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L’accordo raggiunto tra l’Iran e i cosiddetti “5+1” teoricamente potrebbe sembrare svantaggioso nei confronti di Teheran. In realtà, esso riconosce all’antica Persia lo status ormai raggiunto di potenza nucleare a tutti gli effetti, finalmente libera di poter utilizzare il nucleare a scopi civili. Era dopotutto proprio questo il motivo su cui soprattutto i vertici di Teheran puntavano: poter liberamente utilizzare il nucleare civile, in modo da soddisfare la crescente domanda d’energia del mercato interno senza dilapidare del petrolio che sicuramente risulta più profittevole se venduto all’estero. Che Teheran voglia dotarsi di una bomba atomica, in fondo, è più un’illazione diffusa da Netanyahu e dagli Stati Uniti che una certezza vera e propria. Sicuramente l’Iran, se continuerà ad essere demonizzato e messo all’indice dalla cosiddetta “comunità internazionale”, prima o poi si vedrà costretto anche a dotarsi di un deterrente nella forma dell’arma atomica. Ma, al momento, il programma nucleare iraniano ha come suo primo obiettivo la realizzazione e l’entrata a regime di centrali atomiche a scopo civile, per la produzione d’energia elettrica.

Com’è noto, le riserve petrolifere dell’Iran sono grossomodo paragonabili a quelle di un piccolo Stato arabo come il Kuwait. La differenza, però, è che la popolazione iraniana ammonta a circa 77 milioni di persone contro le 3,5 del Kuwait. Questo significa che la disponibilità di petrolio procapite, e dei relativi introiti, è largamente più ampia nel secondo che nel primo caso. L’Iran non può, insomma, pensare di garantirsi un futuro e nemmeno un presente senza industrializzarsi, in modo da offrire al proprio popolo lavoro e benessere. Per farlo, dotarsi d’energia a basso costo è solo la prima mossa. Il Kuwait, al contrario, esattamente come tutti gli altri piccoli Stati arabi del Golfo Persico, può anche permettersi di sfuggire a questi obblighi, pensando di campare finché sarà possibile sulla monocultura del petrolio, per poi darsi ad altre attività come quella bancaria o finanziaria (si veda, a tal proposito, il caso del Bahrain o degli Emirati Arabi Uniti, che ospitano molte banche sfuggite alle varie guerre del Libano, un tempo la “Svizzera del Medio Oriente”).

Il nucleare permette all’Iran di non bruciare, nel mercato interno, del petrolio che può invece essere esportato, con grande beneficio della bilancia commerciale, e al tempo stesso di dotarsi d’energia a prezzi competitivi, idonea a sostenere il pesante processo di sviluppo e d’industrializzazione oggi in atto nel paese. Così il paese può modernizzarsi in modo più rapido ed economico, elevando del pari le condizioni della propria popolazione. La bilancia commerciale trae grandi benefici e anche le spese del cittadino comune per l’energia, già oggi esigue, possono abbassarsi ulteriormente, a tacer poi di quelle delle imprese, col piacevole risultato d’attirare più facilmente anche gli investitori stranieri.

Per quanto riguarda gli aspetti militari, già oggi l’Iran è una potenza con la quale non si può tanto facilmente scherzare; il fatto di dotarsi dell’arma nucleare la renderebbe ancor più temibile di quanto già oggi non lo sia. A preoccuparsi di ciò, non a caso, sono tra le principali potenze nucleari del mondo e della regione, come gli Stati Uniti, che hanno contravvenuto a tutti gli accordi a suo tempo siglati con l’URSS prima e con la Russia poi, interrompendo la distruzione dei missili a testata atomica e procedendo al contrario al riarmo, e Israele, che nel famoso sito di Dimona ospita non meno di duecento testate nucleari. Sono paesi che temono che l’avvento di un Iran nucleare possa sconvolgere gli equilibri nel Medio Oriente, equilibri che hanno tutelato anche in passato come dimostrato anche dal bombardamento israeliano dei siti nucleari iracheni nel 1982 e siriani nel 2007.

In linea teorica, l’Iran potrebbe anche, più avanti, forzare i termini delle clausole che per dieci anni lo obbligano a non sviluppare l’arma nucleare, per esempio avviando unilateralmente un programma teso allo sviluppo dell’atomica militare. In ciò l’AIEA e la “comunità internazionale” potrebbero fare ben poco, dal momento che su Israele hanno dormito, girandosi dall’altra parte quando questi sviluppava le sue note duecento testate nucleari, così come hanno dormito di fronte alle violazioni degli accordi con Mosca firmati da Washington, e via dicendo. La piccola Corea del Nord, seppure con l’avallo silenzioso e sostanziale di Mosca e di Pechino, avallo in ogni caso anche preoccupato, è riuscita a dotarsi di una modesta arma atomica che ha costretto l’Occidente a scendere a patti con lei e a riconoscere il suo status di potenza regionale di livello strategico.

E’ anche possibile che l’Iran sia di fatto già in possesso dell’arma nucleare, e che l’accordo sia in sostanza una sorta di bluff. In questo caso, però, occorrerebbe il parere di personalità esperte in materia, perché non tutte le tipologie di nucleare civile permettono un rapido sviluppo di quello militare, e talvolta non lo consentono tout court. Bisogna fare attenzione a queste voci, che accusano Teheran di essere già dotata di armi nucleari, perché sostanzialmente fanno il gioco di Washington e di Tel Aviv. Nella realtà, per quanto ne possiamo sapere, Teheran finora ha lottato soprattutto per il diritto a dotarsi del nucleare civile, che con l’accordo di ieri sera è stato finalmente riconosciuto. Tutte le altre voci servono a nascondere, sostanzialmente, il fallimento della linea occidentale, guidata dagli Stati Uniti e da Israele, e che in ogni caso ha risentito delle divisioni fra questi due attori, che mirava a dipingere l’Iran come una minaccia per il mondo solo per la sua volontà di svilupparsi in senso economico ed industriale. Una linea che è stata sostenuta da sanzioni economiche e commerciali che l’accordo di ieri ha completamente smascherato e sconfessato.