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Lettera aperta sul caso Alain de Benoist

di Alessandro Mosti e altri - 12/02/2018

Lettera aperta sul caso Alain de Benoist

Fonte: Libropolis


Egregio Dott. Feltrinelli,
a nome dell’associazione Libropolis, organizzatrice dell’omonimo festival
dell’editoria e del giornalismo indipendente, ci permettiamo di portare alla Sua
attenzione il nostro punto di vista sulla querelle che ha portato all’annullamento
dell’incontro con Alain De Benoist.
Anzitutto, credo sia necessario sinteticamente replicare alla lettera (ma in
realtà si tratta di un vero e proprio diktat) con la quale un gruppo di sedicenti
studiosi ha preteso e ottenuto dalla Fondazione Feltrinelli l’annullamento
(presentato ipocritamente come sospensione) della partecipazione di Alain de
Benoist a una conferenza sulle nozioni di destra e sinistra (“What is left, Wath is
right”) organizzata dalla stessa Fondazione.
Basta, infatti, semplicemente leggere (non studiare, si badi, ma solo
leggere) la copiosa produzione del pensatore francese per capire che associarla
oggi all’estrema destra, al fascismo o al razzismo è un non senso: attribuire ad
Alain de Benoist il ruolo di teorico del “nativismo”, cioè di una visione, come
dicono gli autori dell’appello, omogenea ed escludente della comunità
nazionale, significa semplicemente non conoscere l’opera del pensatore
francese, aspro critico dell’ideologia nazionalista.
Non è un caso, invero, che quanti si sono accostati con serietà
intellettuale all’opera di Alain de Benoist, come un Pierre-André Taguieff in
Francia o un Giovanni Tassani in Italia, sono giunti alla conclusione che la sua
opera è caratterizzata da un graduale processo di “dédroitisation”, cioè di critica
e allontanamento dalla destra, unito alla ricerca di nuove sintesi di pensiero che
lo hanno portato a dialogare con intellettuali di ogni matrice e provenienza
(Michel Onfray, Danilo Zolo - membro, con il compianto Costanzo Preve, del
comitato editoriale di Krisis, la rivista teorica di Alain de Benoist - Massimo
Cacciari, Michel Maffesoli, per ricordarne soltanto alcuni).
Lo stesso Taguieff, pur essendo partito da una posizione che presentava
il differenzialismo debenoistiano come una forma mascherata di razzismo (ne
La forza del pregiudizio), ha poi correttamente riconosciuto, in Sulla Nuova destra,
che la valorizzazione dell’universale operata dal pensatore francese lo poneva
al riparo da derive razziste.
Non ci stupisce, in definitiva, che uno studioso serio come Jean Yves
Camus, politologo francese progressista, specializzato nello studio dell’estrema
destra e direttore dell’Osservatorio delle radicalità politiche alla Fondazione
Jean-Jaurès di Parigi, si sia rifiutato di firmare l’appello che ha portato
all’annullamento dell’incontro con De Benoist.
E ancora, Massimo Cacciari, intellettuale certamente non ascrivibile alla
destra, dice al Foglio che la decisione è «scandalosa, allucinante», precisando che
«con de Benoist si può essere d’accordo o no, ma è un intellettuale di vastissima cultura, che
da anni studia i fenomeni della globalizzazione da un punto di vista molto critico, con
grande competenza e conoscenza».
È di tutta evidenza, dunque, la palese pretestuosità dell’appello, e
l’assoluta ignoranza dei suoi firmatari in merito al pensiero del filosofo
francese.
Non di meno, ciò che stupisce, non è tanto la lettera aperta inviata da
tali, nessuno se ne abbia a male, pseudo «studiose e studiosi delle destre e estreme -
destre», quanto il fatto che una istituzione culturale prestigiosa come quella da
Lei presieduta, che fa del pluralismo e della democrazia la cifra caratterizzante
la propria azione, si sia “piegata” a tale diktat.
Francamente, fatichiamo a capire come la Fondazione Feltrinelli e gli
estensori dell’appello si ergano a paladini del pluralismo e della democrazia
mentre nei fatti negano l’uno e l’altra.
In epoca di dilaganti fake news, crediamo sia giusto chiamare quanto
accaduto con il suo vero nome: censura, censura pura e semplice.
Il che non fa davvero onore alla Fondazione Feltrinelli, che, prestando il
fianco alle erinni del pensiero unico, si autoesclude da un autentico dibattito
culturale, fatto di pluralismo e ascolto dell’altro, consegnandosi piuttosto allo
spazio della militanza, del pensiero unico e del politicamente corretto.
E se potevamo avere dubbi su tale interpretazione della Vostra decisione
di annullare l’incontro con Alain De Benoist, il Suo commento apparso pochi
giorni addietro sulle pagine de “Il Mattino”, ne costituisce una conferma: i
contestatori - censori di Alain De Benoist vengono infatti blanditi, eletti al
rango di interlocutori preferenziali, e addirittura invitati a partecipare ad un
dibattito sul tema della “Militant Democracy”».

Per fortuna, consentiteci la presunzione, c’è ancora chi, come noi, non si
arrende alle liste di proscrizione redatte dai sacerdoti del pensiero unico, o, per
usare un’espressione cara al filosofo francese, dell’ideologia del medesimo. E
così abbiamo dato vita ad un festival che vuole essere un vero laboratorio
culturale, un luogo di incontro ma anche di scontro intellettuale, uno spazio
libero di riflessione, un territorio franco, un cenacolo, oggi mancante, in cui
dibattere sulle forme della realtà.
E allora, proprio in questa logica, saremmo lieti di avere Lei e una
rappresentanza degli estensori dell’appello al nostro Festival, per discutere -
magari proprio insieme ad Alain De Benoist - su come, dietro un antifascismo
di facciata, si nasconda in realtà una forma di censura nei confronti di coloro
che, come il filosofo francese, hanno sviluppato un pensiero fortemente critico
verso l’attuale fase storica, in cui il capitalismo è ormai divenuto fatto sociale
totalizzante che costituisce il paradigma del vivere in ogni sua declinazione,
facendo in tal modo, più o meno inconsapevolmente, il gioco delle elites
dominanti.
Restiamo in attesa di un Suo cortese riscontro.


Alessandro Mosti
Sebastiano Ramilli
Francesco Iacopetti
Luca Paradiso
Sebastiano Caputo
Lorenzo Vitelli
Gianluca Giansanti