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L’ex segretario di Stato Usa consulente del Papa

di Paolo Mastrolilli - 06/11/2006

 
DIPLOMAZIA IL PONTEFICE HA RICEVUTO IL VECCHIO NEGOZIATORE AMERICANO DI ORIGINE TEDESCA IL 29 SETTEMBRE SCORSO A CASTEL GANDOLFO

Wojtyla aveva tra gli interlocutori più ascoltati Zbigniew Brzezinski ministro degli Esteri di origine polacca del presidente democratico Carter
L’ex segretario di Stato consulente del Papa per la politica estera



Benedetto XVI ha chiesto a Henry Kissinger di entrare in un consiglio consultivo per i temi di politica estera, e lui ha accettato. La notizia l’ha rivelata lo stesso ex segretario di Stato americano, parlando con un importante membro del governo italiano. Autorevoli fonti diplomatiche della Santa Sede hanno confermato che fra i due è in corso un dialogo importante.

Il Papa ha ricevuto Kissinger a Castelgandolfo poche settimane fa, e nel corso di questo colloquio gli ha chiesto di entrare a far parte di quello che il diplomatico americano ha definito un «advisory board». Le fonti vaticane hanno dichiarato che l’appuntamento c’è stato e l’informazione era pubblica. Quanto alla creazione del «board», non hanno né confermato, né smentito. Aldilà del carattere istituzionale o meno della consulenza, non è inusuale per la Santa Sede ricorrere ai consigli di specialisti laici esterni. Sono noti, ad esempio, i suggerimenti economici offerti dall’ex governatore della banca centrale tedesca, Hans Tietmeyer. Lo stesso Michel Camdessus, una volta lasciata la direzione del Fondo Monetario Internazionale, ha partecipato a vari convegni di studio organizzati dal Vaticano.

Il Santo Padre si avvale da secoli della Pontificia Accademia delle Scienze, di cui hanno fatto parte decine di studiosi di tutto il mondo. In questo momento, ad esempio, tra i suoi membri ci sono personaggi come Rita Levi Montalcini, o il premio Nobel per l’economia Gary Becker, successore di Milton Friedman alla guida della scuola di Chicago e da sempre consigliere del Partito repubblicano americano. Sul piano della politica estera, era famosa e molto chiacchierata l’amicizia tra Giovanni Paolo II e Zbigniew Brzezinski, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter. La comune origine polacca li univa, al punto che il Kgb era arrivato a sospettare che l’elezione di Karol Wojtyla fosse un complotto ordito dalla Central Intelligence Agency e dal cardinale americano di Philadelphia Krol, allo scopo di creare scompiglio oltre la cortina di ferro. I due presunti protagonisti ridevano di questa storia, tanto che dopo la morte di Wojtyla, Brzezinski ci raccontò: «Quando vedevo Giovanni Paolo II, lui mi rimproverava sempre con severità. Visto che tu mi hai fatto papa - diceva - potresti anche passare a trovarmi più spesso».

Il complotto temuto dal Kgb era fantasia, ma il rapporto politico esisteva, tanto è vero che la notte del golpe di Jaruzelski fu proprio Brzezinski a chiamare Wojtyla per informarlo. Joseph Ratzinger e Henry Kissinger condividono l'origine tedesca, e questo potrebbe facilitare anche il loro dialogo. Il nome dell’ex segretario di Stato è tornato alla ribalta sulla scena americana nelle ultime settimane, a causa del libro di Bob Woodward «State of Denial». Il giornalista, che durante la presidenza Nixon denunciò lo scandalo Watergate, ha rivelato che Kissinger è uno dei consiglieri più ascoltati da George W. Bush. Le sue visite alla Casa Bianca sono tanto frequenti, quanto riservate, e il presidente aveva dimostrato tutta la sua stima quando aveva chiesto all’ex segretario di Stato di guidare la Commissione d’inchiesta sull’11 settembre. Un conflitto di interessi, però, aveva obbligato il diplomatico a rinunciare all’incarico. Tra i repubblicani Kissinger è il portabandiera della corrente dei realisti, da sempre rivali dei neoconservatori, e quindi il suo ruolo nella Casa Bianca di Bush ha un po’ sorpreso. Qualcuno lo ha letto come il segno di un’inversione di tendenza, inaugurata dall’arrivo di Condoleezza Rice al vertice della diplomazia di Washington. Woodward, però, ha scritto che la posizione dell’ex segretario di Stato sull’Iraq non è diversa da quella che aveva in origine sul Vietnam. Lasciando da parte il suo giudizio sulla decisione di scatenare la guerra, ora ritiene che sia indispensabile non cedere. Perciò, secondo il giornalista del Washington Post, avrebbe sempre consigliato a Bush di non ritirarsi.

Gli argomenti della recente conversazione di Kissinger con Benedetto XVI restano riservati, ma le questioni internazionali che interessano più da vicino la Santa Sede sono note. In primo luogo il rapporto con l’Islam, anche in vista del prossimo viaggio del Papa in Turchia. Poi naturalmente l’Iraq, la situazione in Medio Oriente e nel Libano, la sfida del terrorismo, lo sviluppo dei paesi poveri e dell’Africa, ma anche le relazioni transatlantiche, che sono state confermate e rafforzate da Ratzinger. Un altro problema urgente è quello dell'Iran. Kissinger ha detto al suo interlocutore italiano di ritenere che l’unica via d’uscita ragionevole sarebbe negoziare con Teheran l’assegnazione di un ruolo da garante della stabilità nella sua regione, ma la base repubblicana e neocon si oppone. L’ultimo incontro tra Papa Benedetto XVI ed Henry Kissinger è avvenuto a fine settembre, a Castel Gandolfo

Kissinger ha avuto un rapporto spesso complicato con la politica italiana, e in particolare con il leader democristiano Aldo Moro. L’ex segretario di Stato non apprezzava il suo modo di comunicare, che giudicava poco diretto, e dopo un incontro si lamentò perché Moro si era addormentato. In realtà fra i due c’erano profonde divergenze politiche. All’inzio degli anni Settanta il leader democristiano stava considerando l’ipotesi di includere il Partito comunista nel governo, ma questa idea era stata giudicata in maniera negativa a Washington. Durante un vertice a due, proprio Kissinger aveva cercato di dissuaderlo dal progetto, dicendo che lo considerava molto pericoloso e strategicamente sbagliato. In seguito Moro avrebbe raccontato di essersi sentito minacciato nei colloqui con gli interlocutori americani.