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L’utilizzo della tortura nelle prigioni in Iraq è così diffuso da essere fuori controllo

di Christian Elia - 23/09/2006

“L’utilizzo della tortura nelle prigioni in Iraq è così diffuso da essere fuori controllo. La situazione nel Paese, secondo molti, è peggiorata rispetto all’era di Saddam. Ci sono gruppi terroristici e milizie, ma anche militari e agenti di polizia che torturano. In Iraq ci sono tante persone torturate e uccise”.
 
Polizia irachenaManfred Nowak. Con queste parole Manfred Nowak, incaricato speciale delle Nazioni Unite per le indagini sulla violazione dei diritti umani nel mondo, incontrando la stampa a Ginevra, ha commentato giovedì l’ultimo rapporto dell’Onu sulle violenze settarie in Iraq. Un segnale del deterioramento generale delle condizioni di sicurezza nel Paese è il dato delle 7mila vittime civili accertate negli ultimi due mesi di guerra. Un record, dall’inizio del conflitto nel marzo 2003. Nowak ha chiarito che, con molta probabilità, il numero delle vittime civili è impreciso per difetto, visto le grandi difficoltà nel reperire le informazioni senza poter liberamente muoversi sul territorio.
Il rapporto elenca una serie di provate violazioni che avvengono, ogni giorno, nelle carceri irachene. Inoltre, dalle analisi svolte sui cadaveri che vengono portati negli obitori iracheni, emerge un campionario di orrori inauditi. Segni evidenti di tortura e pestaggi, detenzioni illegali, corpi dilaniati dagli acidi o da sostanze chimiche, cadaveri decapitati e ai quali vengono asportati gli occhi o gli arti. A tutto questo si aggiungono le ‘retate’ delle squadre della morte composte da fanatici religiosi o dalle milizie armate delle varie comunità. Senza contare l’aumento esponenziale delle donne vittime del cosiddetto ‘delitto d’onore’, cioè l’omicidio all’interno di uno stesso nucleo familiare di una donna ritenuta colpevole di adulterio o di una condotta non moralmente ineccepibile.
 
Miliziano irachenoIl triangolo della morte. Le cifre sulle vittime civili fornite dalle Nazioni Unite fanno chiarezza dopo le polemiche nate dai dati presentati dall’amministrazione Bush, accusata di ridimensionare il quadro della situazione. Ma sono sempre di più i generali statunitensi che lanciano l’allarme sui conflitti interni alla società irachena e, negli ultimi giorni, sulla stampa Usa più di un commentatore si chiedeva se il governo guidato da al-Maliki fosse realmente in grado di riportare l’ordine nel paese. La popolazione è sempre più impaurita e sempre meno si sente difesa dalla polizia irachena. Non a caso, nella provincia di al-Anbar, la regione al confine con la Siria che è sempre stata una delle più violente dell’Iraq, è nato un Consiglio di guerra per l’autodifesa della popolazione civile. L’idea è nata dopo una riunione tra 31 capi tribù della regione che, denunciando come i miliziani vicini alle organizzazioni terroristiche spargano il sangue innocente della popolazione mentre i militari della Coalizione sono impotenti, hanno deciso di difendere le loro famiglie da soli.
 
AutobombaQuali kamikaze? Gli eventi della guerra in Iraq, da tre anni a questa parte, ci hanno abituato a spostare ogni volta un po’ più in là la soglia dell’orrore. Non ci si domanda più che fine abbiano fatto la pietà per i civili e il rispetto per le vittime. Ieri l’ennesima rivelazione choc è venuta dal ministero della Difesa iracheno: gli insorti iracheni non usano più soltanto i loro volontari suicidi per compiere attentati con autobombe, ma hanno iniziato a usare anche le loro vittime. Una settimana fa le forze di polizia irachene avevano scoperto un cadavere in una vettura, ma mentre i soccorritori tentavano di estrarlo l’auto è scoppiata. Si tratta, secondo il ministro, di una nuova tattica della guerriglia: i civili a bordo di auto vengono rapiti e i loro mezzi imbottiti di esplosivo. In alcuni casi gli sventurati vengono abbandonati nelle loro vetture-bomba in attesa dei soccorsi, in altri vengono rilasciati e seguiti in aiuto finché raggiungono un check- point. A quel punto basta un segnale e la vettura viene fatta esplodere. Si potrebbe ipotizzare che tra gli insorti ci sia carenza di volontari suicidi, ma sarebbe un improbabile ottimismo. La ragione di questo nuovo orrore è invece l’opportunità: le milizie devono cambiare frequentemente le proprie tattiche e il ‘materiale umano’ a disposizione è sterminato. Basta pensare alle decine di corpi di civili iracheni, torturati e giustiziati, che ogni giorno vengono gettati nel Tigri o nelle fogne, dai loro carnefici.