265

Foreign Affairs: Vorrei cominciare chiedendole della guerra. Adesso sono quasi quattro anni che va avanti e lei certamente conosce le statistiche: duecentomila persone uccise, un milione ferite e tre milioni di profughi, secondo l’ONU. Le sue forze hanno subito gravi perdite. La guerra certamente non può andare avanti per sempre. Vede una fine all’orizzonte?

Bashar al-Assad: Tutte le guerre, ovunque nel mondo, sono finite con una soluzione politica, perché la guerra in sé e per sé non é una soluzione; la guerra, clausewitzianamente, é uno degli strumenti dell’agire politico. Quindi anche in questo caso finirà con una soluzione politica, é così che la vediamo, quello é il nostro scopo.

FA: Non pensa che questa guerra avrà una soluzione militare?

BA: No, ogni guerra finisce con una soluzione politica.

FA: Il suo paese si sta dividendo in tre parti, si può dire che uno sia controllato dal Governo legittimo, uno dall’ISIS e da Al-Nusra e un’altro ancora dall’opposizione ‘moderata’ e dai Curdi. La Siria si ricomporrà mai?

BA: Questa visione é soltanto sua e non rispecchia la realtà sul campo, non si può parlare di “parti” come se fossero stati funzionanti, guardi solo la gente che abita in quelle ‘parti'; il popolo siriano é unito con la Siria, con le sue istituzioni legittime, sostiene il Governo anche se si trova in zone controllate dai terroristi, lei parla di ‘controllo’ ma i terroristi si spostano continuamente, non hanno presa solida sulle zone che attraversano e spesso coesistono in certe zone e poi si separano. Ma il problema principale é la popolazione. La popolazione sostiene il Governo, e lo sostiene a livello più che politico, sostiene lo Stato come incarnazione dell’unità della nazione siriana, se la popolazione fosse veramente divisa in diversi gruppi nessuno potrebbe unificarla, ma non sarebbe riuscito a unificarla nemmeno prima, ecco come stanno le cose.

FA: Lei pensa che Sunniti e Curdi credano ancora in una Siria unita?

BA: Se lei ora esce e gira per Damasco se ne può rendere conto direttamente, vedere i diversi aspetti, i diversi colori della nostra società coesistere e prosperare; le divisioni in Siria non sono settarie o etniche, nemmeno nella ‘parte curda’ di cui parlava prima, vive molta più gente araba che curda, perciò il punto non é l’etnia, ma piuttosto il gruppo armato che esercita il controllo sulla zona.

FA: Un anno fa sia l’opposizione che molti Governi stranieri insistevano che lei si dimettesse prima di dare il via a un dialogo politico. Ora questa precondizione é sparita, abbandonata. I diplomatici cercano un accordo ad interim nel quale lei continuerà a giocare un ruolo. Proprio oggi (domenica 25 -NdT-) il New York Times ha pubblicato un articolo che evidenzia l’aumentato sostegno americano per l’iniziativa diplomatica russa e quella dell’ONU. L’articolo recita: “Il cauto, silenzioso abbandono da parte occidentale dalla pretesa di dimissioni immediate di Assad”. Dato questo cambiamento nell’atteggiamento occidentale lei ora si sente più aperto a una soluzione negoziata che porti a una transizione politica?

