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Se la notizia è geneticamente modificata

di Simona Galasso - 13/09/2006

 
Bufale ogm Come il Cedab, longa manus del biotech, serve news precotte per tutti i media compiacenti

Incredibile ma vero. Il nostro paese, culla della tradizione alimentare di qualità, in cui già 14 regioni e più di 2300 comuni si sono dichiarati ogm free, non vedrebbe l'ora di mettere in tavola cibi geneticamente modificati. A rivelarlo è Patrick Trancu, coordinatore del Cedab, centro di documentazione sulle agrobiotecnologie. Una notizia davvero rilevante, proprio mentre in mezza Europa dilaga il riso ogm. «Solo il 30% degli italiani si dichiara contrario all'acquisto di cibi geneticamente modificati - ha affermato recentemente - mentre il 54% della popolazione si dice apertamente a favore di tali cibi, o a favore con riserva». La fonte è l'ultimo sondaggio Eurobarometro, Europei e Biotecnologie nel 2005: modelli e tendenze, pubblicato lo scorso giugno, i cui meccanismi di rilevamento dei dati, e la loro lettura da parte del Cedab, destano però non poche perplessità.

Per arrivare ai risultati finali, i sondaggisti dell'Agenzia demoscopica europea hanno infatti compiuto un percorso piuttosto tortuoso. La percentuale del 54%, comprendente i favorevoli e i favorevoli con riserva, non è stata infatti ottenuta dal totale delle risposte, ma soltanto da quella metà circa che è rientrata in tre categorie selezionate, poi ristrette a due, di «sostenitori» e «oppositori», indicate come «pubblico assertivo». Tutti gli intervistati che hanno espresso combinazioni di risposte diverse da quelle selezionate ai fini della valutazione, oppure che hanno risposto una o più volte con un «non so», non sono stati considerati. Non a caso il risultato si discosta dal 34% di adesione ai cibi gm che emerge da un'altra tabella, ottenuta attraverso una gestione diversa dei dati, dove nanotecnologie, farmacogenomica e terapia genica si attestano sopra il 50%.

Altra apparente anomalia è il paragrafo dedicato alle «ragioni per comprare o non comprare cibi gm», al quale si riferisce il dato del 30% citato da Trancu, quello dei «non acquirenti». Qui si chiede al pubblico di valutare se l'acquisto di alimenti transgenici possa essere condizionato da una serie di fattori, così indicati: se fossero più salutari; se contenessero meno residui di pesticidi; se fossero coltivati secondo criteri più compatibili con l'ambiente; se fossero approvati dalle autorità competenti: tutte opzioni caratterizzate da elementi di incentivo o rassicurazione, che comunque condizionano fortemente le risposte dei restanti «acquirenti potenziali». In realtà il dato fondamentale che emerge dal Rapporto non è il trend positivo del sostegno agli ogm, bensì il fatto che i cittadini europei approvano l'uso delle biotecnologie in campo medico ma restano scettici su quelle in campo agroalimentare, facendo registrare una netta prevalenza di giudizi negativi sui cibi transgenici. Diffidenza che non sarebbe motivata da una carenza di informazione, in quanto emerge che in tutti i paesi dell'Unione più della metà della popolazione ha sentito parlare di colture transgeniche, quota che sale al 75% in Italia, al 90% in Inghilterra e Francia. Secondo Eurobarometro tale opposizione sarebbe accompagnata da una «percezione relativamente alta dei rischi», che in Italia farebbe attestare la percentuale dei sostenitori su una quota relativamente bassa, il 34%, anche se superiore alla media europea, il 27%.
Resta solo da ricordare che il Cedab, di cui Patrick Trancu è coordinatore, è finanziato da Croplife, associazione che riunisce le maggiori multinazionali dell'agrobiotech, da Monsanto a Bayer a Dupont; e che lo stesso Trancu è anche titolare della TT&A, agenzia di comunicazione che dal 1996 ha fra i propri migliori clienti la multinazionale Monsanto. Insomma, perché continuare a chiedere all'oste se il suo vino è buono?

Simona Galasso
Consiglio dei diritti genetici