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All’Onu c’è puzza di zolfo

di redazione - 23/09/2006




Al Palazzo di Vetro, come si sa. è 61° Assemblea Generale dell’Onu. Dopo l’anodino discorso introduttivo del segretario generale Kofi Annan - l’ultimo del mandato - e quello del presidente Usa George Bush, il clima si è immediatamente surriscaldato. Il fronte del “no” alle guerre “democratiche” e “normalizzatrici” atlantiche e all’egemonia del “nuovo ordine mondiale” con asse Washington, Londra e Tel Aviv, ha alzato la testa e denunciato le dichiarazioni del presidente Bush. Il “fronte del no” planetario (Chavez, Morales, Ahmadinejad, Kirchner) - ormai emerso come realtà non omologata allo strapotere atlantico nel recente vertice di a Cuba - ha accusato il presidente iraniano di imperialismo e l’Onu stessa di inutilità.
D’altra parte era stato lo stesso Bush, nel suo discorso “della Corona”, ad affermare gelidamente che “ovunque” volgesse “lo sguardo” vedeva “estremisti”.
Una callida espressione, che la dice lunga sullo stato di paura di chi continua ad imporre la supremazia statunitense sul pianeta (con un export di democrazia fatto a suon di bombe e di guerre nel nome della “civiltà”) e che provoca deserti e li spaccia per pace.
Il presidente venezuelano Hugo Chávez gli aveva risposto per le rime: in quell’aula dopo il discorso di George Bush - ha subito dichiarato nell’incipit del suo discorso - si sentiva odore di zolfo. I presenti hanno applaudito e Chávez ha argomentato il suo J’accuse, citando in premessa lo stesso George Bush per quel suo “ovunque io volga lo sguardo vedo estremisti” e difendendo il diritto dei popoli alla sovranità senza tutele da chichessia. I media, i grandi mezzi di comunicazione di massa, la propaganda dell’Occidente cioè, hanno preferito glissare sul contenuto della denuncia venezuelana. Più realisti del re, hanno preferito “il colore”, la cronaca giallo-rosa, hanno volutamente descritto - edulcorandolo - il discorso di Bush come un “appello per la pace planetaria” e dipinto il presidente venezuelano come una sorta di “errore della natura” che se la prendeva con Bush come se questi fosse stato il diavolo. Già, il diavolo. Proprio così...
Dopo Chavez è stata la volta di Evo Morales, l’altro presidente latinoamericano, della Bolivia, nazionalista e rivoluzionario. Anche Morales ha parlato di modelli. Indicando nello sfruttamento “globale” (e globalizzatore) degli atlantici il cancro del mondo, la causa della miseria dei popoli. E ha parlato di beni comuni, di necessità di riforme agrarie, di necessità di sganciamento dalle logiche del profitto e dell’usura delle compagnie multinazionali. Morales ha sbandierato anche una foglia di coca, ed ha ricordato all’assemblea come una pianta benefica per i popoli andini sia stata volutamente trasformata in un genere di contrabbando per drogare milioni di persone ricche concentrate in pochi paesi del nord del pianeta.
Quindi è toccato al peronista, al presidente nazionalista argentino Nestor Kirchner. Colui che è stato capace di risollevare un Paese prostrato dallo strangolamento delle multinazionali e della Banca Mondiale ha sottolineato come il proprio paese sta registrando una crescita ininterrotta dell’economia, una diminuzione della povertà e la rinascita dell’industria locale. Dove le forme avanzate più sociali di socializzazione del lavoro sono ormai una realtà. Un popolo, quello argentino, che dal “fascista” Peron in poi, non ha perduto mai un’occasione di sbattere le porte in faccia al Fondo Monetario Internazionale e alle banche usuraie. Nestor Kirchner ha detto una semplicissima verità: uno sviluppo senza redistribuzione della ricchezza non è sviluppo.
Come ha argomentato Hugo Chávez, l’Assemblea non ha alcun potere e il consiglio di sicurezza è imprigionato dai possessori del diritto di veto. Quei cinque Grandi tra i quali l’Italietta di Prodi vorrebbe sedersi - senza potere - ma come ruota di scorta.
Quel diritto di veto, che continua a fotografare il mondo in bianco e nero targato Jalta e 1945, odora davvero di zolfo e incatena l’ONU e sei miliardi di persone, ai voleri di un John Bolton di torno, oggi il falco estremista ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite e di portavoce dei suoi alleati-sudditi. Gli altri, tanto, non contano nulla.