Immigrazione, oltre le categorie del fascismo e dell’antifascismo
di Alessio Mannino - 29/07/2015
Fonte: L'intellettuale dissidente
E ti pareva che non saltava fuori il tic pavloviano del fascismo/antifascismo, sulle proteste di Roma e Quinto di Treviso contro le assurde sistemazioni dei profughi (o sedicenti tali). Ha scritto sull’Internazionale il giornalista e scrittore Christian Raimo: «Sarebbe molto utile leggere proteste di questo tipo alla luce di categorie come il fascismo. Ci si vedrebbe dentro un’idea di nazione mai maturata democraticamente, un problema culturale che riguarda l’uso pubblico della storia, un razzismo che prova a darsi basi ideologiche, la crisi degli ideali sociali, la demagogia, un neocolonialismo accattone, il maschilismo ridicolo, e ancora di più la miserabile tattica politica di chi vuole guadagnare consensi con la violenza contro i poveri». A parte l’ultimo punto, sottoscrivibile al cento per cento (assalti al cibo e roghi di mobili sono inaccettabili, non sono i ragazzi africani – per altro tranquillissimi – i colpevoli del caos migratorio, semmai ne sono le vittime consenzienti), al diligente elenchino non manca un solo luogo comune del bravo indignato democratico.
Glielo diciamo noi, a Raimo, perchè le categorie del fascismo e dell’antifascismo non servono: perché sono categorie storiche, che si riferiscono a periodi con un inizi e una fine, nel bene e nel male irripetibili. Le squadracce, Lussu e la Marcia su Roma non c’entrano niente, perché lo squadrismo fu il prodotto del reducismo da trincea da una parte e dell’emergere di una piccola borghesia, giovane anagraficamente e socialmente (il “piccolo borghese imbestialito” di cui parlava Trotsky), che da quell’evento unico e traumatico che fu la Prima Guerra Mondiale presero l’uso della violenza per trasferirlo sul piano politico e civile.
In Veneto e nella Capitale, la violenza è puro sfogo di cittadini furiosi. Forza Nuova e Casapound che la fomentano, assieme alla Lega Nord che la cavalca, non sono neanche lontanamente paragonabili al fascismo, che fu un movimento di massa che agiva in un’Italia completamente differente, che non aveva conosciuto la democrazia parlamentare repubblicana ma il rachitico Stato liberale monarchico. Se li si vuole criticare, si dica piuttosto ai fascisti del Terzo Millennio e ai leghisti di prendersela con il business politico-economico di chi permette e spreme la tratta dei nuovi schiavi: governo italiano, Unione Europea, partiti immigrazionisti per principio, aziende sfruttatrici, cooperative e associazioni pelosamente caritatevoli, cricche affaristico-mafiose. Da non “non-violento”, non condanno la violenza: ma vadano ad assaltare i palazzi e palazzacci dei negrieri in doppiopetto, non dei poveracci stranieri. Tenendo ben presente che se abbiamo il diritto di non accogliere tutti illimitatamente (ingresso solo per i veri fuggiaschi da guerre e persecuzioni), dall’altra avremmo lo speculare dovere di levare tende, multinazionali e Ong che hanno devastato società, ecosistemi e culture portando alla fame quei popoli costretti e indotti, dalla miseria e dal miraggio della cuccagna occidentale, a emigrare a casa nostra.
Ma l’argomento che fa strame dell’antifascismo-scorciatoia è questo: mentre Mussolini poté andare al potere solo grazie all’appoggio di Monarchia, Esercito e borghesia (cosa che poi il Duce dei compromessi pagò caro), oggi le forze dominanti del sistema non potrebbero mai puntare su forze dichiaratamente fasciste, perché non glielo permetterebbe l’ideologia individualista, consumista e globalista che è la loro irrinunciabile visione del mondo.
Per tutte queste ragioni lo scrittarello di Raimo è di una banalità totale e di una pochezza intellettuale da terza media. La stesse che avviluppano il mediocrissimo Democratico Medio, che è mediamente un’offesa vivente al nobile ideale della Democrazia (il più possibile diretta e locale, anti-borghese, anti-capitalista, presentista e non passatista: insomma niente a che vedere con la sconcezza pseudo-democratica che esportiamo a suon di bombe e col sorriso beota in faccia).