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Gli uomini della Goldman Sachs sono la vera cabina di regia*

di Gianfranco La Grassa - 12/10/2006


 

Sul Giornale di oggi (9 ottobre) trovo un articolo di Lodovico Festa che ritengo ambiguo eppur interessante. Solo il fazioso e testone, com’è spesso lo schierato a sinistra, crede che il mondo si divida in buoni, sinceri e intelligenti (i “suoi”) e in bugiardi, cattivi e stupidi ( “gli altri”). Ritengo invece Festa persona ben informata, con ottime relazioni in ambienti confindustriali che contano (e sanno), anche se certamente avversari del “Luca” e dei suoi conniventi. Nell’articolo si punta l’attenzione sulla Goldman Sachs, facendo chiaramente intuire al lettore (non tonto) le operazioni da “gruppo di pressione” da questa compiute in combutta con quella che viene correttamente definita una lobby, la Nomisma (messa in piedi da Prodi). Quest’ultimo non è certo l’“onest’uomo” creduto dai suoi “ingenui” elettori. E’ di mediocre intelligenza, pessimo nella sua “specializzazione” professionale, ma sicuramente legato a clan di potere estremamente pericolosi, uno dei quali è questa Goldman Sachs che ha piazzato suoi uomini in posti decisivi non solo nel governo economico degli USA (il suo paese d’insediamento), ma anche qui da noi.

Festa ne ricorda alcuni, e cito anch’io, a mo’ di esempio, il duo (Costamagna e Tononi) che è quasi sicuramente all’origine del progetto Rovati per la Telecom (di cui Prodi fa finta di non sapere nulla, arrivando al colmo del ridicolo e della sfacciataggine). Ma non è questo ciò che qui mi interessa rilevare. Festa si scorda proprio il più importante posto occupato da uno degli uomini della Goldman Sachs (suo vicepresidente fino alla nuova nomina), quello di Governatore della Banca d’Italia. E dimentica che, da qualche tempo, è consulente della stessa (come lo fu Prodi anni fa) Mario Monti. Perché non nominare proprio questi personaggi? Non credo ad una involontaria omissione di Festa, ma a tutto il contrario, perché è meglio non toccare chi potrebbe un giorno tornare utile al centrodestra, magari tenendo a battesimo qualche “inciucio” con lo schieramento opposto (se accettasse di ridurre a ragione i suoi “estremisti” di sinistra).

Festa dà la giusta importanza anche a quella grande fusione bancaria che diventerà la SanIntesa. Egli naturalmente non si dimentica di ungere Bazoli & C., dicendo che il colosso nato da tale operazione sarà una “delle risorse di formidabile qualità per l’economia italiana”. Solo che dovrebbe, secondo lui, decidersi ad allentare i suoi legami con Prodi. Leggendo Festa sembra quasi che Bazoli sia un po’ subornato dal Premier, mentre è invece quest’ultimo – e, se il giornalista è intelligente come penso, sa meglio di me che le cose stanno così – ad essere l’esecutore del grosso centro finanziario in gestazione. E’ evidente, anche in tal caso, che si spera di staccare un potente come Bazoli dalla sua longa manus Prodi, e di renderlo neutrale o favorevole all’inciucio di cui detto.

Altri “avvertimenti” vengono infatti lanciati alla futura SanIntesa, sottolineando notizie che non sono una novità (se ne parla da giorni), ma che è significativo vedere riportate da chi, lo ripeto, ha buoni canali di informazione in settori confindustriali (e quindi anche politici). L’opposizione del Governo (Di Pietro) alla fusione di Autostrade (Benetton) con la spagnola Abertis – opposizione dichiarata in nome di una ridicola difesa dell’italianità, dopo averla attaccata nella persona di Fazio all’epoca delle scalate olandesi e spagnole all’Antonveneta e alla BNL – è in realtà “una pressione sulla famiglia di Ponzano Veneto per lasciare spazio alla banca milanese [SanIntesa per l’appunto; ndr] che vuole entrare massicciamente nel campo delle utility”. Non solo; è “di ieri la notizia che insieme a Mediobanca e Generali [si parlava pure, per quanto ho sentito, di Unicredit e Capitalia, e forse Montepaschi; ndr], anche la banca bazoliana potrebbe inserirsi nel nucleo di comando di Telecom…..quale compromesso….per evitare guerre prolungate tra esecutivo e impresa telefonica”.

Insomma, una serie di favori che l’esecutore (Prodi) fa ai suoi “superiori” (poteri finanziari) per avere aiuto e superare un momento assai più che difficile. E in effetti si è anche sparsa la notizia “che un autorevole esponente del futuro gruppo San Paolo Intesa, Pietro Modiano, peraltro bravissimo banchiere” [altra evidente “unta” di Festa a chi, considerato dalemiano, non rientrava in un primo tempo nell’organigramma previsto per la superbanca nascente, e fu reinserito solo dopo intervento dei DS; ndr] va “in giro a garantire che la futura megabanca rimedierà ai gravi guasti combinati dall’ineffabile coppia Prodi-Padoa Schioppa sulle liquidazioni”. Cioè, in parole povere, la SanIntesa con una mano aiuterebbe Prodi finanziando le piccolo-medie imprese a buone condizioni (visto che il Tfr sottratto costava sul 3% e i prestiti “normali” sono almeno al doppio), e con l’altra ci guadagnerebbe comunque dei bei soldini; così tutti contenti e felici (si fa per dire).

