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Commento allo Zarathustra

di Sossio Giametta - 17/11/2006

Fonte: brunomondadori.com

Sossio Giametta

COMMENTO ALLO ZARATHUSTRA

Bruno Mondadori 2006

Dopo gli storici lavori di Naumann (1901) e Weichelt (1910), il primo commento italiano all’opera di Nietzsche condotto capitolo per capitolo. L’opera di Sossio Giametta mostra Così parlò Zarathustra come l’esplosione del genio morale e poetico di Nietzsche che, in combinazione ma anche in contrasto con le sue tesi filosofiche, costituisce una summa della sapienza occidentale. Guida alla grandezza, ditirambo alla purezza e canto di solitudine, lo Zarathustra insegna il valore del corpo e l’attaccamento alla terra, incita all’amore di sé, che è sacrificio, e all’amore della vita, che è fierezza, responsabilità e lotta, contrapponendosi ai Vangeli cristiani, che negano valore autonomo alla vita e impediscono di cogliere la pienezza per cui vale la pena di vivere e morire.
Una lettura attenta e acuta, condotta sull’edizione critica, di una delle più significative opere del pensiero occidentale. Un’interpretazione controcorrente di un autore discusso, a cui si affiancano una puntuale analisi stilistica e una ricostruzione completa delle fonti e dei riferimenti culturali e filosofici di Nietzsche.

Professor Giametta, può parlarci di Così parlò Zarathustra ?

Nietzsche considerava Così parlò Zarathustra il suo capolavoro. A suo parere le opere di altri grandi poeti o geni come Goethe e Shakespeare non erano paragonabili a Così parlò Zarathustra.

Ci sono molti studiosi di Nietzsche che non amano lo Zarathustra. Penso in primo luogo a Mazzino Montinari, Eugen Fink, Gianni Vattimo e anche Claudio Magris, i quali preferiscono le opere aforistiche.

A mio parere lo Zarathustra è una grande opera anche poetica. In primo luogo è un'opera di pensiero, per cui non si può dire un poema fallito, anche se un'opera poetata - "gedichtet", dice Nietzsche stesso al suo amico Erwin Rohde: "Non sono aforismi, ma è un'opera poetata". È un'opera di pensiero che ha cornici narrative, parti moralistiche e parti filosofiche, squarci mistici, voli lirici. Essa tuttavia comprende anche della grande poesia, come in certi capitoli, per esempio "Il canto della notte", "Il canto dei sepolcri", l'inizio stesso del "Proemio", cioè l'"Allocuzione al sole", una lirica in realtà. Dunque è in realtà impossibile negare la grande poesia dello Zarathustra, perché ci sono delle immagini folgoranti, dei passi veramente irresistibili, delle invettive, inni, odi. Ci sono delle liriche alla Hölderlin, come "Prima del levar del sole", ci sono "I sette sigilli", c'è la canzone "Eba" musicata anche da Mahler. Quindi veramente non si può dire che lo Zarathustra non abbia arte, non sia anche molto poetico. Ma, ripeto, in primo luogo è un'opera di pensiero.

 

2. Lo Zarathustra, che Lei ha anche illustrato dal punto di vista stilistico, sembra composto di vari elementi, che vengono tenuti mirabilmente insieme. Il risultato ne fa un'opera chiara o permane un'oscurità, data l'eterogeneità degli elementi sia stilistici che di pensiero?

