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Né qui né là

di Thomas Moore - 04/10/2006

 

Esistono luoghi, in questo mondo, che non sono né qui né là, né sopra né sotto, né reali né immaginari. Sono i luoghi di confine, difficili da trovare e ancora più da tollerare. Tuttavia, sono i luoghi più fertili che esistano.

 

La psicoterapia e la religione forniscono strumenti per rendere più profonda l’anima

Esistono luoghi, in questo mondo, che non sono né qui né là, né sopra né sotto, né reali né immaginari. Sono i luoghi di confine, difficili da trovare e ancora più da tollerare. Tuttavia, sono i luoghi più fertili che esistano. Infatti, in queste strettoie liminali la vita prende forme fuori dall’ordinario, creative e talvolta genuinamente magiche. Tendiamo a dividere la vita in mente e materia, dando per scontato che dobbiamo essere nell’una, nell’altra o in entrambe. Ma la religione e il folclore parlano di un altro luogo, spesso scoperto per caso, dove si verificano strani eventi e impariamo cose che non potremmo conoscere in altro modo.

A volte, i luoghi di transizione sono fisici e abbastanza ovvi. Un ascensore, per esempio, è un luogo particolare dove può essere difficile parlare, e dove le convenzioni sociali possono sembrare bizzarre. Una scala mobile offre molte occasioni di esistenza interstiziale, quando è possibile vedere tutto ma non fare niente. Come scrittore, sono alla ricerca di luoghi liminali dove sono accumulate idee, parole e immagini pronte all’uso. Per molte persone, la doccia sembra uno di questi luoghi, ma non per me. Lì ricevo moltissime sensazioni, ma nessuna reverie. Suonare il pianoforte mi pone su una soglia in cui i pensieri si moltiplicano e prendono vita. Ma una conferenza noiosa è la cosa migliore di tutte, anche una che stessi tenendo io.

L’emozione è un buon veicolo verso i luoghi di confine. Si sentono storie di persone che, dovendo salvare un bambino, hanno scoperto di possedere una forza prima sconosciuta. Io mi sono spinto più in là dell’ordinario nei momenti di depressione, quando ero così chiuso che un senso sconosciuto dell’io sembrava emergere improvvisamente dall’ombra. Il Natale e Halloween, se vissuti in modo autentico, possono gettare un incantesimo che mette in secondo piano la consapevolezza ordinaria, creando una magia momentanea. Credo che l’esuberanza fantastica di queste due festività, a parte i significati religiosi, mantenga sana la nostra società eccessivamente razionale.

La forma di un ingresso è fondamentale. Una porta. Una finestra. Abbiamo bisogno di una crepa nella superficie (altrimenti impenetrabile) di ciò che giudichiamo reale e decoroso. Recentemente, una donna mi ha scritto per raccontarmi un sogno. Si trovava in un giardino, teneva per mano un bambino e stava entrando nel buco di una siepe, quando una farfalla si è posata sul suo naso, coprendole il viso. Questo è il passo numero uno: abbiamo bisogno di un caso fortunato che celi la nostra identità tradizionale. I greci pensavano che l’anima fosse una farfalla: una copertura perfetta.

Il buco nella siepe portava verso un’area centrale inondata dal sole. L’apertura può non essere fisica, ma è necessaria. Nella selva oscura all’inizio del suo viaggio cosmico, Dante dice: “Io non so ben ridir com’i’v’intrai, / tant’era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai”. Prima di addormentarmi, le idee vengono fuori, e talvolta mi chiedo se il problema della droga nella nostra società non sia nulla di più che la ricerca del sonnambulismo dantesco.

La religione cerca di trovare e costruire metodi per farci addormentare, farci sentire perduti, farci partire e arrivare: pellegrinaggi, processioni, digiuni, incensi, canti, testi illuminati. In modo simile, la psicoanalisi utilizza il transfert, che vuol dire portare attraverso, un termine che richiama facilmente un ponte; Sandor Ferenczi lo ha interpretato come il movimento da ciò che è a ciò che sarà. Nella vita comune abbiamo bisogno di tecniche efficaci, adatte al nostro carattere, che ci portino fuori dall’abitudine e dai sentieri battuti.

Lo stesso giorno che ricevetti la lettera sul sogno della siepe, ebbi notizie da una persona che si stava chiedendo se abbandonare l’esercizio della professione forense e diventare storico dell’arte. Era come se si trovasse dentro un ascensore: lo stare tra un luogo e l’altro lo riempiva di disagio. Ma questa è un’altra caratteristica delle soglie: l’insicurezza sembra l’emozione consona al luogo. Scrissi di rimando a quella persona dicendo che provavo allo stesso tempo invidia e sollievo per non essere nei suoi panni.

