Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Sollevarsi dalle macerie

Sollevarsi dalle macerie

di Erminia Calabrese - 04/09/2006

Diverse zone del Libano sono come Ground Zero, ma la gente è pronta a ricominciare
Un tempo in Libano, prima dell’attacco israeliano, le strade che dalla capitale portavano al Sud erano tappezzate di pubblicità di cosmetici e di profumi rigorosamente parigini, di automobili e di negozi alla moda.
 
Oggi ci sono i cartelloni della Nasr min allah, “Vittoria Divina” a campeggiare su quella strada ai cui lati ci sono soltanto macerie di interi quartieri distrutti dalle bombe. Sono molti gli slogan che ‘decorano’ i cumuli di sassi -case e interi palazzi che non esistono più - mentre la gente, senza arrendersi, cerca di estrarre ancora qualcosa che potrebbe essere utile o di ritrovare una vecchia foto cara. This is your democracy, The Great Middle Beast, immagini di guerriglieri che combattono al tramonto e foto di bambini feriti: sono questi i cartelloni che campeggiano là dove regna la distruzione. Guardando i quartieri di Beirut Sud, Haret Hareik, Dahyye e guardando il sud del Libano, dove interi paesi non esistono più, quello che si può avvertire è solo impotenza. Solo i pochi villaggi cristiani della zona restano intatti.
 
Visitando il Libano del  post-guerra sembra davvero di essere ritornati indietro nel tempo, come già aveva annunciato il Premier israeliano Olmert prima dell’inizio della guerra: “ Vi faremo tornare indietro di 20 anni”. Dopo la guerra civile c'erano voluti ben quindici anni e tanti capitali sauditi nelle mani dell’ex primo ministro Rafiq Hariri per ricostruire il Libano e far crescere il suo orgoglio e quello di ogni libanese: la Down Town di Beirut. Oggi molte zone del Paese sono ridotte come Ground Zero, ma i libanesi sapranno caparbiamente ricostruire ogni cosa. La mobilitazione per la ricostruzione è molto forte soprattutto da parte del Partito di Dio, Hezbollah, che ha distribuito indennizzi economici alla gente che ha perso tutto. A loro importa poco se quei soldi vengono dall’Iran o dal Qatar, l’importante è ricominciare a vivere, ricostruendo tutto ancora una volta.
 
Hassan, vent’anni: “Non ci importa che le nostre case siano state distrutte, le ricostruiremo una seconda volta, l’importante è che conserviamo ancora una nostra dignità ”. Secondo l’economista libanese Kamal Hamdane, il tasso di disoccupazione è raddoppiato rispetto a prima della guerra. Se prima della guerra era al 9 percento ora potrebbe arrivare al venti. Molte industrie allo scoppio dell’offensiva israeliana sono state costrette a licenziare i dipendenti. Già duemila impiegati del settore industriale hanno perso il lavoro, secondo il presidente dell’Associazione degli industriali Fadi Abboud: “novanta imprese sono state distrutte dai bombardamenti israeliani, la gente non è stata licenziata per ragioni economiche, ma per cause di forza maggiore”. Ad essere distrutta è anche una delle maggiori fabbriche per la produzione di latte in Libano. Anche questo era un obiettivo per eliminare Hezbollah? O forse centra con la rivalità economica tra Israele e Libano? Allo stesso modo sono state distrutte fabbriche di medicinali e di materie plastiche. “La vittoria conseguita da Hezbollah in Libano avrà conseguenze distruttive, il cui impatto si farà sentire oltre il Libano” si legge sul quotidiano giordano al Ghad, 'Il domani', rifacendosi alla convinzione, diffusa tra gli arabi, che Hezbollah abbia vinto la guerra e Israele non abbia fatto altro che rafforzare il partito politico di Nasrallah. Hezbollah ha dei seggi in parlamento e gode di grande popolarità tra gli sciiti e non solo, in quanto offre alla popolazione servizi ospedalieri, scuole e assistenza sociale. Alla gente serve questo per vivere, non  la retorica politica. 
 
Il Libano non è stato mai cosi unito, sono emblematiche le immagini trasmesse da al Jazeera, in cui si vedono cristiani si recarsi a Haret Hreik per portare la loro solidarietà. Una donna, sulla cinquantina dice: “Basta! Non ci sono più sunniti, sciiti e cristiani. Siamo tutti libanesi, siamo qui per aiutare il nostro Paese a rinascere”. “Israele ha fatto di tutto per dividerci ma stavolta non ci è riuscito” aggiunge Joseph, di ventun'anni.
Senza dubbio la situazione politica libanese è ancora molto instabile, e il futuro del Libano potrebbe essere legato a doppio filo alle grandi questioni regionali: il dossier nucleare in Iran, il Golan occupato e la Palestina.