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Furio Colombo: Il Dershowitz italiano

di Gianluca Bifolchi - 18/09/2006

 
Ascolto su Radio Radicale un lungo dibattito tra Kalhed Fuan Allan e Furio Colombo su Israele. Il primo, sociologo algerino ed attuale parlamentare della Margherita, è sempre più simile a Magdi Allam, da cui si distingue solo per la riluttanza ad abbandonare un linguaggio colto e sofisticato in cambio degli slogan neocon che vanno forte sul Corriere della Sera. Per lui la questione è semplice: i problemi di Israele col mondo arabo dipendono dal carattere premoderno ed antidemocratico di quest'ultimo. Israele, per conto suo, sta facendo benissimo, e deve solo avere la pazienza di aspettare che gli Arabi escano dal loro infantilismo e si meritino di essere trattati da adulti dall'Occidente. A quel punto tutto andrà per il meglio.

Ma è il discorso di Furio Colombo ad essere davvero interessante. Ascoltandolo nel suo lungo panegirico per Israele mi sono convinto di quanto fuorviante sarebbe nel suo caso l'etichetta di "sionista", ovvero di aderente alle ragioni di Israele contro quelle degli Arabi. Non perché questa adesione non ci sia, ma perché essa ha un carattere del tutto secondario e riflesso.

Colombo è convinto che cose come il kennedismo, John Kerry, Hillary Clinton, il New York Times, e il Washington Post, rappresentino i culmini assoluti dell'esperienza umana e della civiltà, e che le istituzioni culturali e politiche europee -- quando sono al loro meglio -- possono al massimo aspirare ad eguagliare le conquiste della democrazia americana. Di fatto rimanendo sempre qualche passo indietro.

E' in questa chiave che va letto il suo appoggio ad Israele. Tutto ciò che lui dice al riguardo è una deduzione dai contenuti degli editoriali del Post e del NYT, o dei discorsi dei pezzi grossi del partito democratico. Tutto viene filtrato secondo gli schemi liberal che presentano la storia di Israele come un'epopea di democrazia e rispetto dei diritti umani. Oltreché di incomprensione patita per i suoi vicini arabi che, nella migliore delle ipotesi, non hanno gli strumenti culturali per capire che fortuna gli è capitata ad acquisire tale generoso e nobile condomino.

Va da sé che la cultura liberal -- nei suoi adepti italiani -- non è altro che il tentativo di coniugare le posizioni più a sinistra possibile con gli interessi dell'Impero Americano. Valter Veltroni (l'ex comunista che non è mai stato comunista) è al riguardo un ottimo caso di studio. Ed è dalla consapevolezza di essere schierato con il potere che viene la stupefacente sfrontatezza con cui Colombo mistifica la presentazione del problema e taglia fuori dallo scenario tutto ciò che con l'autorevolezza del fatto verificato smentisce i suoi presupposti.

In questo è la figura italiana più vicina al ruolo che Alan Dershowitz svolge negli USA e alla sua teoria secondo cui Israele è un leader mondiale nella difesa dei diritti umani. In una divertente lettera che ho letto sul sito di Norman Finkelstein, si dice che l'attività di Dershowitz a favore di Israele non è che il corrispettivo internazionale di ciò che lui fa ogni giorno nei tribunali USA nella sua veste di avvocato penalista: aiutare i delinquenti a farla franca con la giustizia. Non importa quanto siano solide le prove raccolte dall'accusa. Occorre solo attenersi caparbiamente alla regola numero uno del difensore:negare, negare, negare. Alla fine il dubbio riuscirà ad insinuarsi ed a prevalere sulla forza persuasiva dei fatti. Ma a Dershowitz, come a Colombo, non è che importi poi tanto di Israele e della verità. Conta solo che la visione coloniale ed imperialista degli USA in Medio Oriente riesca a tenersi in piedi.

Un'esempio della disonestà intellettuale di Colombo è quando -- nell'intervento che ho citato -- ha messo in dubbio l'innocenza del Libano nel conflitto. L'argomento sarebbe che il governo libanese è una governo terrorista, dato che ha due ministri Hetzbollah, e come tutti sanno l'ex premier Rafik Hariri è stato ucciso dai Siriani. Ora, a parte che Hetzbollah e Siriani sono cose diverse, il dogmatismo di Colombo nell'indicare la pista siriana nell'omicidio Hariri fa a pugni con l'imbarazzante storia del rapporto Mehlis dell'ONU, in cui ogni tentativo di far apparire colpevole Damasco si è impantanato in una palude di contraddizioni e mancanza di prove. Ma quando sei dalla parte del'impero puoi dire "Sono stati i Siriani a uccidere Hariri" con la stessa disinvoltura con cui puoi affermare che ci sono prove che l'Iran sta sviluppando un programma di nucleare militare. E poco importa che l'AIEA definisca "oltraggiosa e disonesta" la tua distorsione dei fatti.

Altra perla colombiana è la sua irritata protesta perché, mentre tutti parlano dei bambini libanesi uccisi da Israele (si è mantenuto sulle generali, non ha avuto il coraggio di citare la strage di Qana), ci si è ormai dimenticati della strage di Beslam. Ma della strage di Beslam, in realtà, si sono dimenticati solo gli amici di Colombo, così accorti cultori della real-politik, da non avere alcuna voglia di aprire contenziosi con l'"amico Putin" sul dossier ceceno. Se Colombo è in cerca di qualche oblio selettivo più calzante, provi a pensare come la settimana scorsa è stato ricordato l'11 Settembre, e come è stata ricordata la strage di Sabra e Chatila.

L'aspetto più deprimente nella condotta di questi farfalloni della democrazia e dei diritti umani è la facilità con cui elidono dalla loro fiorita facondia ogni riferimento alle organizzazioni di difesa dei diritti umani. Non le nominano nemmeno. Eppure Human Rights Watch ha pubblicato un lungo e documentato rapporto -- con informazioni raccolte sul posto -- per smentire l'accusa Israeliana che i combattenti Hetzbollah si mescolano tra la popolazione civile. L'alto numero di vittime non combattenti è dovuto solo alle tattiche di combattimento israeliane, improntate al massimo disprezzo della vita dei "nemici". Tanto non sarà Colombo ad andare a raccogliere le cluster bomb inesplose. Amnesty International, dal canto suo, accusa Israele di aver condotto la guerra secondo una logica di "punizione collettiva". Ma forse questa accusa è meno tagliente, visto che Colombo ha già detto che ai suoi occhi il Libano non è innocente, e dunque il valore educativo di una una buona lezione val bene qualche infrazione alle Convenzioni di Ginevra.

Gianluca Bifolchi
Fonte:
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