Mazzino Montinari, che era il grande filologo nietzscheano che tutti sanno, diceva che lo Zarathustra è un'opera chiara in sé e che quindi non c'è bisogno di fare riferimenti e parallelismi. Il fatto è che lo stesso Nietzsche riteneva che quest'opera fosse incomprensibile, perché si rifaceva ad esperienze personali. Si lamentava con l'amico Erwin Rohde del fatto che tra i vivi né tra i morti riuscire a trovava qualcuno con cui spartire queste esperienze. Egli soffriva di una enorme solitudine, che però gli ha consentito di fare quest'opera così originale. Lo Zarathustra ha una grande chiarezza, una chiarezza addirittura abbagliante, che rende chiara la lingua della quale io mi sono innamorato e per cui l'ho tradotto. Che cos'è questa chiarezza? Normalmente uno pensa che le cose siano o chiare oppure oscure, nel senso che o si capiscono o non si capiscono. La chiarezza del Nietzsche di Così parlò Zarathustra è in realtà nitore, è bellezza, cioè è splendore d'arte, e non un fatto di comprensibilità, anzi è un mistero chiave, è quella che gli antichi classici chiamavano la profunda claritas, la chiarezza profonda, cioè è un mistero chiaro. Io lo paragono nel mio libro alla Gioconda di Leonardo, perché in questo quadro si vede una figura chiara, cioè risplendente, in primo piano, attorniata da caverne, da atmosfere primitive, da nebbia, qualcosa di tellurico insomma, che fa pensare a questi fenomeni primigeni della terra. Che cosa vuol dire? Vuol dire che c'è una specie di comunicazione interna, cioè le forze vitali che a un bel momento si riuniscono e creano questa figura che è l'essere umano. Potrebbe essere l'evoluzione o - come alcuni credono - la creazione di Dio, che ha creato i vari esseri uno per volta e non per evoluzione. Ciò che in ogni caso mi interessa sottolineare è che in un quadro la figura umana è splendente ma non per questo chiara, anzi la bellezza della Gioconda sta proprio nel suo carattere indefinito. C'è un ordine che risulta dal caos. Lo stesso si può dire della la bellezza di Così parlò Zarathustra di Nietzsche; è uno splendore che però contiene un mistero, quindi in realtà è un libro oscuro, perché la stratificazione profonda dell'autore sfugge al lettore. Tutti i particolari sono chiarissimi, ma i problemi sorgono nel momento in cui si cerca di capire l'insieme dello Zarathustra .

3. Nietzsche dice che lo Zarathustra è un'opera senza modelli, paragoni, predecessori. E' vero, secondo Lei?

Nietzsche lo credeva fermamente. A dire il vero, anche a guardare i poemi, per esempio, di Karl Spitteler, i poemi cosmici che erano di moda a quel tempo, non si trova niente di veramente simile allo Zarathustra.. Nonostante questo, io ho cercato di mostrare in un mio libro su Nietzsche che c'era un modello ben preciso per lo Zarathustra, che in realtà è lo stesso personaggio, però sotto altri panni, ed è illustrato da un talento di tipo diverso, per non dire opposto. Nietzsche da ragazzo è stato un appassionato lettore ed estimatore di Hölderlin. Egli aveva fatto due tentativi di scrivere a sua volta l'Empedocle, che è l'opera principale, la tragedia principale di Hölderlin. Essa parla di questo filosofo che si butta nell'Etna quando ha raggiunto il massimo di grandezza e, per così dire, vuole crescere al di là della forma umana e allora spezza questa forma, si suicida - un suicidio di grandezza, chiamiamolo così. Poi Nietzsche non ha parlato più di Hölderlin. In realtà l'ha talmente introiettato, che è continuato a crescere sopra questo modello; però ad un'analisi serrata si possono vedere le molte similitudini del personaggio, la fondamentale identità del personaggio e delle sue vicende. Quindi sotto Zarathustra c'è in realtà l'Empedocle di Hölderlin. E non si tratta solo di un'affinità per quanto riguarda il personaggio. Nietzsche in realtà è l'unico vero grande seguace di Hölderlin.

