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Le milizie sciite sempre più fondamentali contro l’ISIS

di Alvise Pozzi - 03/03/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


L’avvio dell’offensiva verso Tikrit – preludio a quella diretta Mosul – necessita delle combattive milizie sciite.

  

Il liquefarsi dell’esercito regolare iracheno di fronte all’avanzata dell’ISIS aveva già messo chiaramente in luce la necessità di ricorrere alle ben più combattive e motivate milizie sciite al sud e ai combattenti Peshmerga nel Kurdistan. Per evitare una netta contrapposizione di forze indipendenti e autonome nel territorio, quadri del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione iraniani sono stati addirittura integrati in alcuni reparti delle forze armate di Baghdad, mentre reparti dei Pasdaran sono stati utilizzati per rinforzare presidi e piantonare check-point nei punti maggiormente sensibili. Il governo di Haydar Jawwad Al Abadi dopo aver recentemente ricostituito la Guardia Nazionale – incalzato da Washington – ha deciso di incrementarne i ranghi in modo da limitare in un certo senso il peso delle milizie sciite ausiliarie e cercare di integrare maggiormente i sunniti nelle fila dei “regolari”; questo per evitare rappresaglie e ulteriori radicalizzazione nel conflitto in corso inter-religioso che l’ISIS cerca in tutti i modi di acuire. Lo scopo è anche quello di ridare una certa “coerenza” alle operazioni sul territorio, integrandole in una strategia a lungo respiro che porti alla riconquista del territorio perduto grazie anche al deciso supporto aereo della Coalizione.

Finora ci sono almeno una cinquantina di gruppi armati sciiti attivi in tutto il territorio: la nota Brigata Badr – creata negli anni ’80 per combattere il regime di Saddam Hussein durante la guerra tra Iran e Irak – è la meglio organizzata e con il maggior numero di effettivi (tra i 10 e i 30.000 miliziani), sotto il comando dell’ex Ministro dei Trasporti Hadi Farhan Al Ameri; lo Hezbollah iracheno di Hashem Aala Al-Hamdani, o meglio, il suo braccio armato Jaych Al Mokhtar con un migliaio di effettivi guidati da Wathek Al-Battat; le Brigate Sayyed Al-Shuhada forti di 400-500 combattenti capitanati da Abu Mustafa Shibani e la milizia di Asa’b Ahl Al-Haq (500 uomini circa) diretti da Qais Khaza’li. Tutti questi gruppi hanno ricevuto il battesimo del fuoco in Siria nella protezione dei santuari sciiti e ora sono tornati in Irak per prendere parte all’offensiva primaverile dell’esercito regolare. La Brigata Badr è quella che ha registrato il maggior numero di successi negli scontri con l’ISIS, liberando la città abbandonata di Al Muqdadiyah dopo una sanguinosa battaglia di quattro giorni e ottenendo che gli uomini e l’equipaggiamento del 20° Battaglione iracheno fossero posti sotto il loro comando. Ieri, riforniti di armi americane, hanno iniziato l’offensiva diretta verso Tikrit – città natale di Saddam Hussein -, nodo strategico a 130 km dalla capitale. La riconquista della città non solo sarebbe il primo vero successo della Coalizione ma un passo indispensabile verso Mosul, l’obiettivo finale dell’operazione. La città infatti si trova in una posizione strategica all’intersezione della principale autostrada che va da Baghdad a Mosul e a quella che porta ai giacimenti di Kirkuk; il suo possesso è imprescindibile come snodo per i rifornimenti prima di poter procedere con l’offensiva diretta verso la seconda città irachena prevista per Aprile.

L’affiancare o addirittura l’inquadrare le milizie sciite assieme all’esercito regolare dovrebbe scongiurare il rischio che queste vengano viste come “nemiche” dalla popolazione sunnita e che si abbandonino a eventuali ritorsioni contro i fiancheggiatori dello Stato Islamico. L’idea – quanto mai tardiva – è quella di presentare l’offensiva come “nazionale”, cercando di resuscitare uno spirito di riconciliazione che dovrebbe evitare la frantumazione confessionale ed etnica dello Stato iracheno. L’attacco verso Tikrit viene sferrato da due diverse direzioni e sfrutta anche una base dell’esercito – conosciuta con il nome americano di Camp Speicher – presente nei sobborghi. Il controllo della città sarà però impossibile da mantenere senza l’appoggio delle tribù sunnite che disconoscono il governo sciita di Baghdad; perciò è stata rinnovata la proposta di amnistia per tutti i guerriglieri che decidano di abbandonare le fila dell’ISIS. L’Irak però non è l’unico luogo dove le milizie sciite si distinguono: tra i 4.000 e i 6.000 sciiti iracheni sono presenti anche in Siria. La Brigata Abu Al-Fadl Al-Abbas con un migliaio di uomini e comandata da Amjad Al Bahadili attiva nei pressi di Damasco; la Brigata Al-Wad Al-Sadek di dimensioni analoghe capitanata da Haji Abu Ali Al Najafi Mohamed Al-Tamimi; la Forza Martire Mohamad Baker Al Sadr di Abu Mahadi Jamal Jaafar; il movimento Noujaba’a; il Battaglione Al-Kharasani e quello Imam Ali Hussein. All’interno di tutti questi gruppi sono presenti quadri della Forza Al Qods dei Pasdaran o dello Hezbollah libanese, in grado di coordinare le operazioni e rimanere in contatto con l’esercito siriano; l’unica Forza Armata di terra ancora capace di resistere agli uomini di Al-Baghdadi.