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Crisi delle spie, Putin avverte Bush: «Non soffiate sul fuoco in Georgia»

di Francesca Sforza - 04/10/2006

 
LA MEDIAZIONE DELL’OSCE LA RICONSEGNA DEGLI UFFICIALI RUSSI ACCUSATI DI SPIONAGGIO NON ALLENTA LA TENSIONE FRA I DUE PAESI

Mosca interrompe i collegamenti, blocca le poste e minaccia sanzioni economiche



Via terra, via cielo, via mare: Mosca e Tbilisi non comunicano più. Per decisione della Duma russa, tutti i collegamenti tra Russia e Georgia sono interrotti fino a nuovo ordine - compresi i servizi postali - e allo studio del parlamento russo c’è persino la possibilità di un blocco sulle transazioni bancarie. Tbilisi ha fatto marcia indietro, riconsegnando a una delegazione Osce i quattro ufficiali russi arrestati mercoledì scorso con l’accusa di spionaggio, ma per Mosca non basta ancora. «Metodi inconcepibili, terrorismo di Stato, la Georgia ha una leadership che non è in grado di lavorare per la stabilità», ha commentato lo speaker della Duma Boris Gryzlov. Le tensioni sono cominciate la settimana scorsa, quando Vladimir Putin ha scelto di incontrare a Soci i leader separatisti dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud - filorussi e ostili al governo georgiano - scatenando immediate reazioni negative da parte di Tbilisi. La risposta non si è fatta attendere: con l’accusa di spionaggio, quattro ufficiali russi vengono arrestati e il presidente Mikhail Saakashvili promette che il loro caso sarà affrontato in un processo pubblico. Mosca reagisce a sua volta richiamando in patria l’ambasciatore russo Viktor Kovalenko e rivalendosi immediatamente sospendendo il rilascio di visti e procedendo alla chiusura delle frontiere.

Nello spazio di qualche giorno si susseguono appelli ai cittadini russi per evitare viaggi verso la Georgia, l’evacuazione dal paese dei dipendenti delle imprese russe e delle loro famiglie, l’arresto delle operazioni di ritiro delle truppe russe e la minaccia di far saltare gli accordi per lo smantellamento delle basi militari, previsto per i primi mesi del 2008. «La reazione dei russi è stata molto più dura di quanto i leader georgiani non immaginassero - dice una fonte vicina al governo di Tbilisi - e non è affatto detto che la riconsegna degli ufficiali russi sia sufficiente a sanare la situazione come si augura il presidente Mikhail Saakashvili». Nei giorni scorsi il Segretario Generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer aveva invitato le parti ad «allentare» e moderare i toni e ieri la comunità internazionale è stata di nuovo chiamata in ballo nella figura dei funzionari dell’Osce, che si sono incaricati di riconsegnare ai russi gli ufficiali rilasciati dai georgiani. «Ma è proprio questa spettacolarizzazione degli eventi che non è piaciuta a Mosca - spiega ancora la fonte - Il Cremlino non tollera che nelle vicende tra la Russia e le ex repubbliche sovietiche intervengano altri attori internazionali». A dimostrazione dello scontento russo, una telefonata del presidente Vladimir Putin a George W. Bush: «Per la pace e la stabilità dell'area - avrebbe detto il presidente russo secondo quanto riferito dal suo portavoce Aleksei Gromov - le azioni di paesi terzi interpretabili dalla parte georgiana come un incoraggiamento alla loro politica distruttiva, sono inaccettabili e pericolose». Così come inaccettabile e pericoloso era stato giudicato il recente discorso di Mikhail Saakashvili alle Nazioni Unite, in cui non si faceva mistero della volontà di entrare al più presto nella Nato e di sganciarsi dal controllo politico ed economico del Cremlino.

Non sono solo le risorse energetiche a fare della Georgia un paese ancora molto dipendente dalla Russia: a queste vanno aggiunti i circa 350 milioni di dollari inviati in patria dai tanti georgiani emigrati e il giro di affari che le imprese russe contribuiscono a creare in un paese con un’economia a dir poco disastrata (il 20 per cento del pil georgiano dipende dalla Russia). Il recente blocco dell’importazione di vini georgiani e dell’acqua Borjomi - ufficialmente per ragioni sanitarie, in realtà, di nuovo, per schermaglia politica - ha contribuito a indebolire ulteriormente il livello delle entrate di Tbilisi.

Ieri Saakashvili se ne deve essere reso conto, quando dopo aver riconsegnato gli ufficiali russi ha parlato di «condizioni per una ripresa di rapporti più distesi con Mosca». Ma questa volta il Cremlino non sembra intenzionato a fare sconti.