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Addio mito dei bocconiani: non sono classe dirigente

di redazione - 09/10/2006

 

UN VECCHIO DOCENTE DELL’UNIVERSITÀ MILANESE STRONCA I SUOI STUDENTI: INSENSIBILI AL MONDO ESTERNO 


Ha dedicato a loro un libro e non gliele ha mandate a dire. Salvatore Grillo, vecchio dirigente della Bocconi, punta l’indice contro i suoi studenti definendoli «egoisti e insensibili». «Trovo drammatico - è il pensiero dell’autore di ’’Via Bocconi 12’’ - il fatto che siano completamente disinteressati a tutto quello che sta attorno all’università». Rigatelli A PAG. 20

Bocconiani addio «Sono dei cadaveri egoisti e viziati»


La stoccata arriva nell'ultimo capitolo del libro «Via Bocconi 12» (Melampo Editore), che si intitola «I cadaveri di oggi». L’autore - Salvatore Grillo, 67 anni, una vita da dirigente nei corridoi dell'Università Bocconi di Milano (oggi è direttore dell’Istituto per il diritto allo studio universitario) - non fa sconti ai suoi studenti. Dice che sono «senza un minimo di coscienza sociale e collettiva. Pensano solo a se stessi e a laurearsi. Trovo drammatico che siano così disinteressati da tutto quel che sta attorno all'università. Io, almeno, sono assolutamente convinto che uno studente non si formi soltanto studiando economia, statistica, matematica, contabilità e bilancio, ma debba anche interessarsi di poesia, di musica, di teatro, della vita. Anche della politica». Qualcosa è cambiato dal 1970, quando da assistente del professor Luigi Guatri questo «vecchio lavapiatti e cameriere al ristorante Giannina dove venivano Neruda e Quasimodo, prostitute e ladri», è stato assunto per la prima volta dall'ateneo per gestire i pensionati universitari (via Bocconi 12 è l’indirizzo del più antico pensionato). Ma lui non ha smesso di ricevere gli studenti nello studio al primo piano, di cercarli alla mensa per capire come va. Il cappotto spinato sopra le spalle anche in primavera, quell'andatura sicura di chi conosce ogni segreto dell'ateneo. «Oggi - afferma -, gli studenti non si lamentano più, non telefonano neanche, chiamano la mamma o il papà». E nel libro Grillo racconta la telefonata di un ministro per domandare di mettere il bidet nella stanza del figlio: «E' successo davvero! Invece una volta i genitori non sapevano neanche di avere i figli all'università. Ovvio che questi si responsabilizzassero. Ora invece li abbiamo educati male ed addormentati». La preoccupazione di Grillo non è tanto l'oggi, ma il domani. Perché da qui passa la classe dirigente del Paese: «Questi studenti pensano di diventare grandi studiando quattro cavolate di economia e strategia. Prendiamo i rappresentanti degli studenti: in Bocconi sono 105 tra consigli di facoltà, d'istituto e amministrazione. Quando sono tanti, alle riunioni vengono la metà. E quelli che lo fanno hanno interessi personali: inserirsi nell'istituto, far carriera. Ma degli interessi collettivi non gliene frega niente. Una volta c'era una sensibilità nei riguardi degli altri, una profondità maggiore. C'era una critica continua all'università e da un fronte comune, il movimento studentesco, per cui andavo in assemblea e mi sputavano addosso, oggi mi battono le mani». Certo, non è solo colpa degli studenti, che per altro Grillo ama tantissimo. Non lo convince «la politica tutta sbagliata a livello nazionale, che non si rende conto delle conseguenze. L'università è diventata un esamificio senza valori. E dura tre anni in cui tutto è compresso. Oggi ci sono gli esamini. Manca il tempo libero. Ed è grave. Può darsi che sia tutto dettato dal mondo aziendale. Ma ci sono aspetti ancora positivi della vita universitaria in Bocconi come un associazionismo libero dove sono rappresentate tutte le idee politiche; ad esempio il collettivo di sinistra Lilliput organizza incontri con personaggi d'alto livello». Stefano Feltri, primo anno della Laurea specialistica in Economia dei Mercati Internazionali ne è l'organizzatore: «E' difficile attrarre studenti alle conferenze dove non ci sono personaggi televisivi - racconta -. Anche perché l'università non incentiva alla partecipazione». Anna Maria Levi, 23 anni, premio Ulisse Bocconi per il maggior numero di studi all'estero, la pensa diversamente: «Forse la Bocconi è l'ultima università di cui parlar male. Certo, gli interessi della nostra generazione non sono quelli del '68». Per Salvatore Grillo resta il fatto che «allora facevamo le borse di studio con maggiore responsabilità e discrezione. Oggi i primi in graduatoria che troviamo sono gli evasori, gli autonomi e gli stranieri. E siccome al primo anno l'ammissione è legata al solo reddito, i poveri veri non arrivano all'università. Quando qualcuno fa lo spiritoso gli ricordo: sei qui perché fuori c'è qualcuno che sta peggio di te e paga le tasse!».