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Il Libano verso la guerra civile

di Dagoberto Bellucci - 15/11/2006



“Storica” riunione, ieri, del governo di Beirut. Che completa il disegno criminale atlantico di destabilizzazione del Vicino Oriente iniziato con l’assassinio di Rafiq Hariri (un omicidio-pretesto servito a Washington per immettere un’ipoteca anti-araba nel Libano) e accelerato, la scorsa estate dalla vergognosa aggressione israeliana al Paese dei Cedri.
E’ stato lo stesso premier Fuad Siniora a definire "storica" la riunione di un governo dimezzato, privo dei cinque ministri che rappresentano la maggioranza sciita e del ministro di estrazione greco-ortodossa e dichiarata non valida dallo stesso presidente della Repubblica cristiano Emile Lahud.
Una riunione mirata all’unico fine di approvare la creazione di un tribunale internazionale - proposta dall’Onu - per processare la Siria, ritenuta speciosamente responsabile dell'attentato in cui lo scorso anno fu ucciso l'ex premier Rafiq Hariri.
Dopo le dimissioni dei cinque ministri sciiti, Hamadeh e Fneish di Hizb'Allah, i due di 'Amal e il potente ministro degli Esteri Fouzi Salloukh, di sabato tardo pomeriggio, ieri anche il ministro dell'Agricoltura, greco-ortodosso, aveva presentato le proprie dimissioni considerando la riunione “illegale e incostituzionale”. Secondo la carta costituzionale libanese, infatti, la presidenza della Repubblica, l’esecutivo e le istituzioni parlamentari del Paese dei Cedri debbono essere calibrate secondo una equilibrata rappresentanza di tutte le espressioni religiose presenti nel Libano.
La situazione a questo punto è sul punto di precipitare anche perché sia Hizb'Allah che i partiti del fronte nazionalista (che comprende gli sciiti di 'Amal, la corrente patriottica libera del generale cristiano Michel Aoun, i comunisti di Khaled Haddad, i nazionalsocialisti pro-siriani, i partiti minori sunniti e drusi e tutte le formazioni che hanno sostenuto la Resistenza durante l'ultima aggressione sionista) hanno già dichiarato il ricorso alla piazza.
La provocatoria mossa dalla presidenza del consiglio, che ha voluto riunire ugualmente un esecutivo ridotto ai soli rappresentanti pro-americani delle forze del 14 Marzo , rischia di precipitare il Libano in una nuova guerra civile, così come desiderato da Washington e Tel Aviv.
Un Libano sempre più politicamente diviso tra nazionalisti e atlantisti dove già una decina di giorni or sono si sono avuti i primi scontri tra le Forze Libanesi di Samir Geagea (l’ “esecutore” delle stragi di Sabra e Chatila) e le milizie cristiane del generale Aoun.
C’è dunque chi, a tutti costi, lavora per ri-accendere la miccia, destabilizzare e far esplodere, questa volta partendo dal Libano, l'intero Vicino Oriente.
E in gioco non c’è soltanto l’indipendenza di uno Stato e la dignità nazionale di tutti i libanesi: c’è anche la libertà di tutti i popoli del mondo.