Per esempio Charles Andler, grande biografo francese, ha scritto una biografia in tre grandi volumi, pubblicati da Gallimard, dove elenca quattordici precursori, fra cui Hölderlin, ma poi non si sofferma particolarmente su di lui, ne parla alla stregua di tutti gli altri. Alcuni capitoli dello Zarathustra, quello che si intitola "Prima del levar del sole", e poi "I sette sigilli" e poi ancora qualche altro, sono concepiti ed eseguiti in puro stile hölderliniano. Perché però questa cosa non viene fuori? Perché in realtà l'ingegno poetico di Nietzsche era quasi opposto a quello di Hölderlin. Già Goethe, al tempo in cui Hölderlin si era presentato da lui e da Schiller proponendo le sue poesie, avevano visto che la sua poesia era povera di concretezza. Croce la definisce una poesia "orante", cioè una specie di preghiera, qualcosa di mistico. E della poesia di Hölderlin si vanta la musicalità, cioè il ritmo, ma non la concretezza, non le immagini. E' un poeta del cielo, dell'etere. Nietzsche ha un ingegno estremamente concreto come poeta; è il poeta della terra.

Nietzsche dice in Ecce homo di avere scelto la figura di Zarathustra, perché all'antico persiano va il merito di aver distinto il bene dal male, di aver creato quella dicotomia, che lui con lo Zarathustra si propone di superare.

 

4. Può parlarci della figura del "superuomo"?

Il "superuomo", insieme alla concezione dell'"eterno ritorno", a quella della grande politica, in genere all'avvenirismo di Nietzsche, è quello che io chiamo il "Gestell", con una parola heideggeriana, cioè l'"impalcatura", del pensiero nietzscheano. In un primo momento il filosofo si è scagliato contro la filosofia, in particolare contro la metafisica, ma una volta abbattute queste cose, gli è rimasto un vuoto da colmare e si è rifatto a queste figure, a questi miti. Per me si tratta di cattivi miti. Il "superuomo", o, come molti lo chiamano l'"oltreuomo", ha molti significati. In generale il termine indica l'uomo che ha superato questa dicotomia del bene e del male, l'uomo che è capace di affermare la vita, è capace dell'affermazione pura, di "dir di sì alla vita", dice Mazzino Montinari. Quello di Nietzsche è il sì di un poeta che nel suo afflato cosmico pareggia, per così dire, il volo dell'universo. E' l'affermazione pura, è un'utopia perché in Nietzsche soprattutto c'era un interiore elemento poetico che ha sconquassato poi anche il suo pensiero, lo ha reso anche enigmatico - infatti le interpretazioni non finiscono mai e sono molto diverse l'una dall'altra.

Nietzche artigliere prussianoIn quanto proviene dalla sua fondamentale ispirazione poetica, il "superuomo" è un'utopia positiva, poetica a sua volta. Ma il fatto è che il "superuomo" proviene purtroppo anche da una debolezza caratteristica di Nietzsche, cioè dal fatto che era un ipersensibile, incapace di sopportare l'uomo così com'è, nel suo bene e nel suo male, nelle sue miserie, di tanti se non di tutti. Allora ha concepito per debolezza, non per forza, questa figura del superuomo. Lui, soprattutto nella prima parte di Così parlò Zarathustra, ha sempre parlato del "superuomo" come di una speranza dell'avvenire. Qui bisogna considerare che era l'epoca del darwinismo nelle scienze, dell'evoluzionismo di Lamarck e di Darwin ed anche l'epoca del divenire hegeliano. Nietzsche stesso ha concepito l'uomo come un ponte verso il "superuomo", dunque come una forma che potesse essere superata. Egli dice, per esempio, in Così parlò Zarathustra : "Che cos'è la scimmia? Una dolorosa risata, è una vergogna", eccetera. "Eravamo vermi e siamo diventati uomini, c'è ancora nell'uomo tanto del verme"-, così l'uomo era una corda tesa tra, diciamo, la scimmia e il "superuomo". Secondo lui bisognava superare i confini della specie, addirittura, e sfociare in questa forma superiore che è il "superuomo". Purtroppo tutte queste cose avevano dei riscontri storici, che molti non colgono: era l'epoca che portava queste cose, non solo nel senso culturale, ma anche nel senso politico.

