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Cosa succede in Turchia?

di Simone Torresani - 14/04/2015

Fonte: Il giornale del Ribelle

 


 

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Le ultime notizie provenienti dalla Turchia ci raccontano che il presidente Recep Tayyip Erdogan, dopo i recenti episodi di terrorismo e di tensione interna, culminati con una inspiegabile sparatoria contro il pullman del club calcistico Fenerbahce a Trebisonda, ha promulgato una dura legge antiterrorismo.

Il pacchetto repressivo prevede la possibilità del fermo preventivo di polizia esteso a 48 ore senza la convalida del magistrato di turno, un maggiore uso discrezionale dell' uso delle armi da fuoco da part degli agenti per sgomberare la piazza in caso di disordini (la legge classifica fionde e bottiglie come "armi” cui la polizia ha il dovere di rispondere anche col fuoco) e permette sempre agli agenti la perquisizione di case sospette senza un mandato della magistratura: in pratica d' ora in poi qualsiasi commissario o funzionario di pubblica sicurezza potrà, di sua iniziativa, mettere a soqquadro una casa "sospetta" o presunta tale.

Dall' uso all' abuso il passo è breve e non bisogna di certo scervellarsi per capire che la Turchia sta scivolando nella dittatura, se già non vi si trova immersa.

Riguardo la sorte della democrazia ad Ankara e dintorni a noi poco importa: non saremo certo noi a stracciarci le vesti per difendere un modello liberale d'origine anglosassone, degenerato in mezzo mondo in oligarchia e lobbies e che ormai non ha più nulla da dire nemmeno in Occidente, guscio vuoto e cartina di tornasole per fessi o poveri sognatori.

Quello che a noi interessa è il seguente quesito: la Turchia è potenzialmente a rischio destabilizzazione interna e quali scenari si aprirebbero in tal caso?

Circa il secondo quesito, ci sarebbe da tremare in caso affermativo e nemmeno osiamo immaginarne le conseguenze.

Circa il primo quesito, si potrebbe affermare che il pericolo di una deriva violenta (anche se necessariamente non destabilizzante) c' è.

Per quanto gli si debbano riconoscere molti meriti, specie economici, Erdogan sta spingendo troppo l' acceleratore sulla re-islamizzazione di una società come quella turca, che anche ai tempi dell' Impero Ottomano non ha mai conosciuto eccessi nella pratica religiosa.

L' Islam turco è sempre stato moderato; nei secoli scorsi i sultani avanzavano con alterna fortuna nell' Europa balcanica, tenendo sotto minaccia costante pure quella occidentale in una politica che era forse più di conquista territoriale e di bottino che di instaurazione della civiltà islamica: il sultano si accontentava di essere il Califfo dei musulmani senza mai imporre ai sudditi cristiani l'Islam.

Le popolazioni balcaniche mordevano il freno per le tasse, la mancata indipendenza e il malgoverno ottomano, non per l'imposizione del credo di Maometto; anzi, le chiese orientali autocefale prosperavano pur sotto la Sublime Porta.

Costantinopoli era una città cosmopolita, con buona parte del commercio nelle mani di greci ed armeni, specie nel XIX secolo il capitale estero, nell'Impero, era il vero padrone dei primi timidi segnali di sviluppo.

Pure nelle campagne anatoliche, la Turchia profonda, la popolazione era sì tradizionalista ma non fanatica.

Il fatto stesso che Ataturk, colla sua laicizzazione imposta, divenne presidente anziché finire impiccato in piazza, dimostra molto sulla propensione equilibrata dell'Islam turanico.

Erdogan sta rompendo molti equilibri pluridecennali e se è vero che buona parte dell'Anatolia rurale è con lui, la Turchia "cittadina","urbanizzata", Istanbul, Ankara, Smirne, eccetera, da sempre la parte più dinamica della nazione, a malapena lo sopporta.

La continua imposizione di nuove norme sociali ispirate alla religione e la reislamizzazione dei costumi di una società che ha sempre avuto un alto tasso di laicismo nel DNA sta mettendo la nazione sotto pressione.

Oltretutto, immerso nella contraddizione tipica della nostra epoca, Erdogan ha atteggiamenti ambigui verso il confinante "Califfato": non lo combatte apertamente per non aiutare, di riflesso, i "peshmerga" e i curdi ma nemmeno lo appoggia; tiene sigillati i confini con la Siria ma allo stesso tempo permette qualsiasi traffico e mercimonio di foreign fighters, denaro, armi..eppure il Califfato non piace ad Erdogan ed Erdogan non piace al Califfato.

A che gioco stia giocando il presidente turco, francamente poco si capisce; se ipotesi si trattasse di una specie di conciliazione tra economia e sviluppo occidentale unito alla salvaguardia del costume islamico, tale gioco in Turchia, per le ragioni dette sopra, ha altissime probabilità di non riuscire.

Se mira a diventare un sultano repubblicano, deve fare i conti con una buona fetta del suo popolo, compresi vari movimenti, legali e non, che hanno usato e stanno usando il terrorismo.

La via del sultanato, per Erdogan, non sarà facile.

Monitoriamo con attenzione quel che avviene ed avverrà sulle due rive del Bosforo..