Queste ultime mosse preoccupano evidentemente il centrodestra, perché si tenta di chiudere il contenzioso apertosi oggettivamente (e malgrado tutta la buona volontà di Montezemolo e dei dirigenti di altre associazioni imprenditoriali italiane, i cui iscritti sono però ultraincazzati) tra Governo e industriali, commercianti, professionisti, ecc. Si cerca di mettere il tappo al caso Telecom, dove Prodi e Tronchetti si sono, nei fatti, accusati reciprocamente di mendacio, ma solo per darsi i ben noti “avvertimenti” (come li definireste?) che preludono al compromesso. Nel contempo, si cerca – dopo aver fatto il bel regalino alla Fiat con la “mobilità lunga” ecc., a Merloni con la rottamazione dei frigo, ecc. – di ammorbidire i piccolo-medi imprenditori sostituendo il Tfr sottratto con prestiti non troppo disastrosi per i loro bilanci. Si farà poi in modo di tirare la coperta per addivenire anche a qualche affievolimento della protesta dei sindaci. E così, di “stiramento in stiramento”, aggiusta di qua e aggiusta di là, semplicemente con “conti della serva” (o del “ragioniere”), senza un minimo di strategia salvo affidarsi allo “stellone” di una presunta ripresa (da offrire in pasto alla popolazione ignara, soprattutto sparando cifre a capocchia mediante istituti statistici ormai rodati nelle più perverse menzogne e manipolazione dei dati), si tira avanti; con la sola intenzione di allontanare il più possibile il momento della resa dei conti. E quanto più si galleggerà affannosamente, tanto più avremo lo squasso finale.

D’altronde, non si pensi di avere alternative. In questo senso, l’articolo di Festa è interessante, e a suo modo importante, giacché rivela la mentalità dell’opposizione, priva anch’essa di orientamenti e prospettive strategiche; gioca solo di rimessa e spera in un affondamento della maggioranza per “virtù” propria. Da qui tutte le chiacchiere sulle manifestazioni o meno. Se ne fa una grossa a Milano o Roma? No, forse meglio farle decentrate nelle varie città (le 150 del Berlusca sempre più leggero ed effimero). No, è meglio esperire prima tutte le vie in Parlamento; mentre al suo esterno, nei vari “Palazzi”, le diverse cosche si riuniscono cercando l’inciucio. Si può essere quasi sicuri che, almeno provvisoriamente, il centrosinistra – mostrando di nascosto “l’acciughetta” agli avversari – li “fregherà” clamorosamente. D’altronde, pensiamoci bene. Destri e sinistri sono tutti politicanti di basso rango. Tuttavia i primi (parlo del grosso delle loro truppe) sono dilettanti, che hanno anche altre possibilità lavorative. I sinistri no, sono in maggioranza professionisti (pur senza abilità professionale); se vanno a casa, non sanno come vivere perché di altri lavori non ne conoscono. Per loro, restare al governo è questione decisiva.

La conclusione è una: per qualche tempo, avremo ancora ai vertici (politici) clan di centrosinistra (con Prodi o senza, non sarà completamente rilevante) con sopra i potenti centri finanziari e la grande imprenditoria industriale; un po’ ammaccata, un po’ rissosa e “incazzosa”, ansimante, senza alcuna innovazione né capacità di “fare sistema”, ma che si strascicherà, magari portando fuori Italia parte degli investimenti e creando nuove società non certo trainanti (come quella famosa Charme, di Montezemolo, Merloni, Unicredit e altri, con sede in Lussemburgo e che ha costituito una joint venture con i cinesi per l’importazione e diffusione nei paesi del Mediterraneo di cashmire proveniente dal lontano paese asiatico). Sotto, un ammasso di ceti sociali presi per i fondelli, più fortemente acciaccati e a corto d’ossigeno; ma tanto masochisti da slittare da destra a sinistra o viceversa, perché andare a votare è un “dovere civile”; anche se si votano schiere di guitti e perfino individui intellettualmente handicappati, che lasciano fare e disfare persone più intelligenti, ma non dedite al bene del paese, né delle maggioranze elettorali; continuate pure ad affidarvi a loro (dalla SanIntesa alla Goldman Sachs, da Montezemolo a Tronchetti, e via dicendo) e votate chi esegue i loro ordini o cerca di ingraziarseli per ottenere il posto di “servitori modello”.

E andiamo avanti, finché dura. Mi si permetta almeno di propagandare il mio libro (Il gioco degli specchi, Editrice Ermes; e-mail
editricermes@tiscali.it). Non ci guadagno proprio nulla; non ho diritti d’autore e ho comprato 100 copie a 10 euro l’una (fate i calcoli). Solo che leggendo i giornali, constato ogni giorno di averci azzeccato per almeno un 70-80%; ed io non sono “servo” di nessuno dei “due padroni”: politicanti e gruppi finanziario-industriali.

* il titolo all'articolo di Gianfranco La Grassa è una scelta redazionale di Contropiano.Da www.contropiano.org