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Le confraternite sufi irachene abbandonano via dell'ascesi per unirsi alla guerriglia

di Naoki Tomasini - 31/08/2006

Venerdì 25 agosto le forze armate Usa hanno attaccato una moschea di Ramadi, danneggiandola e uccidendo tre persone. Solo non si trattava di un santuario sunnita, ma della moschea Abdul Qadir Jilani, legata a una setta sufi, ramo mistico dell’islam, che fino ad ora aveva rifiutato la violenza. Dopo la notizia, uno sceicco della comunità sufi della provincia di Anbar ha annunciato la formazione di un nuovo gruppo armato: i battaglioni dello sceicco Abdul Qadir al Jilani. “Non aspetteremo - ha dichiarato un adepto - che l’esercito del Mahdi e le Brigate Badr ci uccidano”.
 
Donna davanti alla moschea Abdul Qadir JilaniBrigate sufi a Kirkuk. Pochi giorni prima anche un’altra comunità di sufi, questa volta di Kirkuk, nel nord dell’Iraq, aveva annunciato la propria adesione alla guerriglia antiamericana e antisciita. Anche in questo caso si tratta di mistici islamici appartenenti all’ordine di Qaddiryya, uno dei più antichi gruppi di sufi, il cui nome deriva proprio da Abdul Qadir Jilani, il più importante maestro nell’epoca di maggiore diffusione del sufismo, dopo l’anno mille. Quest’altro gruppo è composto da curdi di al Hawiyah, una cittadina a sud ovest di Kirkuk. Secondo un sito internet vicino alla guerriglia irachena, Mafkarat al Islam, la scorsa settimana il capo della confraternita di Kirkuk, lo sceicco Abd ar Rahim al Qadiri, ha ordinato ai suoi fedeli di interrompere le preghiere e chiudere i Tekiya, i luoghi di incontro, per costituire una nuova comunità, dedita questa volta al combattimento: la Brigata della Jihad di Abdul Qadir al Jilani. Lo sceicco Abd ar Rahim al Qadiri, che è un Murshid, una guida spirituale, ha dichiarato che la confraternita inizierà a combattere contro gli americani, contro il governo iracheno fantoccio, ma soprattutto contro gli sciiti delle Brigate Badr e dell’esercito del Mahdi, che negli ultimi tempi hanno esteso le loro attività criminose anche alla zona di Kirkuk. Le due milizie sciite sono tra i maggiori responsabili delle cosiddette violenze settarie che hanno provocato una lunga scia di morti tra la popolazione sunnita a Baghdad e nel sud del Paese.
 
Sufi e milizie sciite. Dopo l’invasione statunitense la città di Kirkuk è stata contesa tra la popolazione araba sunnita e turcomanna che vi risiedeva e i curdi che vi ritornavano in massa (a diciott'anni dalle deportazioni della campagna di Anfal, quella per cui in questi giorni viene processato Saddam Hussein) per riconquistare la maggioranza in città. Apparentemente, dopo un periodo di quiete, a Kirkuk è tornata la violenza, e anche le milizie sciite hanno deciso di dire la loro per assicurarsi una fetta di potere sulla città, una delle più ricche di petrolio. Dall’inizio dell’anno, le violenze delle milizie sciite, oltre a concentrarsi sulla popolazione sunnita, hanno anche preso di mira tutte le parti della società che, a loro modo di vedere, contrastano con la shari’ah. A loro vanno ascritte le stragi di sportivi iracheni, di docenti, avvocati, commercianti di liquori e altri generi occidentali. Ora nella lista sono entrati anche i sufi che, pur essendo musulmani, lo sono in un’accezione decisamente poco ortodossa, tant’è vero che sono molti i cristiani e gli ebrei iracheni che in passato hanno abbracciato l’islam attraverso gli insegnamenti di al Qadiri, la cui tomba si trova a Baghdad.
 
Musicisti sufi a BaghdadPopolartà in calo. Dal 2003 a oggi la popolarità dei sufi in Iraq è andata calando, specie negli ambienti più ‘caldi’, per via delle posizioni da loro assunte, come il principio del ritiro dalla vita sociale e l’accettazione dell’occupazione statunitense come un dato di fatto contro cui è superfluo combattere. Le confraternite sufi avevano manifestato il disinteresse per la resistenza armata anche all’indomani dell’operazione militare che distrusse mezza Falluja nel 2004. E anche quando vennero attaccati luoghi santi per i sufi, come la moschea di Khalil al-Fayyad, non ci fu solidarietà pubblica nei loro confronti, come se l’indifferenza dei mistici rispetto alle condizioni di vita della popolazione avesse alienato la simpatia verso il sufismo in toto. Secondo la fonte, in passato ci sarebbero stati diversi tentativi, da parte delle milizie sciite, di corteggiare le confraternite sufi, nel tentativo di dividerle dal resto della popolazione sunnita. I sufi di Kirkuk e quelli dell’Anbar, invece, hanno deciso di far parte della guerriglia sunnita per opporsi sia alle violenze delle squadre della morte sciite, che loro considerano alleate degli Usa, sia all’influenza dell’Iran, che le sostiene e indirizza con l’intenzione di dividere il Paese.