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Il nuovo nemico del popolo: il "populista"

di Claudio Antonelli - 31/08/2015

Fonte: Arianna editrice


Fu Stalin ad introdurre nel vocabolario e nelle sentenze giudiziarie la tremenda espressione accusatoria "nemico del popolo". Era "nemico del popolo" chi deviava dalla linea ufficiale del conformismo "rivoluzionario" imposto dal pensiero unico di allora, trionfante in Unione Sovietica e nelle gloriose "democrazie 'popolari'". Pensiero unico che era condiviso dai progressisti di casa nostra, i quali, sia nei loro eleganti salotti borghesi sia nelle austere sedi di partito, sostenevano la miracolosa "Rivoluzione" che li faceva salivare d'invidia. Che si pensi a Pertini, a Veltroni, a D'Alema, allo stesso Napolitano…

 Oggi a far male, nel nostro Occidente europeista e globalista, è l'esatto contrario, ossia  l' accusa di "populismo", che viene lanciata contro chi, a stretto rigore di logica semantica,  non è un "nemico" ma un "amico" del popolo, o almeno si dichiara tale. Amico che è classificato automaticamente dalle nostre élites pensanti come demagogico e opportunista. Sulla base di che? Sulla base appunto del suo "populismo".

Dalla simpatia per i termini "popolo" e "popolare" – "Vedi: "Avanti Popolo!" e "Democrazie popolari" – siamo passati all'esecrazione del popolo e popolare cui rinviano, dopo tutto, i termini "popolo" e populista."

Il "populista" incarna sic et simpliciter la nuova categoria del male, e quindi le sue idee sono istantaneamente bocciate senza che i "benpensanti" avvertano il bisogno di  esaminarle nel merito. "Xenofobia", "razzismo", "superato nazionalismo" sono le immediate sentenze di condanna contro i nostri "malpensanti"; quando l'accusa non è addirittura quella sempiterna di "fascismo".

Le nostre élites pensanti, anzi benpensanti, facendosi vestali della "political correctness" lanciano l'accusa di "populismo" contro chiunque non condivida l'entusiasmo, ritenuto obbligatorio, verso la frenesia di abbattimento di ogni barriera a prodotti e a uomini all'interno di un'Europa dai confini incerti. Tanto che la stessa idea di un territorio europeo, con un suo popolo, è stata sostituito da uno "spazio": "lo spazio di Schengen", che nessuno riesce a concettualizzare né a visualizzare perché ha il carattere della "relatività" alla Einstein. Inoltre lo spazio Schengen è in costante espansione, proprio come l'universo di Einstein, o come l'animale misterioso di un film di fantascienza. In esso comunque approdano masse e masse dagli altri continenti. Con il risultato che piu' una certa idea dell'Europa prevale con i suoi principi di internazionalismo e con l'adorazione "a priori" del "diverso", e meno europea l'Europa stessa diviene. Infatti un'assurda disuguaglianza distorce la normale logica: la popolazione maggioritaria, insediata in un territorio da secoli, è accusata di razzismo e di xenofobia se cerca di salvaguardare i propri valori, consuetudini, stili di vita. Si fa invece di tutto per permettere ai nuovi arrivati di conservare le identità di partenza, basate spesso su valori, consuetudini, stili di vita in antitesi a quelli vigenti nel paese che li generosamente accolti. La beatificazione a priori del "diverso" fa parte del nuovo catechismo.

 Il credo della nuova "rivoluzione" non piu' è comunista ma comunitaria e universalista, e grazie al Papa anche ecumenica, è basato su un assioma: siamo tutti uguali e il pianeta è la nostra patria. Insomma, ancora una volta: "Viva la Rivoluzione!"

Tra questi ardenti difensori della morale corrente che oggi lanciano a destra e a manca l'accusa di "populista",   vi sono proprio coloro che fino a ieri in Occidente accusavano i loro avversari ideologici di essere dei "nemici del popolo", ossia "reazionari", "piccolo-borghesi", "fascisti". 

Cosa volete, i nostri intellettuali progressisti sono rimasti attaccati al "pensiero unico", che ieri poggiava sull'internazionalismo marxista, e che oggi si è convertito all'internazionalismo  finanziario-capitalista basato sulla libera circolazione di uomini e mercanzie. E lo zelo dei neofiti, chiunque conosca la psicologia delle sette religiose, spesso non ha limiti.