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Dal “Concerto europeo” alla “Guerra dei trent'anni” del 1914-45

di Raffaele Panico - 10/12/2018

Dal “Concerto europeo” alla “Guerra dei trent'anni” del 1914-45

Fonte: Raffaele Panico

Riflessioni, cento anni dopo la Russia imperiale zarista e l'avvento dei Soviet: interconnessioni con l'Italia


    La fine dei regimi comunisti in Unione sovietica e nei paesi del Patto di Varsavia, il mutamento del quadro politico delle società occidentali, là dove l'influenza dei partiti euro-comunisti è rovinato in conseguenza a quanto è accaduto a Mosca con Gorbaciov, e nei paesi satelliti verso la fine degli anni Ottanta, a quasi trent’anni da quei fatti, si impone una visione che, attualmente dall'Italia, ora è più facile da inquadrare. Ripercorriamo il “Secolo breve”, dagli avvenimenti che hanno portato alla rivoluzione sovietica del 1917 analizzata in numerose “ricorrenze” e documentazione archivistica, saggi e pubblicistica, documentari e film. Osservati i fatti con “prospettiva rinascimentale” mutuando il termine pittorico “a volo d'uccello”, ci concediamo l'onere storico e politico di rielaborare i vari momenti dalla caduta dello zarismo, la prima rivoluzione di febbraio del '17, la breve esperienza repubblicana russa, eventi che hanno preceduto l'avvento di Lenin e quindi del regime bolscevico. Una rivisitazione storica vista dall'Italia sulla falsariga della rivoluzione francese di fine Settecento. Cosa vediamo apparire dopo tre anni di guerra in tutta Europa durante lo sforzo senza vie d’uscita, o di annientamento totale o di ricerca della pace tra gli imperi centrali, di Germania, d’Austria-Ungheria e degli Ottomani, da un lato, e britannici, francesi, italiani e russi sul fronte opposto? Molte tracce oramai confermano il finanziamento da parte del banchiere Parvus a Trockji e Lenin per l'uscita dalla guerra della Russia. Parvus muoveva ingenti capitali provenienti sia da grosse banche private statunitensi sia da fondi segreti dell'esercito tedesco. Il sistema bancario americano era sostanzialmente gestito da famiglie di origine ebraica emigrate in Nordamerica, le quali hanno sempre visto di cattivo occhio lo zarismo che aveva un'impronta chiaramente antisemita. Lo stesso coevo impero austro-ungarico era conservatore e accentratore ed era ostile alle nuove concezioni di Stato e mercato che il liberalismo angloamericano intendeva imporre anche in Europa a guerra finita. La Germania dal 1914 combatteva su due fronti, accerchiata e in difficoltà per non aver avuto subito facile vittoria come a Sedan nel 1870, vedeva risolutiva la possibile uscita dalla guerra della Russia. Opzione questa auspicata anche alla corte di Nicola II dal monaco Rasputin, assassinato nel 1916 a Pietroburgo con complicità inglesi, che volevano ovvio la Russia loro alleata impegnata in guerra, lunga mano inglese coadiuvata da aristocratici russi che odiavano il monaco, Rasputin per la sua grande influenza politica presso la corte imperiale. Uscito di scena Rasputin che perorava la causa di una pace separata perché vaticinava mali profondi nel tempo futuro per la Santa Russia, per sottrarre le proprie truppe al fronte dell'Est, per i suddetti interessi alla Germania altra via era agevolare la rivoluzione che avrebbe portato, come in effetti avvenne, ad una pace anticipata sul fronte dell'Est con gli accordi di Brest-Litovsk. E in questo gioco a più tavoli l'Italia, che grazie alle trattative segrete del ministro Antonino di San Giuliano, era passata dallo scoppio della guerra nel 1914, dalla triplice alleanza con Germania e Austria-Ungheria alla triplice intesa (impero britannico, Francia e Russia) con il segreto Patto di Londra entrava in guerra il 24 maggio del 1915, vedeva venir meno non solo milioni di soldati russi sul fronte dell'Est, con vantaggio dei tedeschi e degli austro-ungarici, ma all’Italia mancava un grande alleato, di antica e sincera memoria, la Russia zarista. In quanto la Russia era garante insieme alla Francia e all'Inghilterra del Patto di Londra, quindi della futura sfera d'influenza italiana, con annessioni ed espansione territoriale. Vi è di più! La sfera d'influenza italiana era peraltro già stabilita con lo stesso Zar Nicola II e Vittorio Emanuele III con gli Accordi di Racconigi del 24 ottobre 1909. Il regno d'Italia in forte e dinamica espansione sin dal 1859-61, e dopo la pace di Losanna del 1912 sconfitto l'impero Ottomano con la guerra iniziata nel 1911, per la conquista della Libia e del Dodecaneso, per noi italiani a tutti gli effetti la “Piccola guerra” e, con la “Grande guerra” del 1915-18 (per noi italiani anche detta Quarta guerra d'indipendenza) ancora il regno d'Italia andava espandendosi; e ancora avveniva il 9 maggio del 1936 in l'Africa orientale con l'annessione dell'Abissinia muovendo dalle colonie di Eritrea e Somalia; aveva raggiunto la nuova Roma proclamazione imperiale e gli italiani “inebriati” vedevano l’espansione per fame di terre di lavoro e popolamento su quasi 4 milioni di kmq. Per l’immaginario italiano significava allora lavorare e popolare terre non più in casa d’altri da emigrante. Uscendo di scena la Russia zarista nel corso della “Grande guerra” nel 1917, entrava nel conflitto l'America che a guerra finita con il presidente Wilson umiliava le aspettative dell'Italia vincitrice il 4 novembre del 1918, non rispettando le clausole territoriali stabilite dal Patto di Londra e creando il mito della Vittoria mutilata.
Far luce su questi avvenimenti ci aiuta meglio a definire l'“Europa decostruita” cui siamo giunto dal 1945-48, dal 1989-90, e in questi anni di decadenza nell'Europa che si vede in varie vicissitudini iniziata con alte finalità col Trattato di Roma del 1957 che istituiva la CEE e via via si è allargata, sfilacciandosi, sfibrandosi, o meglio decostruendosi, nel rapporto popoli europei e istituzioni nell'allargamento ad Est dell'Unione Europea a 28 Stati prima, e a 27 dopo la Brexit. Sempre in prospettiva come dire “rinascimentale”, ovvero a “volo d’uccello” la decostruzione della civilissima Europa era iniziata in realtà già con Trockij e Lenin, che entrarono a Mosca alla stazione ferroviaria “Finlandia” in un treno piombato di provenienza tedesca e riccamente finanziati! Sottolineare questi aspetti già noti, talvolta però dimenticati o censurati, ci fanno inquadrare la cosiddetta rivoluzione d'Ottobre nel quadro dei rapporti di forza occidentali giocati su più e più tavoli... Trockij, dopo la sua avventura della rivoluzione permanete riparato in Messico, non a caso venne eliminato da Stalin. Ma, Stalin va oltre. E cosa fa? La sua polizia stalinista elimina Christian Rakoskij, un uomo dai trentatrè nomi e cognomi ed anche trait d'union fra governo statunitense ed altre associazioni occidentali con il multiforme trasformismo del potere in Russia di quegli anni. Da Parigi, Rakoskij vede immutato il suo ruolo di incaricato d'affari russo, con lo zar, con Kameven, e anche con Trockij e con Lenin e, infine, con Stalin. Tornato a Mosca nel 1938, Stalin lo fa interrogare alla Lubianka da un fedele militante francese che conosceva Rakoskij dai tempi della gioventù. Questi, come dire, discreti contenuti della grande storia sono particolarmente interessanti, in quanto danno uno squarcio rivelatore di cosa è stata la rivoluzione sovietica dal 1905 al 1938. Rakoskij sotto interrogatorio nel 1938 rivela molte cose e la pagherà a caro prezzo, perché dopo aver perorato il Patto Ribbentrop-Molotov, Stalin, ad invasione tedesca avvenuta, lo farà uccidere e il suo corpo finirà gettato tra le nevi della Siberia. Tornado al regno d'Italia, stretta tra la proclamazione dei 14 punti di Wilson e i 10 punti di Lenin, dalla “soffiata” dei bolscevichi circa il segretissimo patto di Londra uscito dagli archivi segreti della Ochrana, la polizia segreta zarista, per cui si alzò la voce dell'americano Wilson contro i patti segreti, ebbene dopo le varie “oscillazioni politiche del pendolo” da sinistra a destra e viceversa negli anni rapsodici post primo conflitto mondiale nell’Europa intera, dall’Atlantico agli Urali, come si legge in Karl Polany nel suo libro “La grande trasformazione”, il Duce dell'Italia ebbe poi a fare una fine analoga ma speculare al corpo di Rakovskij per la Ragion di Stato e per una sorta di legge del contrappasso, a Piazzale Loreto. Non aveva Mussolini, la statura di ben altro dittatore, ovvero il Duce dei popoli socialisti: Giuseppe Stalin.
A ben osservare oggi l’Europa tutta, nel suo insieme divisa in parti tre, dopo la fine dell’Union Soviet e l’attuale de-fibrillazione dell’Unione Europea di Bruxelles, il lavoro dei signori del gioco su più tavoli, è ben riuscita.