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La triplice alleanza (governo-sindacati-partiti)

di Gianfranco La Grassa - 31/10/2006

 

Mi riallaccio al precedente articolo di Mauro Tozzato per “pepare” ancora di più la questione della Finanziaria, ribattezzata dagli infausti ex compagni rifondaroli la manovra degli “anche i ricchi piangano”.

A conti fatti, questa finanziaria toglie e distribuisce briciole sia agli strati medio-alti che a quelli più bassi, anche se viene presentata con una pomposità "protagorica".

Di fatti, per nascondere menzogne sesquipedali, fioccano i discorsi antilogici con i quali il centro-sinistra deve ribattere alle accuse di tartassare gli italiani senza alcun reale beneficio per i ceti sociali che si vanta di rappresentare.

Un piccolo esempio, hanno urlato per settimane che avrebbero punito i proprietari dei SUV, gente ricca, ovviamente, per la quale non mi dorrei nemmeno un istante. Dopo aver creato il polverone si è fatto un passo indietro, come del resto è sempre accaduto sin da quando il governo si è insediato, la tecnica è quella di sparare 100 per avere 10 (da qualcun altro), in ossequio ad una logica di diversione continua. Come dicevo, salta la tassa sui SUV ed aumenta il bollo per tutte le auto con cavalli superiori a 130. Adesso, non credo che in questa fascia ci siano i paurosi capitalisti che avrebbero dovuto versare lacrime amare. Ma è solo un aspetto infinitesimale del problema complessivo. Prendiamo l’aumento delle tasse per i lavoratori autonomi. Alcuni di questi sono benestanti altri decisamente no e sono paragonabili a lavoratori dipendenti “dissimulati”. C’è però un aspetto che li accomuna e li rende egualmente “tartassabili”, ovvero, il fatto che si tratta di categorie professionali scarsamente sindacalizzate e sindacalizzabili da parte della “mafia” confederale. Tanto basta per svelare il primo perno di quella alleanza tra blocchi sociali della quale parlava ieri Gianfranco La Grassa. Dunque, il primo polo, quello che controlla un corposo blocco sociale, è quello sindacal-confederale (lavoratori dipendenti e i pensionati). Il polo opposto, anche questo ampiamente favorito dalla manovra finanziaria è quello delle banche (SanIntesa in primis), delle assicurazioni, e dal settore industriale della precedente rivoluzione industriale (leggi il settore auto in mano alla Fiat). Da qui comprendiamo che l’alleanza in questo momento preponderante è tra apparati che controllano grandi blocchi sociali eterogenei e contrapposti, i quali, oggi, non senza difficoltà, tentano di fare fronda per una spremitura  che lambirà alcuni segmenti sociali interni al loro confine ma che garantirà una stretta a teneglia su tutto ciò che a loro sta “in mezzo”.

Diciamo “ciò che sta in mezzo” proprio perché non vogliamo parlare di ceto medio, il quale, come bene dice La Grassa, è un concetto spazzatura utile solo a confondere le acque e a rendere inintelligibili le “sfumatore” che segmentano e stratificano questa “terra di mezzo”.

Tuttavia, non si tratta semplicemente della solita alleanza tra apparati socialdemocratici e apparati del Grande Capitale. In questa congiuntura di vacche magre le grandi imprese stanno attirando tutte le risorse necessarie alla propria sopravvivenza nella speranza (speriamo vana) che la predominanza del paese al quale sono attualmente legate (USA) ritorni più salda e garantisca loro un bivacco più riparato. In realtà, l’andamento economico statunitense è lungi dal prefigurare una ripresa vigorosa (la quale renderebbe più copiose le briciole concesse alla finanza e all’industria dei paesi controllati e ad essa fedeli, come è appunto l’Italia), i problemi che gli Usa stanno attraversando sono molteplici, e sono tanto di tipo economico che di tipo politico. I potentati italiani si sono indirizzati verso questa strategia (di corto respiro) che potremmo definire del temporeggiamento che implica il compattamento intorno a sé del blocco sociale costituito dagli strati medio-bassi (controllati da apparati organici alla cornice sistemica, come i sindacati o i partiti della sinistra) già abbondantemente “strizzati” in questi ultimi decenni. Siccome non c’era più succo in questi limoni, si è virato direttamente contro i cosiddetti ceti medi, più o meno risparmiati in questo stesso periodo. Certo è che operazioni di questo tipo richiedono un ben rodato schermo ideologico che faccia apparire tutto più confuso (per questo oggi si avvalora, tanto da destra quanto da sinistra, la solfa sulla neo-statalizzazione che, antilogicamente, viene descritta o come la via dell’equa redistribuzione delle risorse da parte di un organo neutrale (centro-sinistra) o come la restaurazione di un ordine sociale ormai “passato in giudicato”(cento-destra)). Chiaramente non si tratta né dell’una né dell’altra cosa.

In questa operazione la Grande Impresa non poteva avere una sponda nella destra, sia perché quest’ultima ha come suo tradizionale bacino elettorale il ceto medio, sia perché occorreva coinvolgere in questa apparente “robinhoodata” quei blocchi sociali vessati  dalla perdita di tutte quelle garanzie sociali conseguenti alla fine del Welfare State. Chi, allora meglio dei Sindacati (con la loro retorica “lavoristico-dipendente” e “pensionistica)” e dei partiti della Sinistra abituati ad un linguaggio redistributivo socialisteggiante, poteva svolgere tale compito? Per chi conosce la logica del Divide et Impera, sa bene quanto valgano gli atavici dissapori (tra lavoro autonomo e lavoro dipendente) da portare al parossismo quando vi è necessità.

Suffraghiamo tali ipotesi teoriche con la prosaicità dei fatti. I vantaggi previsti per la grande impresa non sono mai stati messi in discussione (Montezemolo avrà il suo bollo gratis per 3 anni e le banche apriranno conti correnti a tutti quelli che dovranno pagare un professionista) i vantaggi per i ceti medio-bassi si risolvono in pochi euro all’anno che non cambiano la vita a nessuno. Sotto i 35 mila euro ci sarà un risparmio che si aggira sui 53 centesimi al giorno, da suddividere sui vari componenti della famiglia. Questa sarebbe l’equa redistribuzione delle risorse annunciata dalla coalizione di centro-sinistra e da quella faccia di bronzo di Prodi?

Ma se il Governo prende per dare così poco dove finirà tutto il resto? Le facce del “padronato sindacale” dicono molto. Montezemolo, invece, per quanto abbia ottenuto (più o meno) quello che voleva non è così ridanciano. I piccoli e medi imprenditori, da lui più volte ingannati, cominciano a scendere in piazza. Se il governo non tiene occorrerà trovare presto una soluzione che allarghi di più il compromesso ma che, al contempo, potrebbe finire per annacquare il progetto originario. La Grosse Koalition potrebbe essere la soluzione più veloce ma non è detto che alla lunga si riveli quella migliore. Staremo a vedere.