BA: Fin dall’inizio siamo stati aperti a quest’opzione. Abbiamo iniziato dialoghi con ogni partito e fazione in Siria…e con partito non intendo strettamente ‘partito politico’, intendo anche fazioni, correnti, o rappresentanti singoli. Abbiamo cambiato la Costituzione e siamo aperti a ulteriori cambiamenti, ma quando si vuole fare qualcosa, non si parla solo della posizione o del Governo, si parla dei Siriani; a volte si può avere una maggioranza che non si sente rappresentata da nessuna parte politica. Perciò quando si vuole un ‘cambiamento’, fintanto che si parla di un problema di portata nazionale, ogni Siriano deve avere la capacità di esprimersi e dire la sua. Quando si ha un dialogo non si parla solo tra Governo e opposizione, ma tra differenti partiti ed entità che rappresentano la realtà siriana. Ecco come noi vediamo e intendiamo il dialogo. Detto questo, qualunque soluzione si intenda raggiungere alla fine bisogna proporla al popolo, con un referendum, perché si parla di cambiamenti costituzionali che influenzano il sistema politico, bisogna rivolgersi al popolo e chiedere la sua approvazione. Quindi dialogare é una cosa diversa dal prendere decisioni, che non può venire fatto solo dal Governo e dall’opposizione senza una sanzione e un’approvazione popolare.

FA: Quindi lei dice che non approverebbe alcun tipo di transizione politica a meno che non sia ratificata da un referendum?

BA: Esattamente, solo il popolo può avere l’ultima parola su questioni di questo tipo.

FA: Questo vuol dire che non c’é spazio per negoziati?

BA: No, vuol dire che andremo in Russia, che andremo a questi negoziati, ma c’é un’altra questione: con chi si dovrebbe negoziare? Come Governo noi abbiamo istituzioni, forze armate, abbiamo influenza, che sia positiva o negativa, in diverse direzioni e in qualunque momento. Mentre la gente con cui dovremmo negoziare, esattamente, chi e cosa rappresenta? A questo bisogna trovare risposta. Quando lei genericamente parla di ‘opposizione’ questa parola deve avere un significato. Una ‘opposizione’ dovrebbe avere rappresentanti nelle amministrazioni locali, in un Parlamento, in qualche istituzione, perlomeno dovrebbe avere un sistema di collegamento con la sua ‘base popolare’, ammesso che ne abbia una, per cui dovrebbe parlare. Nella crisi attuale lei deve farsi delle domande a proposito dell’influenza dell’opposizione, se vuole dialogare e avere un dialogo fruttuoso, deve essere un processo condiviso tra Governo e questi ‘oppositori’ che io piuttosto chiamerei ribelli. Questo é un’altro punto; ‘opposizione’ fa pensare a qualcosa con un carattere nazionale, che lavori per gli interessi del popolo siriano, almeno di una sua parte. Non può chiamarsi ‘opposizione’ una serie di marionette manovrate dal Qatar, dall’Arabia Saudita, dalla Turchia o dalle nazioni occidentali, Stati Uniti compresi. Dovrebbe essere un’entità puramente siriana. Noi abbiamo un’opposizione nazionale, non lo escludo, e non pretendo nemmeno di dire che tutte le entità dell’oppoizione non siano legittime, ma bisogna fare dei distinguo…con le marionette, non ci può essere dialogo fecondo.

FA: Significa che non si incontrerebbe con gruppi di opposizione che hanno sostegni esteri?

BA: Noi possiamo incontrarci con chicchessia, non abbiamo precondizioni.

FA: Davvero?

BA: Assolutamente.

FA: Quindi incontrerete tutti?

BA: Gliel’ho detto, incontreremo tutti. Ma a tutti chiederemo: “Chi rappresentate?”, questo é quello che voglio dire.

FA: Se non sbaglio il Vice di Staffan DeMistura ora si trova in Siria. Sta proponendo per conto dell’ONU una misura temporanea di cessate il fuoco ad Aleppo. Lei la approverebbe?

BA: Sì certo, abbiamo già concluso accordi simili prima che DeMistura ricevesse il suo incarico; ad esempio ad Homs, altra grande città, con moltissimi civili, in situazione simile a quella che avviene ora ad Aleppo, e abbiamo approvato misure simili anche su scala più piccola, in sobborghi, cittadine, villaggi e sempre con successo. L’idea é molto buona ma come al solito bisogna dirimere bene i dettagli. DeMistura é arrivato in Siria con delle proposte, noi abbiamo approvato alcune di quelle proposte, in linea generale. Ora stiamo aspettando che lui porti un piano dettagliato, minuziosamente preparato, che regoli tutti i casi particolari, dalla A alla Z. Diciamo che col suo Vice stiamo discutendo proprio di questo.

FA: Nel passato lei ha insistito come precondizione del cessate il fuoco che i ribelli deponessero prima le armi, il che evidentemente era difficile per loro da accettare. Porrebbe ancora simili precodnzioni.

BA: Lei sta parlando di scenari diversi. In alcune zone abbiamo permesso agli armati di lasciare le aree abitate per evitare perdite civili e hanno lasciato le aree con le loro armi. In altre abbiamo preteso l’abbandono delle armi e le hanno abbandonate. Ovviamente in diversi casi si creano diverse condizioni e possiamo chiedere più o meno in cambio delle nostre concessioni.

FA: Non capisco chiaramente la sua risposta: lei insisterebbe anche in questo caso che le armi vengano abbandonate?

BA: Le ho detto che in alcuni casi abbiamo permesso che avvenisse il contrario, dipende dalle circostanze.

FA: E’ ottimista sui dialoghi di Mosca?

BA: Quel che sta andando avanti a Mosca non é la preparazione di una soluzione politica, é solo la preparazione di un incontro.

FA: Quindi si parlerà di un possibile dialogo?

BA: Esattamente, per ora si sta preparando un possibile dialogo. Poi, quando si parlerà dell’incontro vero e proprio bisognerà decidere su quali principii sarà basato. Mi lasci essere franco: alcuni dei gruppi in questione, come ho detto, non sono che marionette di altri paesi, di cui devono eseguire l’agenda e so che molte nazioni, per esempio la Francia, non hanno interesse che nulla venga fuori dall’iniziativa russa. E hanno già dato ordini alle loro marionette di sabotarla in ogni modo. Naturalmente ci sono altre personalità che rappresentano solo sé stesse e non hanno un vero seguito in Sira. Alcuni di loro, addirittura, non hanno mai vissuto in Siria e non conoscono nulla della sua realtà. Poi naturalmente ci sono personalità che lavorano per quello che percepiscono essere l’interesse nazionale, o almeno di una certa classe di persone. Perciò quando si parla dell’ “Opposizione” come se fosse un blocco unico si commette in realtà una semplificazione pericolosa. Questo é il problema, e non é ancora chiarito. Perciò l’ottimismo sarebbe esagerato e ingiustificato. Non direi di essere pessimista ma direi che abbiamo speranza.

FA: Sembra che negli ultimi giorni gli Americani siano divenuti più interessati ai dialoghi di Mosca. Inizialmente non lo erano. Ieri il Segretario di Stato Kerry ha detto qualcosa che sembra suggerire che gli Usa sperino nel prosieguo di questi dialoghi e nel loro successso.

BA: Dicono sempre qualcosa, ma bisogna vedere cosa faranno a proposito. E lei sa bene quanta diffidenza ci sia tra Siriani e Americani. Quindi aspettiamo fino a quando si vedrà la realtà della conferenza.

FA: Quindi, quale maniera migliore lei pensa che possa essere quella per garantire un accordo tra tutte le parti coinvolte in Siria?

BA: Certamente quella di trattare direttamente sul campo coi ribelli, ma bisogna ricordare che ci sono tipi diversi di ribelli. La maggioranza sono estremisti, qaedisti, ISIS, Al-Nusra, e altre fazioni simili ad Al-Qaeda ma più piccole. E poi c’é la cosiddetta ‘fantasia di Obama’ detta ‘opposizione moderata’, ma é un’illusione, non sono moderati per nulla, sono più banditi che altro e non esitano a unirsi all’ISIS o ad Al-Qaeda se gli fa comodo, alcuni, per fortuna, hanno preferito arrendersi all’Esercito, giusto nell’ultima settimana abbiamo avuto un gran numero di costoro che hanno defezionato verso le nostre posizioni.

FA: Vuol dire che ci sono diserzioni verso l’Esercito Siriano?

BA: Gliel’ho appena detto, sì, militanti hanno disertato verso l’Esercito, erano stanchi, esauriti, non ne potevano più di combattere. Tornando al discorso: lei crede che sia possibile negoziare con Al-Qaeda? O le altre organizzazioni estremiste che ho nominato? Non ne hanno nemmeno intenzione, hanno i loro piani. Noi abbiamo il nostro: la riconciliazione nazionale coi Siriani che per qualunque motivo si siano trovati coinvolti nella guerra; l’abbiamo iniziata e abbiamo visto che risolve molti problemi reali, sul terreno, questo é il primo punto, poi ci sarebbe l’applicazione effettiva e integrale della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2170, che é molto chiara e dice che ogni aiuto straniero a gruppi come ISIS e Nusra deve finire immediatamente, che sia militare, finanziario, logistico o di intelligence, ma ovviamente é rimasta lettera morta e Ankara, Doha e Riyadh continuano indisturbate a foraggiare in ogni modo questi gruppi. Se non si applica in tota la risoluzione non si arriverà mai a una vera soluzione politica. Poi, toccherà all’Occidente tagliare ogni sostegno alla sua ipotetica ‘opposizione moderata’ perché abbiamo avuto le prove che ogni aiuto di questo genere prima o poi va a beneficio dell’ISIS e di gruppi simili.

FA: Sarebbe pronto a prendere iniziative di buona volontà prima dell’inizio dei dialoghi: scambio di prigionieri, stop all’uso dei ‘barili bomba’ (locuzione della stampa imperialista che pretende che le forze Siriane buttino ‘barili’ di esplosivo a casaccio sulle zone occupate dai terroristi -NdT-), liberazione di prigionieri poitici, per aumentare la buona disposizione della controparte in merito alla possibilità di negoziare in buona fede?

BA: Quello che lei deve capire é che non stiamo parlando di un dialogo personale dove simili misure potrebbero anche essere costruttive, qua si parla di diplomazia e la diplomazia funziona per meccanismi. Bisogna parlare soltanto di meccenismi, non é possibile ‘fidarsi’, aspettandosi che la controparte assuma un atteggiamento comprensivo e positivo perché ‘affascinata’ da un gesto magnanimo, bisogna accordarsi su un meccanismo che porti a risultati positivi per le due parti. La questione é quindi, le misure che lei ha proposto a che meccanismo darebbero vita? Ma non si può rispondere a questo interrogativo se prima non si sa con chi si sta parlando e chi é rappresentato dall’interlocutore; avrebbe senso cercare di ‘accattivarsi’ la buona fede di un interlocutore che non rappresenta nessuno, o che rappresenta una potenza straniera?

FA: Quando due parti convengono per un dialogo é spesso utile che una parte mostri all’altra che é interessata a fare progressi, prendendo misure unilaterali che ‘abbassino la temperatura’, io intendevo misure del genere.

BA: Abbiamo già preso misure molto concrete in merito, con gli accordi di pacificazione. Dei militanti hanno abbandonato le armi, sono stati giudicati, amnistiati nel caso che non avessero commesso crimini capitali e introdotti su un percorso di ricostruzione delle loro vite. E’ un esempio reale e attinente, e mostra la nostra buona fede e la nostra volontà costruttiva; d’altra parte lei prima ha parlato di prigionieri, ma esistono legami tra le organizzazioni armate e qusti prigionieri? Non mi pare, quindi questo argomento é fuori luogo.

FA: Quindi avete offerto aministie a militanti armati?

BA: Certo, e non solo una volta, ma molte volte.

FA: Può fornirci delle cifre?

BA: Non ho numeri precisi sottomano, ma migliaia, migliaia di militanti siriani hanno già beneficiato di simili misure.

FA: E lei sarebbe preparato a dire all’intera opposizione armata: ‘Posate le armi e sarete al sicuro’?

BA: L’ho già fatto, l’ho detto pubblicamente in diversi discorsi.

FA: E come può lei garantire la loro sicurezza? Perchè credo che molti di loro abbiano un’innata diffidenza dele dichiarazioni governative.

BA: Non si possono fornire garanzie anticipate, ma se anche ogni volta che viene lanciato un simile appello, il cinquanta per cento dei militanti lo accoglie, e a volte abbiamo avuto ben più del 50 per cento di risposte positive, allora la misura é già stata una grande successo. Nulla é assoluto, ci saranno sempre dei rifiuti, ma non li abbiamo mai avuti in maniera o in quantità preoccupante.

FA: Mi lasci cambiare discorso. Hezbollah, la Niruye-Qods iraniana e le milizie sciite sostenute dall’Iran stanno svolgendo un importante ruolo in Siria, nella lotta contro i ribelli. Visto il loro coinvolgimento, lei é preoccupato del ruolo futuro dell’Iran nel suo paese? Del resto il Libano prima e anche l’Irak ora, mostrano che una volta che un potere militare straniero si solidifica in un paese, può essere molto difficile chiedergli di andarsene.

BA: L’Iran é un importantissimo paese della regione e aveva già una grande influenza prima di questa crisi. La sua influenza non é collegata con questa crisi, né é scaturita da essa, ma é collegata con la sua posizione nella politica regionale. Quando dei parla di ‘influenza’ dovrebbe tenere a mente quali fattori contribuiscono a crearla. Nel Medio Oriente ci sono molti fattori transnazionali, che siano sociali, religiosi, ideologici, che passano di paese in paese, quindi, chi influenza uno o più di questi fattori, si ritrova con un’influenza transnazionale. Quando non c’é la volontà di avere una nazione forte, unita, quest’influenza potrebbe anche avere il sopravvento. Ora per rispondere alla sua questione: l’Iran non ha ambizioni di sostituirsi allo Stato siriano o di ridurne l’autorevolezza e, come nazionel la Siria non ha intenzione di abdicare a nessuna porzione della sua libertà e della sua autonomia. Non accetteremmo nulla di simile e gli Iraniani lo sanno e si guardano bene dal cercare di fare qualcosa di simile. Noi e gli Iraniani cooperiamo. Se lasciassimo che gli Iraniani esercitassero influenza in Siria al di fuori dal nostro controllo allora tanto varrebbe aprirci anche alle ‘influenze’ turche, saudite, francesi o americane, non farebbe differenza. E infatti questi paesi vorrebbero avere influenza, senza alcuna cooperazione, per questo ci opponiamo a loro, e per questo invece siamo amici e alleati degli Iraniani.

FA: Mi consenta di insistere. L’altra settimana un Generale dell’IRGC, del Comando Aerospaziale dell’IRGC, Haji Zadeh, ha detto che la Guida Suprema Khamenei ha ordinato la costruzione di officine di missili in Siria. Questo non vuol dire che l’Iran sta già influenzando la Siria in maniera autonoma?

BA: No, perché quell’indirizzo operativo é stato avviato tramite una cooperazione siro-iranian, che é altra cosa dall’esercitare un ruolo egemonico.

FA: Quindi ogni cosa che gli Iraniani fanno la fanno col vostro assenso e con il vostro aiuto?

BA: Certamente, pieno assenso e piena cooperazione, oggi, come ieri.

FA: Ora, l’Iran é un certo tipo di realtà perché é uno Stato. Però ci sono anche milizie, che sono attori non-statali, questo non complica la situazione? Un problema nel trattare con questi gruppi é che, al contrario di un Governo, possono non volere cooperare e a volte può persino non essere chiaro con chi si debba parlare. Lei é preoccupato della possibilità di controllare queste forze e di fermarle quando ce ne sarà bisogno? E inoltre, recentemente ‘Israele’ (il regime ebraico di occupazione della Palestina -NdT-) ha attaccato Hezbollah nel Golan e ha detto di averlo fatto perché Hezbollah preparava attacchi su Israele dal territorio siriano. Questo non sottolinea il pericolo di lasciare milizie con loro agende, che possono non coincidere con l’agenda siriana, libere di operare?

BA: Lei intende milizie siriane o straniere?

FA: Intendo specialmente Hezbollah e le milizie sciite straniere, ad esempio irakene.

BA: E’ naturale dire che solo le istituzioni governative e statali siano garanzia di stabilità e ordine. Ogni altro fattore che giochi un ruolo parallelo a quello governativo può anche dimostrarsi positivo, utile in certe circostanze, ma avrà sempre degli effetti collaterali, negativi. Questa é una cosa naturale e avere milizie che sostengono il Governo é un effetto collaterale di questa guerra. Esistono, ma dobbiamo anche cercare di controllarle. E se lei fa la stessa domanda a un qualunque siriano quasi sicuramente avrà la stessa risposta. Nessuno si sente più protetto, più garantito, da una milizia piuttosto che dalle legittime forze dell’ordine e della difesa. Ma laddove queste non riescono a garantire protezione e sicurezza allora, come tampone, le milizie svolgono un ruolo utile. Per parlare di quel che é avvenuto a Quneitra bisogna entrare in un’altro discorso ancora. Nessun, ripeto, nessun genere di attacco contro ‘Israele’ é avvenuto da suolo siriano dal 1974 a oggi, sono più di 41 anni, non é mai successo, mai. Per cui, la pretesa israeliana che vi fosse in atto un piano per attaccarlo, mi consenta, é veramente ridicola, gli israeliani hanno colpito perché volevano assassinare gli uomini di Hezbollah.

FA: Ma gli israeliani sono stati molto attenti dall’inizio della guerra in Siria a non farsi coinvolgere (qui ho iniziato a pensare che il reporter di FA avesse bevuto pesantemente -NdT-), tranne quando si sono visti minacciati i loro interessi.

BA: Questa é una menzogna perché lei sa benissimo che ci hanno attaccato a più riprese per oltre due anni, senza alcun motivo o ragione.

FA: Ma in ogni caso, dicono che é stato perché Hezbollah riceveva armi dall’Iran attraverso la Siria.

BA: Senta, hanno attaccato posizioni dell’Esercito Siriano, lo sa o no?

FA: Sono stati casi in cui posizioni dell’Esercito sono state colpite per sbaglio…

BA: Questa é una spudorata menzogna.

FA: Quindo quale pensa che sia l’agenda israeliana?

BA: Ovvio, stanno sostenendo i terroristi in Siria. E’ molto chiaro ed evidente. Perché ogni volta che otteniamo grandi vittorie in qualche posto, cercano coi loro attacchi di indebolire e distrarre l’Esercito Siriano. Sa cosa si dice in Siria? “Perché Al-Qaeda non ha una sua aviazione? Perché hanno gli israeliani che fanno quel lavoro per loro”.

FA: Tornando alla domanda sulle milizie, lei si sente sicuro che riuscirà a controllarle una volta che la guerra finirà, perché dopotutto ogni Governo per dirsi sovrano deve avere il ‘monopolio della forza’ e questo é difficile da fare se ci sono gruppi armati indipendenti che girano per il paese.

BA: Questo é autoevidente, uno Stato non può funzionare se deve subappaltare queste cose ad altri gruppi.

FA: Ma vede in Irak come é difficile, per il Governo, controllare tutte le milizie sciite che si sono rafforzate negli ultimi anni.

BA: Ma in Irak tutto deriva dal fatto che Paul Bremer ha accuratamente evitato di creare una Costituzione statale; gli Americani in Irak hanno creato una Costituzione che funziona per fazioni, etniche e religiose, perché volevano che l’Irak rimanesse fazionalizzato, diviso e debole. In Siria invece lo Stato, i suoi apparati, il suo Esercito hanno retto a quattro anni di guerra, di embargo, di terrore, di attacchi da parte di dozzine di paesi prossimi e remoti, perché la Siria ha una vera costituzione, solida, secolare e radicata nei cuori e nelle menti dei Siriani. In Irak questo non c’é.

