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Nuovi ‘progressi’ per i palestinesi: dalla Cis-Giordania al Trans-gender!

di Enrico Galoppini - 01/06/2016

Nuovi ‘progressi’ per i palestinesi: dalla Cis-Giordania al Trans-gender!

Fonte: Il Discrimine

A volte, una notiziola di poco conto, in grado di suscitare pensieri “automatici” di approvazione o di disapprovazione a seconda di come la si consideri a pelle, nasconde una situazione più complessa, proprio dal punto di vista del messaggio che s’intende veicolare.

Prendiamo l’elezione a “Miss Trans d’Israele” di una giovane “araba cristiana”.

Sorvolando su cosa voglia dire “araba”, in quanto gli israeliani non ebrei sono palestinesi (arabofoni), e dando per acquisito che il femminile (“araba”) indica un maschio trasformatosi in femmina, c’è invece abbastanza da dire al riguardo.

Partiamo dal fatto della vittoria di un rappresentante degli “arabi”.

Gli “arabi”, ovvero i palestinesi, in Israele, dentro e fuori i confini del 1948, contano davvero ben poco, per non dire nulla. Nei cosiddetti “territori occupati” sono trattati alla stregua di “negri” nei loro Bantustan, o di pellerossa nelle famose e tristi “riserve”. In Israele, pur essendo “cittadini israeliani”, assai raramente accedono a ruoli d’una qualche rilevanza.

Però possono diventare “Miss Trans”.

palestina-israeleLa grande preoccupazione degli israeliani, dentro i confini del 1948, è la tendenza degli “arabi” a fare più figli di loro. I demografi israeliani sfornano di continuo studi per dimostrare che la “marea araba” presto sommergerà i rappresentanti del “popolo eletto”. Ma un “trans” non dà grattacapi in tal senso, quindi già per questo rimane un tantino più simpatico – e meritevole di promozione sociale – di quelli che mettono su famiglia con tutti quei fastidiosi marmocchi “arabi”.

Israele, sebbene tutti conoscano l’epopea dei kibbutz (“socialisti” e poco influenzati dal fattore religioso), è fondamentalmente un’impresa di carattere messianico, anche se di una particolare tendenza dell’Ebraismo, tant’è che esistono ebrei religiosi che si oppongono al Sionismo, alla sua ideologia e alle sue realizzazioni in quanto tale impresa profanerebbe il “nome sacro di Israele”. Però lo Stato israeliano è anche un “avamposto dell’Occidente” (strategico ed ideologico), ed è per questo che molti occidentali sono sistematicamente dalla sua parte, qualsiasi cosa faccia. Un avamposto in tutti i sensi, comprese le tendenze più dissolutive e degeneri: il Gay Pride a Tel Aviv è un appuntamento irrinunciabile per i maniaci dell’Unisex dell’ideologia gender.

bergoglio_bnai_berithL’elezione di una “araba”, e per giunta cattolica nata a Nazareth, capace di battere ‘candidate’ sia ebree che musulmane, ha così il potere di rinsaldare, a livello ideologico, il legame con l’Occidente stesso, in quanto secondo alcuni “autorevoli” pensatori è il Giudeo-Cristianesimo, un’invenzione ideologica ad uso e consumo della guerra senza quartiere contro l’Islam, a costituire la radice del mondo moderno ed anche dell’Unione Europea.

Per un altro verso, la “Miss Trans araba” manda un messaggio coordinato con quello delle “primavere arabe” aizzate dall’Occidente (Israele compreso) tramite i suoi servizi d’intelligence: In Israele c’è la libertà mentre nei paesi arabi, dove impera “l’omofobia”, no.

Che poi i palestinesi siano probabilmente i veterani planetari della vessazione, dell’ingiustizia subita e del disconoscimento di ogni loro diritto, dev’essere un dettaglio di poco conto per chi invece ostenta una “Miss Trans araba” come avanguardia del Progresso e della Libertà.