Penso che la sventura della liminalità richieda una cura specifica. Abbiamo bisogno di esplorare più a fondo e con più determinazione quella dimensione che si trova sotto i sassi e al di là dello specchio. Siamo troppo sinceri, produttivi e realistici. Nel suo piccolo libro, dall’appropriato titolo di A Celtic Twilight (Crepuscolo celtico), W. B. Yeats racconta molte storie sconcertanti su personaggi che non sono né fate né esseri umani, o che sono entrambi, e che sarebbero buoni modelli di comportamento per tutti noi:

Vicino alla strada dell’ospedale c’è il sentiero delle «fate». Tutte le sere esse vanno dalla collina al mare, dal mare alla collina. Alla fine del sentiero, dalla parte del mare, c’è una casetta. Una notte, Mrs. Arbunathy, che viveva là, lasciò la porta aperta, come se stesse aspettando il figlio. Suo marito si era addormentato accanto al fuoco; un uomo alto entrò e si sedette accanto a lui. Dopo un po’, la donna disse: «In nome di Dio, chi sei?». Egli si alzò e se ne andò, dicendo: «Non lasciare mai la porta aperta a quest’ora, o il maligno potrebbe venire da te». Lei svegliò il marito e gli raccontò il fatto. «Uno degli Esseri Buoni è stato con noi», disse lui.

In psicoterapia ho sentito molti sogni di porte lasciate socchiuse e finestre aperte. Il sognatore era mortalmente spaventato da chi o cosa potesse entrare a causa di questa negligenza; io naturalmente, come terapista, sospettavo che chiunque fosse, era probabilmente una persona utile e necessaria.

Spesso raggiungiamo le soglie più facilmente quando siamo disattenti. Se desideriamo i benefici delle soglie, invece di cercare sempre la consapevolezza e la vigilanza, potremmo cercare una pausa nella nostra attenzione. Dal mio punto di vista, l’accento che alcune comunità spirituali pongono su una consapevolezza continua è controproducente.

Sono attratto dalle porte, gli ingressi e i vestiboli. In un’altra vita, mi piacerebbe essere un fabbricante di porte straordinarie. Esse sono vere e proprie soglie, e allo stesso tempo immagini di profondi passaggi transitori. In piedi in un ingresso sei costretto a usare l’immaginazione, chiedendoti cosa troverai dall’altra parte. È un luogo pieno di fantasie di aspettazione. Gaston Bachelard ha detto: “Se una persona dovesse fare un resoconto di tutte le porte chiuse, aperte o che vorrebbe riaprire, dovrebbe raccontare la storia di tutta la sua vita”. William Blake ha realizzato un’incisione della porta della morte, in cui si vede un vecchio che sta per passare sotto l’architrave, con la didascalia: “La porta della morte è fatta d’oro, che gli occhi immortali non sono in grado di scorgere”.

L’atrio (foyer) di un edificio è un altro luogo di speciale suggestione liminale e magica. Esso ti porta all’interno dal caldo o dal freddo, preparandoti a un clima umano e alle relazioni. Nei teatri, è anche luogo di convivialità durante l’intervallo – liminale in sé – di una recita, uno spettacolo o una musica; in esso è possibile tornare a parlare, mangiare e muovere il corpo. È una pausa deliziosa e ristoratrice.

Secondo un’audace spiegazione etimologica, foyer ha la stessa radice di focus, che vuol dire cuore o focolare, e che è strettamente connessa con la divinità Hestia, cioè il calore delle emozioni elevato al rango di divinità. Fatto interessante, Keplero usava il termine focus per indicare il punto centrale di una lente di ingrandimento, probabilmente perché è il punto attraverso cui puoi bruciare una foglia o un piccolo insetto, come confesso di avere fatto quando ero ragazzino. Il foyer è dunque il punto caldo, l’athanor alchemico in cui avvengono le cose, il forno o la griglia di trasformazione.

Questo è il punto chiave riguardo le soglie: non sono il luogo della vita né della morte. Nei loro angusti confini, puoi trovare la fantasia, la memoria, il sogno, l’ansia, il miracolo, l’intuizione e la magia. Questi sono i mezzi – né all’interno della vita né del tutto al di fuori di essa – grazie ai quali prospera l’anima profonda. Questo è un buon luogo in cui prendere una decisione e avere un’intuizione. È la dimora autentica della creatività. È anche il luogo claustrofobico della massima paura. In questi interstizi – tunnel, passaggi e periodi attesa – può avvenire qualunque cosa. Essi sono indispensabili, tuttavia devono restare tangenziali.

Ci vuole molto coraggio per restare il tempo necessario in un luogo di confine, e occorre molta sacra follia per cercarne uno. Forse abbiamo bisogno di un’esperienza di soglia solo per trovare la soglia giusta. Le mie preferite sono: un pianoforte, una cattedrale gotica, un megalite, un dolce, un sentiero nella foresta, un pub irlandese, una stanza da letto buia, Guillaume Dufay, una vasca da bagno a lume di candela, Lord Peter Wimsey, il dopobarba, le brughiere e il caprifoglio. Tutte queste cose stanno ai margini della vita, ciononostante ognuna la rende meritevole di essere vissuta.

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