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La vera minaccia nucleare

di Helen Caldicott - 17/11/2006

   



Lo scandalo della Corea del Nord ci sta facendo perdere di vista che il mondo deve ancora facendo i conti con migliaia di missili ICBMs statunitensi e russi.

È difficile sottostimare le problematiche connesse al recente test nucleare nordcoreano. Successivamente alla piccola esplosione atomica di meno di un kilotone (Hiroshima fu di 13 Kilotoni) in una regione montuosa della Corea del Nord, l'amministrazione USA sta spingendo per delle severe sanzioni economiche da applicare ad una nazione disperatamente povera, dove milioni di persone sono denutrite, e che in futuro ostracizzerà il suo regime paranoico, mentre il resto del mondo osserva con orrore la minacciosa corsa agli armamenti nucleari. Un'ulteriore proliferazione è un problema molto serio, visto che sempre più nazioni si preparano a varcare la soglia del club dei nucleari; ciononostante la comunità internazionale ignora una consistente e terrificante minaccia, che continua a mettere a repentaglio la maggior parte delle specie planetarie.

Infatti, i veri stati “canaglia” che tengono ancora sotto scacco nucleare il mondo sono la Russia e gli Stati Uniti. Contrariamente a quello che si pensa, il pericolo di un attacco nucleare di massa (sia scatenato per incidente, che per errore umano o malfunzionamento) è aumentato.

Del totale delle 30000 armi nucleari del mondo, il 96 per cento lo posseggono oggigiorno la Russia e gli Stati Uniti. Di queste, la Russia tiene puntate la maggior parte delle sue 8200 testate strategiche contro bersagli negli Stati Uniti e in Canada, mentre gli Stati Uniti tengono puntati le loro 7000 bombe all'idrogeno su piattaforme missilistiche russe e centri di comando. Secondo un rapporto del Consiglio per la Difesa delle Risorse Nazionali (NRDC), un gruppo ambientalista americano, ognuna di queste testate termonucleari ha circa 20 volte il potere distruttivo della bomba di Hiroshima

Di queste 7000 armi strategiche statunitensi, 2500 sono posizionate in missili balistici intercontinentali che sono in costante allerta e pronti al lancio; altre 2688 bombe all'idrogeno sono installate in dei missili collocati su 14 sottomarini Trident, la maggior parte pronti al lancio istantaneo. Secondo il Centro Informativo della Difesa, un gruppo che analizza le politiche di difesa degli Stati Uniti, nel caso di un attacco sospetto, il responsabile del Commando Aereo Strategico Americano ha solo 3 minuto per decidere se si tratta di un allarme nucleare valido. Ha 10 minuti per localizzare il presidente per un briefing di 30 secondi sulle possibilità di attacco, successivamente il presidente ha 3 minuti per decidere se lanciare le testate e per considerare quale piano predeterminato adottare per i bersagli. Una volta lanciati, i missili raggiungeranno i loro obiettivi russi in 10 o 30 minuti.

Una situazione analoga esiste in Russia, anche se diversamente dalle strumentazioni d'allarme preventivo NORAD combinate di Stati Uniti e Canada, il sistema russo sta andando in rovina rapidamente, i suoi satelliti sono quasi fuori combattimento e ci si affida a un primitivo radar OTH (Over the Horizon) per dare l'allarme di un possibile attacco segreto da parte degli Stati Uniti. I leader politici e militari russi sono abbastanza in paranoia per questa situazione straordinaria di post guerra fredda. Lo sono talmente tanto che nel gennaio del 1995 il presidente Boris Yeltsin si fermò a meno di 10 secondi dallo scatenare la sua armata nucleare, quando il lancio di un satellite meteorologico norvegese era stato scambiato da Mosca con un attacco nucleare preventivo americano. Molte paesi e città con più di 50000 abitanti, situate nel continente nordamericano sono obiettivo di almeno una bomba all'idrogeno. Basterebbero 1000 bombe fate esplodere su 100 città per provocare un inverno nucleare e mettere fine alla maggior parte della vita sulla terra. Ci sono meno di 300 grandi città nell'emisfero boreale.

La vera proliferazione delle armi nucleare è questa. Un rapporto dell'Ufficio Americano sugli Studi Militari Esteri del Gennaio 2002, “Prototipi per colpire l'America, un bilancio sugli Armamenti Sovietici”, afferma che New York, per esempio, è il bersaglio principale della regione atlantica successivamente alle maggiori installazioni militari. Un rapporto del Servizio di Valutazione Tecnica del Congresso degli Stati Uniti, commissionato negli anni 80, ma ancora rilevante, stimava che il piano nucleare sovietico prevedesse due bombe da un megatone puntate suiognuno dei tre aeroporti a New York, una puntata su ognuno dei ponti principali, due a Wall Street e due su ognuna delle tre raffinerie petrolifere. Gli altri maggiori centri ferroviari e centrali energetiche erano inoltre sotto tiro, insieme alle strutture portuarie. Il Dipartimento Federale Gestione Emergenze (FEMA) valuta che New York sarebbe annientata dall'esplosione nucleare e dalle successive pioggia di fuoco e pioggia radioattiva.

Milioni di persone morirebbero istantaneamente. I sopravvissuti morirebbero entro breve dalle bruciature e per l'esposizione alle radiazioni. La cosa più terrorizzante è che i sistemi di allarme preventivo sia russo che Americano registrano giornalmente dei falsi allarmi, causati da incendi, lanci satellitari o riflessi solari sulle nuvole o sugli oceani. Quello che più preoccupa gli Stati Uniti e la Russia è la minaccia terroristica o quella degli hacker che potrebbero entrare e disturbare in sistema computerizzato di allarme e i centri di comando. Inoltre, mentre il mondo tenta di scendere a patti con un nuovo possibile ma minuscolo membro del club nucleare, il Concilio di Sicurezza, l'Amministrazione e il Congresso degli Stati Uniti, il Governo canadese e il Cremlino, non ammettono quale sia il pericolo più serio (migliaia di bombe all'idrogeno sempre in stato di massima allerta).

Cosa ha prodotto questo stato di globale lobotomizzazione, e perché queste questioni non sono mai dibattute ufficialmente? Ora che la Russia e gli Stati Uniti intrattengono un'amichevole e produttiva relazione, è ora di ribadire quello che, senza precedenti, stabilirono Ronald Regan e Mikhail Gorbachev a Reykjavic nel 1988, ovvero abolire le armi nucleari da ambo le parti. Solamente in quel momento le superpotenze nucleari avranno l'autorità morale di promuovere, legittimamente e attivamente, il disarmo nucleare multilaterale, attraverso le Nazioni Unite e di controllare le altre nazioni per scoraggiarne un'ulteriore proliferazione. La Francia e la Cina sono già d'accordo di eliminare le loro armi nucleari, se le superpotenze dovessero disarmarsi. Israele, il Pakistan e l'India che non hanno ratificato il Trattato di non Proliferazione, avranno bisogno di ulteriori pressioni.

Il premio nobel Mohamed El Baradei, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ha fatto un appello per stabilire una road map chiara per il disarmo nucleare.

Il tempo non è dalla nostra parte.


di Helen Caldicott
Traduzione di Max Bonatto
da www.zmag.org