Perché la Russia ha deciso di fermare il progetto South Stream?
di Sajd Gafurov - 18/12/2014
Fonte: Aurora sito
“Il South Stream era destinato a fallire fin dall’inizio”
Intervista a cura di Thomas Gras, Le Courrier de Russie, 16 dicembre 2014
Il 1° dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha detto, durante una visita di Stato in Turchia, che Mosca abbandonava la realizzazione del gasdotto South Stream. Il motivo era la “posizione non costruttiva” dell’Unione europea. Putin aveva anche annunciato che, per soddisfare le esigenze dell’economia turca, la Russia è pronta a costruire un nuovo oleodotto in Turchia ed estenderlo, se necessario, alla Grecia. Cosa c’è dietro la chiusura di South Stream? Le Currier de Russie l’ha chiesto a Sajd Gafurov, economista specializzato sull’Oriente e consigliere del governo russo.
Le Courrier de Russie: Come ha reagito all’annuncio dell’abbandono della costruzione gasdotto South Stream?
Sajd Gafurov: sono rimasto sorpreso da questa decisione, anche se c’era da aspettarselo. Il progetto South Stream, a mio parere, era destinato a fallire fin dall’inizio, perché troppo costoso (stimato in circa 25 miliardi di euro, nota). La costruzione di un gasdotto sottomarino è costosa e pericolosa. Un’operazione importante che richiede garanzie a lungo termine e condivisione dei rischi. L’acquirente si assume la responsabilità della domanda, nel caso dovesse diminuire, mentre il venditore tramite Gazprom, è responsabile del controllo dei prezzi, se dovessero salire.
LCDR: l’Europa era d’accordo nel condividere questi rischi?
SG: In Europa, se gli acquirenti sono aziende private, le condizioni sono fissate da Bruxelles. E sono tutt’altro che eque per i fornitori, in Russia o in altri Paesi. La posizione dell’UE è: portateci il gas a vostre spese, noi diamo quello che vogliamo e senza garanzie a lungo termine. Ovviamente, tale situazione non poteva esser gradita dalla Russia che, sul progetto South Stream, si scontrava con un altro grande ostacolo: il terzo pacchetto energetico europeo, che vieta ai produttori di gas di possedere i gasdotti nell’UE. Questo pacchetto costringeva Gazprom a consentire a qualsiasi altro fornitore di usare le sue pipeline per rifornire di gas l’Europa. Risultato, anche se non vi è nessun altro attore sul mercato, la società russa non avrebbe usato il South Stream a pieno regime, lasciando alcuni gasdotti di riserva influendo notevolmente sulla redditività del progetto, poco affidabile economicamente per la parte russa. Il pacchetto energetico è stato utilizzato dall’UE come arma e la Russia ne ha avuto abbastanza.
LCDR: Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha anche apertamente accusato l’Unione europea, il 5 dicembre, di aver frustrato il progetto di gasdotto.
SG: L’Unione europea non è “unica”: si compone di molteplici e molto diverse opinioni politiche. Comprende un gruppo di burocrati che si oppone alla realizzazione del South Stream, per propri interessi. Il loro obiettivo non era tanto colpire Gazprom quanto controllare i flussi di cassa relativi al gas, per usarli come leva su aziende e politici. Costoro non volevano la chiusura del progetto, ma noi l’abbiamo deciso. Non erano altro che manovre e trattative segrete mafiose.
LCDR: Dovremmo finalmente rinunciare al South Stream?
SG: No. Ci sono possibilità che il progetto non scomparirà del tutto, anche se Gazprom dice il contrario. La questione centrale è sapere cosa cambierà a Bruxelles nei prossimi mesi. Parlo di individui da sostituire. Dobbiamo spezzare la burocrazia mafiosa di Bruxelles. I responsabili della sicurezza degli approvvigionamenti del gas europeo non devono commettere tali atti irresponsabili. Quindi riaprire il progetto dipenderà dall’evoluzione di una serie di fattori, quali le variazioni del costo del macchinario per le operazioni sottomarine o avere garanzie su richiesta e revoca delle sanzioni a Gazprom. Inoltre, le aziende europee interessate (ENI, EDF francese e la tedesca Wintershall, nota) non hanno sostenuto la fine del South Stream e faranno di tutto per riaprirlo.
LCDR: Il nuovo progetto di Gazprom intende attraversare la Turchia con un nuovo oleodotto diretto in Grecia, dove un hub verrebbe costruito alla frontiera. Perché questa strada avrà più successo del percorso attraverso la Bulgaria?
SG: In primo luogo, il progetto è più conveniente dato che è principalmente terrestre, e in secondo luogo la Turchia non segue le sanzioni. Non dimenticate che Gazprom è colpita da sanzioni occidentali e non può avere prestiti a lungo termine dalle banche europee. Poi, la Grecia ha più peso nell’Unione europea della Bulgaria. Tanto più che le prossime elezioni presidenziali greche (anticipate al 17 dicembre, nota) dovrebbero essere vinte da un rappresentante del partito di sinistra, Syriza (molto contrario alla politica di Bruxelles, nota).
LCDR: Qual è il ruolo della Turchia in ciò?
SG: La Turchia è diventata il principale centro di transito del gas per il Sud Europa, invece dell’Ucraina. Gazprom ha fatto un accordo interessante con Ankara, scontandogli il gas. Anche se il prezzo di vendita è segreto, credo che i turchi pagheranno meno di 300 dollari a 1000 mc, mentre la media europea è tra i 300 e i 500 dollari. Il progetto proposto da Gazprom non è tuttavia una realtà, ma una possibilità. L’Unione europea deve ora decidere in merito alla sua realizzazione. Se Bruxelles è onesta dal punto concorrenziale, dovrà accettare il progetto russo-turco, e dovrebbe essere felice che ci sia oltre all’Ucraina, una nuova rotta del gas per il sud. Di oltre 3600 chilometri e una capacità stimata di 63 miliardi di metri cubi l’anno, il South Stream doveva collegare la Russia all’Europa meridionale attraverso Mar Nero, Bulgaria, Italia e Austria, bypassando il territorio ucraino. Per la parte terrestre del gasdotto, la Russia ha firmato accordi intergovernativi con Austria, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Grecia, Serbia e Slovenia. La sua costruzione era iniziata il 7 dicembre 2012 nell’area di Anapa (Caucaso russo), e le prime quattro linee del gasdotto entreranno in servizio alla fine del 2015.
“Se Bruxelles non smetterà nel mettere i bastoni tra le ruote del progetto South Stream. Se i problemi continuano, prenderemo in considerazione altre opportunità e sceglieremo Paesi di transito che non siano membri dell’Unione europea. L’Europa si troverà con un altro Paese di transito. Davvero non capisco a cosa giochi Bruxelles”. Vladimir Putin, 24 maggio, a una conferenza con i rappresentanti della stampa internazionale.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora