardi di sterline, ovvero il doppio dello scorso anno. Così i nuovi provvedimenti lanciati dal Cremlino permetteranno di sanare questa piaga, e di far gravare la domanda fiscale soprattutto sui ceti più ricchi del paese, il cui benessere spesso e volentieri è stato pagato dal resto della popolazione russa negli Anni Novanta, ai tempi delle “appropriazioni indebite” del periodo eltisiniano. Si tratta infatti di un provvedimento che incontra il favore delle classi più popolari, così come dei ceti medi russi il cui benessere contrariamente agli oligarchi è frutto del lavoro e della crescita economica degli ultimi anni, e non a caso subito bollato in Occidente come “populista”.

Questa misura s’aggiunge ad un’altra varata lo scorso mese che impone ai russi di dichiarare alle autorità l’eventuale possesso di un passaporto straniero. E’ noto come siano soprattutto gli oligarchi a possedere il doppio passaporto, proprio per ovvie ragioni fiscali. Anche tale legge ha subito sollevato strali da parte di quest’ultimi così come delle autorità occidentali, preoccupate dal veder ridimensionati gli oligarchi, ovvero i loro principali alleati in terra russa.

“Mentre la Russia si chiude in sè stessa, c’è un davvero chiaro sentore che le cose si stiano facendo sempre più dure per l’élite, che ci sarà meno spazio di manovra”, dice un superbanchiere moscovita con la seconda residenza a Belgravia, “E se c’è una cosa che il ricco non apprezza, è quando si prova ad inscatolarlo e privarlo della libertà di usare i suoi soldi”.

Vladimir Putin è giustamente preoccupato dal calo dei proventi fiscali e considera lo spostamento delle ricchezze all’estero da parte degli oligarchi come un’azione “anti-patriottica”. La nuova legge permetterà così di compensare anche i diminuiti guadagni dalla vendita del petrolio, il cui prezzo è recentemente calato, e che costituisce una delle più importanti voci nelle entrate del paese. Inoltre consentirà di rafforzare il sistema economico e bancario del paese, di cui la crisi ucraina, con le sanzioni occidentali, ha messo a nudo alcuni punti deboli, che hanno nella fuga di capitali da parte degli oligarchi filo-occidentali proprio il loro fulcro. Ma incoraggerà anche quanti, fra i più ricchi, sono politicamente vicini alle autorità ad investire di più nel loro paese riducendo così i loro investimenti all’estero.

A settembre Arkady Rotenberg, considerato un alleato chiave di Putin, possedeva per esempio ricchezze stimate in 30 milioni di sterline in Italia, che dopo il varo delle sanzioni occidentali sono state bloccate mentre il suo nome veniva aggiunto alla “lista nera”, con la relativa proibizione di viaggiare in Europa e negli Stati Uniti. Il numero d’appartenenti dell’alta élite economica del paese, così come d’ufficiali dell’intelligence e dell’esercito, che sono stati inseriti nella “lista nera” è piuttosto consistente e ciò ha comprensibilmente sollevato da parte di quest’ultimi non poche preoccupazioni. Ciò, in ultima analisi, ancor più delle leggi di Putin, costituisce un incoraggiamento a privilegiare gli investimenti in patria trascurando quelli all’estero, perlomeno in Occidente.

Dal momento in cui la Crimea è tornata a far parte della Russia e sono scattate le sanzioni, la popolarità di Putin ha cominciato a salire enormemente toccando l’88%. Ma tra gli oligarchi filo-occidentali la sua popolarità, storicamente sempre piuttosto bassa, è calata ulteriormente trasformandosi in un’ancor più sorda ostilità.

“Nazionalismo, auto-isolamento, anti-americanismo, sanzioni, calo degli investimenti esteri e la Russia vista come uno Stato paria, queste cose sono un disastro per un ricco uomo d’affari che ha proprietà in America ed Inghilterra ed i cui figli vanno in una scuola privata inglese”, dice un tycoon russo recentemente spostatosi a Londra.