5. E' pensabile la filosofia di Nietzsche, il Così parlò Zarathustra, senza l'esito "superuomo", o è un elemento finale?

E' una delle figure più caratteristiche di Nietzsche, come la figura dell'"eterno ritorno", quindi sarebbe difficile togliere queste figure e far sì che Nietzsche resti quello che è. Egli stesso ha detto che se si toglie la gobba al gobbo, il gobbo non è più lui; purtroppo queste figure sono un po' la gobba di Nietzsche. Bäumler ha detto che il Così parlò Zarathustra si può concepire senza la teoria dell'"eterno ritorno", perché è qualcosa di aggiunto che non fa parte organicamente dell'opera. Sono d'accordo in questo con Bäumler, e sono d'accordo con Bäumler contro Nietzsche. La teoria dell' "eterno ritorno", purtroppo, già nei suoi stessi termini non funziona. In realtà non ha nessun senso questa teoria, perché le cose che si creano infinite volte però a noi sono sconosciute, saranno sconosciute anche nelle infinite altre vite in cui ritornano tutte le cose. Invece è molto importante, ed è in accordo con la teoria di Nietzsche del divenire tragico della visione dionisiaca, l'"eterno ritorno" non dell'uguale, ma del disuguale, cioè non delle stesse cose, ma delle stesse forme vitali con individui sempre diversi, nel senso omerico. Omero dice che gli uomini sono come le foglie, che cadono in autunno e sono sostituite, queste che cadono, da una nuova generazione a primavera. Ecco, le foglie saranno magari sempre le foglie dei platani, dei castagni, però sono sempre diverse l'una dall'altra, al punto che non ce n'è nessuna che sia uguale ad un'altra, mai. Gli individui sono unici e irripetibili, però le forme vitali, cioè il castagno, il platano eccetera, producono sempre quel tipo di foglie, così anche gli esseri umani nasceranno sempre uomini, uomini e donne, che avranno bisogni fondamentali, spirituali e fisici, fisiologici, come i nostri, però saranno individui sempre diversi.

6. Se fosse possibile sintetizzarlo, secondo Lei quale sarebbe il messaggio dello Zarathustra?

Il messaggio dello Zarathustra, al contrario di quello che molti pensano, non è mistico. E' un messaggio laico, di un moralista, di un moralista il quale aveva osservato nella sua epoca la decadenza dei grandi valori che avevano avuto vita e che erano stati alla base della vita della società europea. Aveva osservato la decadenza del Cristianesimo, un'ipocrisia, un'anticaglia decrepita che quindi non reggeva più veramente la vita, era una "cura del sonno".Egli dice. "La virtù cristiana era diventata una cura del sonno", cioè la gente si atteneva alle parole, alle formule, però in realtà non seguiva i valori cristiani, cioè non era più un valore il Cristianesimo al suo tempo. E così anche gli altri valori. Nietzsche ha osservato la decadenza intorno a sé e si è armato contro questa decadenza, si è armato, diciamo, dei valori antichi, dei valori pagani, perché era naturalmente, in quanto filologo, un grande cultore della grecità e ammirava i Romani - sopra tutti gli altri popoli, anche sopra i Greci -, i Romani che avevano donato all'Europa lo Stato e il diritto. Dei Greci lodava naturalmente l'arte e la filosofia.

Nietzsche si rifaceva soprattutto alla virtus classica, virtus nel senso della forza, del coraggio, delle qualità virili soprattutto. Aveva deciso di combattere una battaglia contro la decadenza e aveva abbandonato anche Schopenhauer, che era stato il suo primo maestro e Wagner, di cui era stato grande amico. La sua battaglia è valida finché combatte contro l'ipocrisia. Nietzsche insegna il rispetto del corpo, il rispetto delle cose prossime, non delle cose ultime, cioè non della metafisica. Nietzsche combatte contro la metafisica, combatte contro le illusioni e intende per illusioni anche il credere di ascoltare Dio: è sempre l'uomo che parla, anche quando egli crede di ascoltare Dio. Nietzsche dice che questa voce di Dio viene dalla pancia dell'uomo, dal ventre dell'uomo.

Il messaggio di Nietzsche è soprattutto laico, è un messaggio moralistico, non è un messaggio mistico. Il misticismo in Nietzsche è una compensazione della sua laicità, perché dato che si oppone alla filosofia, non crede nella filosofia, gli resta un vuoto. Quando si è battuto contro le ipocrisie del suo tempo, non gli resta altro che rifugiarsi nel misticismo. E' uno sfondo il misticismo per Nietzsche. Il messaggio fondamentale di Nietzsche è laico. Ecco, il coraggio di guardare in faccia le cose. Nietzsche aveva della vita una concezione tragica, però diceva che se uno vuole la bellezza, la felicità, anche la conoscenza, tutto quello che è bello e ha valore nella vita, deve accettare le conseguenze tragiche. E insegnava questa visione dionisiaca.

7. Nel capitolo sugli apostati si fa riferimento a Wagner o ad altri?

E' difficile non pensare a Wagner, perché in realtà la conversione di Wagner al Cristianesimo, specialmente esaltata nel Parsifal, è giunta a Nietzsche come un colpo di grazia. Ci sono altri che, anche se sono contrari alla conversione di un amico, non si arrabbiano tanto, non la prendono come un'offesa personale. Invece Nietzsche, forse per la grande passione di amicizia che aveva avuto per Wagner e per la grande passione che aveva per i valori, diciamo così, pagani - perché in Nietzsche si celava anche, a sua insaputa, l'istanza tutta germanica di rivendicazione dell'indipendenza dal magistero della latinità erede dell'Oriente -, si è opposto alla conversione di Wagner come a una cosa veramente offensiva per lui e sporca, perché pensava della conversione che fosse fatta in realtà per stanchezza, per viltà, insomma per negazione della luce. Quindi Nietzsche scrive questo libro di grave condanna per quelli che si convertono, ma tra questi certamente pensa a Wagner, perché è la conversione che più lo aveva colpito. Purtroppo, però, in questo capitolo, si nota una delle sue grandi contraddizioni. Nietzsche aveva sostenuto che ogni cosa grande della vita arriva a un massimo e poi nega se stessa. In realtà qui si tratta di questo: che la vita umana non si spiega agevolmente con un criterio solo, cioè quello del paganesimo, i valori antichi. Questi valori sono i valori di gioventù del mondo. Il mondo è sempre giovane e comincia sempre con la gioventù. Tutti gli esseri cominciano con i valori pagani, per così dire. Ci si può riferire anche al quadro di Tiziano, Amore sacro e profano, insomma, per testimoniare di questi due principi che poi, nella pittura stessa di Tiziano, si manifestano non per definizione del quadro, non perché ha dato il nome a un quadro così, ma perché veramente i colori esprimono un movimento dello spirito inverso a quello che espresse in gioventù. In sostanza la vita umana sembra avere un senso quando comincia con questi valori di gioventù - che io chiamo di gioventù -, cioè del mattino, diciamo, i valori chiari, i valori di bellezza, i valori di natura, ecco i valori naturali, però a un certo punto il principio naturale dovrebbe convertirsi in principio spirituale. E questo avviene di norma. Avviene proprio anche agli artisti, ai filosofi, è avvenuto a Wagner, ma è avvenuto, come ho detto, a Tiziano, è avvenuto anche a Goethe, è avvenuto anche ai pagani che però avessero recepito anche il principio spirituale del Cristianesimo.

