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117 morti al largo di Tripoli: in nome del libero mercato, quello delle ONG

di Filippo Bovo - 20/01/2019

117 morti al largo di Tripoli: in nome del libero mercato, quello delle ONG

Fonte: Opinione pubblica


I 117 morti causati dal naufragio nel Golfo di Sirte di ieri non ci sarebbero stati, se non ci fosse stato l'incentivo dato dalle navi ONG che aspettano le bagnarole dei migranti in acque internazionali, per poi "stoccarli" nei porti europei, italiani in primis. E' una legge di mercato, tremendamente drammatica, di cui i beneficiari del cosiddetto "business dell'accoglienza" sono perfettamente consapevoli. Ma ben si guardano dal condannarla, preferendo molto più semplicemente cercare capri espiatori altrove, a cui affibbiare l'etichetta di "razzisti".


In un mondo dove il capitalismo è tutto, le leggi del libero mercato valgono ovunque. Per esempio: ieri 117 persone sono annegate nel Golfo della Sirte, al largo di Tripoli? E’ spiacevole doverlo dire, ma forse non si sarebbero imbarcate, per poi annegare, su una bagnarola di fortuna, se non avessero saputo che ad attenderle vi erano le varie navi delle ONG, pronte a caricarle e a stoccarle come semplici merci nei porti europei, preferibilmente italiani.
Ciò avviene perché, con l’incentivo delle navi delle ONG pronte ad accoglierle in acque internazionali, è stata stabilita questa insolita legge di mercato, ovvero questa politica d’incentivi, che incoraggia l’emigrazione verso l’Europa e l’Italia in particolare: di fatto è come se qualcuno avesse drogato il mercato con incentivi niente affatto necessari. Inoltre, dopo questa politica d’incentivi, vi è quella data dal fatto che, in Italia, una joint-venture Partito-Chiesa, frutto del vecchio “compromesso storico”, lucra su queste persone per dar loro un’ospitalità.
Vale a dire che le varie cooperative rosse e bianche, Caritas ed associazioni varie intascano ogni giorno 35 euro a cranio (cifra per la verità ridotta secondo le ultime decisioni del governo ma, parliamoci chiaro, quei soldi è Bruxelles alla fine dei giochi a distribuirla) per ogni “migrante” o “clandestino” che ospitano nelle loro strutture, per dar loro in cambio un vitto ed un alloggio puramente aleatori. Pensate un po’ quanti soldi sono a fine mese, soprattutto se consideriamo che in caso di minori non accompagnati diventano addirittura 110 euro al giorno: e tutti sappiamo che pur di far crescere il guadagno si arriva a far passare per minori non accompagnati anche gente chi palesemente non lo è, bella adulta e vaccinata.
Si tratta di un vero e proprio business, il cosiddetto “business dell’accoglienza”, che consente a tutta una serie di personalità, rigorosamente italiane ed ammanicate con la sinistra o con la Chiesa (ma anche dotata di qualche “pezza d’appoggio” dalle origini africane, e molto attive da noi nel campo dei presunti “diritti umani”), di rifarsi da capo l’agriturismo, l’albergo, la stamberga e tutto quel che vogliamo. A spese dei contribuenti italiani ed in nome dei migranti, per i quali l’Europa, ovvero l’Italia, sgancia fior di milioni: perché quei soldi che vengono da Bruxelles, ripetiamolo, in precedenza erano a Roma. Ovvero: a Torino, a Milano, a Genova, a Palermo, a Bari, a Perugia, ecc.
E poi questa gente ha pure il coraggio di dire, a chi gli fa notare tale bieco e vergognoso sistema di sfruttamento, che è un razzista. Mah, in tutta onestà i veri razzisti ci sembrano loro, che hanno pensato di rifarsi da zero la vecchia stamberga dopo averci messo dentro un po’ di migranti per qualche anno, o che ancora si sono messi in testa di fare la bella vita, guadagnando migliaia di euro al mese, semplicemente rinchiudendo i loro ospiti in una delle loro baracche. La morale sul razzismo da parte di chi non si fa mancare niente grazie al “business dell’accoglienza”, sinceramente, non ci mancava affatto e certe voci che in questo momento sentiamo schiamazzare e starnazzare meglio farebbero, di tutto cuore, a tacere: per la loro stessa e personale dignità, prima ancora che per rispetto delle nostre orecchie e della nostra intelligenza.