FA: Quindi cosa farà con queste milizie, dopo la guerra?

BA: Le cose torneranno alla normalità, come prima che scoppiasse.

FA: Lei crede?

BA: Sì, perché non ci sono veramente altre opzioni, questo é quello che un Governo deve fare ed é quello che il Governo siriano farà.

FA: Che impatto crede che avranno i prezzi del petrolio molto bassi sulla guerra in Siria? I suoi più fidati alleati, Iran e Russia, sono forti esportatori di greggio e dipendono dai guadagni petroliferi, le loro economie sono state duramente colpite ultimamente (veramente no, ma la vulgata imperialista pretende che lo siano state -NdT-). Ha paura che il loro sostegno si indebolisca?

BA: No, perché non chiediamo carità, tutto quello che riceviamo da Mosca e Teheran lo paghiamo; anche se riceviamo denaro, lo riceviamo come prestito, su cui ovviamente paghiamo un interesse.

FA: Ma il loro sostegno militare ha un costo e se loro hanno meno denaro, questo non vi metterebbe in difficoltà?

BA: No, perché come le ho detto noi paghiamo tutto quel che riceviamo, anzi, il nostro denaro in tal caso farebbe ancora più comodo ai nostri alleati.

FA: Quindi lei dice che ogni cosa che ricevete dai Russi e dagli Iraniani…?

BA: Lo dico e, aggiungo, finora non ci sono state diminuzioni di alcun genere nel sostegno che riceviamo da loro.

FA: In passate interviste ha detto che lei e il suo Governo nel corso della guerra avete fatto degli errori? Ci può dire quali? E c’é qualcosa che rimpiange in particolare?

BA: Ogni Governo, ogni persona, fa degli errori, lo si sa, lo si accetta. Ma se vogliamo parlare di errori politici o strategici deve prima chiedersi: quali sono state le principali decisioni che abbiamo preso dall’inizio di questa crisi? Sono state in pratica tre: di essere sempre aperti al dialogo, di cambiare la Costituzione e l’assetto politico del paese in accordo con suggerimenti delle opposizioni istituzionali e, secondo alcuni, questo avrebbe causato la crisi; terzo, abbiamo deciso di difendere con le armi il paese e noi stessi, di combattere i terroristi ovunque si nascondessero. Non credo che in nessuna di queste decisioni maggiori possano ravvisarsi degli errori. Se poi si parla di decisioni operative, pratiche, errori sono sempre possibili e sono avvenuti, ma no, nelle decisioni politiche e strategiche penso che non ci siano stati errori.

FA: Ci può descrivere alcuni errori operativi, pratici?

BA: Preferirei mantenermi sul livello politico e strategico, per parlare di quello operativo ci sono altre persone, ufficiali che hanno il polso della situazione pratica.

FA: Si sente responsabile di qualche errore politico? Strategico?

BA: Le ho detto quali sono state le decisioni a quel livello.

FA: Ma ha detto che non sono stati errori.

BA: Come avrebbero potuto esserlo? Difendere il paese? Un errore? In quel caso, la cosa ‘giusta’ sarebbe stata arrendersi al terrorismo?

FA: Mi domandavo solamente se ci fosse qualcosa che lei ha fatto che, in retrospettiva, preferirebbe aver fatto diversamente.

BA: Sul piano politico e strategico, di quelle tre decisioni principali, sono certo di aver agito bene.

FA: Sul piano degli errori pratici, operativi, le persone incaricate di quelle scelte sono responsabili, per esempio, di abusi ai Diritti Umani, di eccessivo uso della forza, o della morte di civili?

BA: Abbiamo avuto casi in cui ufficiali governativi o militari sono stati trovati colpevoli di fatti simili.