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Sudan: le intenzioni bellicose USA

di Luca Galassi - 04/10/2006

Tre esponenti dell'establishment Usa propongono di usare la forza con Khartoum

Come se non bastassero le continue violazioni delle innumerevoli tregue firmate tra governo e ribelli - nelle ultime violenze, venerdì, sono morte 40 persone - ad aggiungere benzina sull'incendio che già divampa in Sudan è la proposta di due ex funzionari governativi Usa e di un senatore. Democratico.

Bambine del Darfur"Facciamo come in Kosovo". In un'editoriale apparso oggi sul 'Washington Post' i tre si domandano se non sia giunto il momento di un intervento militare nel Paese africano, dopo che "tutti i tentativi per una risoluzione pacifica" dei conflitti interni in Darfur sono ormai falliti. "Se l'abbiamo fatto con gli europei, perché non con gli africani?", è l'eloquente titolo dell'articolo, votato all'interventismo come nella migliore tradizione della realpolitik statunitense. Qualcosa non funziona? Urge un'azione militare. Prendendo ad esempio il caso del Kosovo nel 1999, quando gli Usa hanno agito senza l'avallo delle Nazioni Unite bombardando obiettivi serbi fino alla capitolazione di Milosevic, gli autori sostengono che un'analoga azione sarebbe auspicabile anche per il Sudan.

Villaggi bruciatiLa triade dell'azione militare. "Se si adottassero sanzioni - si legge nell'editoriale - nell'attesa di un loro effetto il Sudan avrà già completato il suo genocidio in Darfur. La storia dimostra che Khartoum capisce solo il linguaggio della forza. Gli Stati Uniti dovrebbero far pressione per una risoluzione Onu che imponga al Sudan un ultimatum: accetti il dispiegamento incondizionato dei Caschi Blu entro una settimana o affronti le conseguenze militari". Gli autori sono Susan E. Rice, ex collaboratrice del Segretario di Stato per gli Affari africani dal 1997 al 2001, Anthony Lake, docente a Georgetown ed ex consulente per la sicurezza nazionale dal 1993 al 1997, e Donald M. Payne, parlamentare democratico del New Jersey.

Il senatore Democratico PayneNo ai Caschi Blu. Ieri Khartoum si è opposta all'estensione a tempo indefinito della missione dell'Unione Africana (Ua) nel Paese. Mal equipaggiato e povero in uomini e finanze, il contingente Ua consta di 7 mila soldati, che le Nazioni Unite vogliono rimpiazzare con circa 20 mila Caschi Blu entro la fine dell'anno, quando scadrà il mandato della missione africana. Ma i Caschi Blu rappresentano una presenza inaccettabile per il governo, mentre i combattimenti tra gruppi ribelli rivali continuano a infuriare nella zona di Gereida, dove si trova uno dei più grandi campi profughi del Darfur, ospitante 130 mila persone. Sostenitori del Jem (Justice and Equality Movement), uno dei due gruppi ribelli che si sono rifiutati di firmare un accordo di pace nel maggio scorso, hanno attaccato una fazione del Sla (Sudan Liberation Army), che ha invece accettato la trattativa. In Darfur erano tradizionalmente presenti 3 gruppi ribelli, ma all'interno di questi si sono create fazioni opposte che hanno aggravato la situazione di disordine e violenza.

Il campo profughi di Gereida"E' il momento di mostrare i muscoli". Le agenzie umanitarie hanno dovuto abbandonare Gereida per motivi di sicurezza. Da maggio a oggi, 25 vetture di organizzazioni sono state rubate, 11 operatori umanitari sudanesi sono stati uccisi, mentre il Fondo alimentare mondiale ha dovuto tagliare il rifornimento di generi alimentari in alcune regioni settentrionali. Da nostre fonti a Khartoum abbiamo appreso che il governo sta attuando un giro di vite nei confronti degli operatori umanitari in tutto il Paese, sebbene nella capitale non vi siano particolari limitazioni ai movimenti o restrizioni alla sicurezza. Dall'inizio del conflitto, 200 mila persone sono morte in Darfur, e 2 milioni sono gli sfollati. Per fermare il genocidio, la proposta statunitense - come spesso accade - contempla l'uso della forza. "Ricordiamoci dell'indomani dell'11 settembre - recita ancora l'articolo del Washington Post -, quando Bush minacciò gli Stati che ospitavano i terroristi. Memore dei bombardamenti del 1998, Khartoum cominciò a collaborare. Adesso - concludono i tre - è di nuovo il momento di mostrare i muscoli".