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Lo Stato canaglia

di Giovanni Gnazzi - 19/10/2006

Potranno essere torturati. Non avranno diritto all’assistenza legale. Le prove a loro carico rimarranno segrete, né dopo una eventuale sentenza dei Tribunali, potranno ricorrere in appello. La firma del Presidente Gorge W. Bush sulla legge che autorizza la tortura come metodo d’interrogatorio, denominata “Legge sulle Commissioni Militari”, cancella, oltre ogni ragionevole convincimento, la storia giuridica degli Stati Uniti dall’inizio del ‘900 ad oggi. Con la trasformazione in legge della pratica della tortura, infatti, gli Stati Uniti escono dalla loro stessa storia e si avviano, con piglio e foga degni di nota, nell’alveo dei paesi che piegano i principi giurisprudenziali e le regole della convivenza civile a elementi subordinati alle scelte politiche dell’Amministrazione che li governa. Non ci si trova più di fronte ad un governo che rispetta le leggi ed il dettato Costituzionale sul quale ha giurato, ma ad una Costituzione che viene manipolata e stravolta in funzione delle esigenze politiche di chi governa. La nuova legge rende carta straccia tutte le convenzioni internazionali e buona parte dello stesso diritto statunitense.

"Nulla potrebbe essere più lontano dai valori americani" ha detto Anthony Romero, Direttore dell'Unione americana per le libertà civili. "E' una delle leggi peggiori mai approvate nella storia americana - ha proseguito Romero - e la gravità sta nel fatto che che adesso il Presidente, con l'approvazione del Congresso, può detenere a tempo illimitato persone verso le quali non é stata formulata nessuna accusa". "Può consentire gli abusi più terribili - ha aggiunto Romero - consentire processi sulla base di dicerie, autorizzare i giudici ad emettere condanne a morte sulla base d'informazioni raccolte da detenuti picchiati e respingere petizioni formulate in base all'habeas corpus".

Questa Amministrazione si è caratterizzata, fin dall’inizio, come la vera risposta dispotica al diritto. Mentendo palesemente di fronte al mondo per occupare le riserve energetiche di cui non disponeva, ha cominciato un cammino di revisione totale dei principi e delle norme su cui si reggono la giurisprudenza internazionale ed interna, a tutto vantaggio del nuovo disegno imperiale neocon. Si è rifiutata di sottoscrivere l’accordo sul Tribunale penale internazionale. Ha dato continuità alla vigenza della legge Helms-Burton. Ha diramato il Patrioct act che, in primo luogo, abolisce l’habeas corpus (la legge pilastro del diritto penale anglosassone promulgata nel 1679 per evitare abusi contro i cittadini in arresto, permettendogli di conoscerne i motivi e di ottenere il rilascio su cauzione ndr). Ha reso legittime le intercettazioni illegali di milioni di cittadini statunitensi (intercettazioni già condannate da sentenze di tribunali Usa). Ha sostenuto e sostiene la legalità delle torture dei detenuti praticate ad Abu Ghraib e Guantanamo. Ha offerto copertura giuridica al sequestro dei presunti sospetti e alla loro deportazione in paesi terzi fino all’occupazione illegittima di paesi “nemici” disegnando un substrato di regime poliziesco che trova oggi la sua consacrazione legislativa.
Abusi, maltrattamenti, intercettazioni, sequestri e torture non sono quindi, da ora, deviazioni non autorizzate, comunque deprecabili, in un sistema di garanzie giuridiche corrette, ma diventano pratiche legalmente ammesse dalla legislazione nazionale.

Inutile aggrapparsi con le unghie sui vetri, continuando a vedere negli Stati Uniti un punto di riferimento per gli assetti democratici, dal momento che Washington esplicita con vigore la concezione giuridica e politica del Nuovo Ordine Mondiale in aperta rottura con quanto fino ad ora determinato dalle leggi internazionali. Potrà piacere o no, scatenare indignazione o compiacimento, ma la realtà é che la legge che istituisce la legittimità della tortura e delle deportazioni, firmata dal Presidente Bush e approvata dal Senato due settimane orsono, ratifica sul piano giuridico - e quindi formale - l’ingresso degli Stati Uniti nella classifica degli stati autoritari. Solo gli Stati Uniti infatti, unici, dispongono di un sistema legislativo che rifiuta in fatto e ora anche in diritto la Convenzione di Ginevra e la Convenzione Onu sulla tortura del 1984, (ratificata dagli stessi Usa) e, da ora, permettono la tortura, l’umiliazione ed i trattamenti disumani e degradanti contro i prigionieri. Washington cessa di essere, per chi voleva vederla così, il principale avversario del terrorismo internazionale all'interno dello schieramento democratico e diventa, per chi non vuole chiudere gli occhi davanti alla realtà, il più importante dei paesi antidemocratici; una potenza economica e militare enorme nelle mani di un manipolo di personaggi che hanno deturpato definitivamente la civiltà del loro paese in ragione dei loro affari privati.

Altro che american dream, altro che guida dell’Occidente e dei suoi valori democratici. L’Amministrazione Bush e la sua maggioranza parlamentare al Congresso e al Senato consegnano alla storia una strategia di dominio imperiale che affida all’esclusivo uso della forza il terreno di confronto con il resto del pianeta. Sanciscono la validità della forza come metodologia di governance globale. Assegnano ad una giurisprudenza ferita al cuore nei suoi principi originari sanciti dai padri costituenti, il valore di pura accademia e propongono la connotazione definitiva di una legislazione che si voleva emergenziale e che viola nel profondo il diritto internazionale e quello interno degli Stati Uniti.

L’Amministrazione Bush, la peggiore degli oltre 200 anni di storia a stelle e strisce, riduce ad avversari paesi e norme che non aderiscono alla loro dionisiaca volontà di potenza e ignora i principi di convivenza internazionale sanciti dai diversi codici, ivi compresa la Carta delle Nazioni Unite. Ci troviamo di fronte una Amministrazione che crede di poter affrontare la sua crisi di leadership dichiarando nei fatti nulla la sua Costituzione e identificando come “scorie” i Trattati internazionali firmati dagli stessi Usa. Non bastasse, nelle stesse ore in cui firmava la legge con la quale si autorizza la tortura, il Presidente degli Stati Uniti ha anche firmato la “Politica nazionale dello spazio”, documento che rappresenta la prima revisione delle strategie in materia degli ultimi dieci anni, nel quale si afferma che ''la libertà di azione nello spazio é importante per gli Stati Uniti come la potenza aerea e marittima''.

Secondo quanto rivela il Washington Post, la nuova dottrina afferma il diritto a negare l'accesso allo spazio a chiunque sia ''ostile agli interessi americani'' e respinge futuri accordi sul controllo delle armi che possano limitare la flessibilità degli Stati Uniti nello spazio. C’è un ulteriore salto, persino nei confronti della “guerra stellare” di Reagan; se infatti la prima si diceva, almeno a parole, destinata a creare un “ombrello protettivo” per gli Stati Uniti, garantendone attraverso un sistema di difesa satellitare la sua inviolabilità territoriale dai missili balistici, il documento firmato da Bush stabilisce la proprietà statunitense dello spazio, il suo uso a scopi militari e la proibizione ad altri di penetrarvi. Sancisce, insomma, l’estensione del territorio statunitense all’universo.

Una Amministrazione che ritiene che sequestrare, torturare ed uccidere i prigionieri, intercettare illegalmente e violare i diritti civili dei suoi stessi cittadini sia possibile, che ritiene che persino le stelle ed i pianeti siano loro proprietà, è una Amministrazione di disperati. Che vede nella guerra contro tutto e tutti la sola possibilità di sopravvivenza dell’impero e, nella guerra alla civiltà, la soluzione ultima del cosiddetto scontro di civiltà; che ritiene di poter progettare – per tentare di risolvere la sua crisi di rappresentanza e di leadership - la fine della comunità internazionale, intesa questa come sistema di governo mondiale che si regge su reciproci compiti, responsabilità e vincoli. Il presidente petroliere, prodotto intermedio di una famiglia che ha riempito di sangue e disonore la storia statunitense, somiglia sempre più a Nerone e la sua Amministrazione sembra vivere gli ultimi giorni di Pompei.
Non c’entra lo scontro di civiltà, copertina ideologica di quello sulle risorse; nello scontro tra democrazia e dispotismo, tra convivenza e terrorismo, nell'affermazione di un modello di democrazia globale che armonizzi differenze e riduca i conflitti, la linea politica di Washington non è più la possibile soluzione: è il problema.