Se uno invece radicalizza il principio pagano, arriva purtroppo a quello a cui è arrivato Nietzsche, cioè questa radicalizzazione ha portato a una sopravvivenza in realtà barbara, nei tempi moderni, del paganesimo antico, che però aveva altre compensazioni, perché, specialmente nei tardi secoli dell'antichità, il paganesimo era sfociato in forme spirituali che erano molto vicine al Cristianesimo, in realtà aveva preparato il Cristianesimo. Anche autori antichi come Menandro e Terenzio avevano "predicato" nelle loro opere umanità vicina al Cristianesimo. Di Socrate stesso, di Platone, si parla come di filosofie che equivalgono, per certe cose, al Cristianesimo. Nietzsche stesso dice che il Cristianesimo è un "platonismo per la plebe". Secondo me aveva torto, perché il senso della vita umana, da che esiste l'uomo, mostra una conversione normale del principio naturale nel principio spirituale.

8. Si dice sempre che Nietzsche sia pieno di contraddizioni. Alcune le abbiamo anche sentite, ma quali sono quelle peculiari dello Zarathustra?

Molte contraddizioni non sono tali, sono apparenti, sono contraddizioni di parole: se uno esamina quello che c'è sotto, vede che non c'è una contraddizione. Però ci sono effettivamente delle contraddizioni in Nietzsche e la più grande è certamente la negazione della morale e della conoscenza dal punto di vista della morale e della conoscenza. Nietzsche in teoria nega la validità della morale, nega la possibilità della conoscenza, però resta un grande eroe della morale, perché è un innamorato della virtù, ed è un grande eroe della conoscenza, cioè egli con la vita testimonia qualcosa che teoricamente nega. Perché nega queste due cose? Nega la conoscenza perché nega che esista qualcosa che si possa chiamare realtà e quindi non è possibile la conoscenza della realtà, che sarebbe la verità, perché se uno conosce la realtà, possiede una verità. Nietzsche nega dunque che ci sia una realtà e conseguentemente che si possa possedere una verità. La vera conoscenza non c'è. E che cos'è quella che c'è? E' conoscenza dell'uomo sull'uomo, cioè dall'interno verso l'esterno, verso una x, in cerchi sempre più larghi. Ma questa x non si sa che cos'è. Nietzsche la chiama l'"accadimento", ma è un termine di comodo, è quello che non è l'uomo insomma. Nega la conoscenza e la moralità perché secondo lui i sistemi filosofici e i sistemi morali, quest'ordine morale del mondo che i filosofi dell'etica hanno sempre proclamato non esiste e anzi è in sostanza un imbroglio, cioè un'autodifesa.

Secondo Nietzsche l'uomo non regge nel caos le forze dell'universo, se non si crea intorno delle difese intellettuali e spirituali. Allora la nullità umana scoppia. Quindi l'uomo cosa fa? Rispecchia nell'universo la sua stessa unità, che chiama conoscenza e chiama morale.

Un sistema filosofico per Nietzsche non è altro che una barriera che l'uomo costruisce per vivere, protetto dalle forze caotiche, che come tali l'uomo non può dominare. E dentro questa barriera l'uomo crea un ordine, che chiama ordine morale, che è certamente un ordine superiore ad altri di ladrocinio o di guerra o di altre cose, però rimane un ordine antropomorfico, che ha uno scopo di autoconservazione. Quindi in realtà egli vuole smascherare i filosofi della morale, della conoscenza, dicendo che in sostanza questi loro sistemi, queste loro teorie sono i loro mémoires personali, cioè sono come dei diari della loro anima, che sono offerti agli altri come valori oggettivi, ma che invece sono fatti umani e che sono mossi, sono ispirati da un interesse umano di autoprotezione. Quindi in questo senso Nietzsche, che chiamava selvaggia la sua sapienza, era contrario alla filosofia. Ha fatto un' antifilosofia.

9. Su che cosa si reggeva Nietzsche per abbattere la filosofia e il principio stesso della filosofia, cioè la logica?

Si reggeva su un sentimento morale, cioè egli, per onestà intellettuale, non accettava questo che vedeva, ho detto, come un imbroglio e quindi aveva una visione tragica, aperta, ottimistica, nel senso che l'uomo non rinuncia a vivere, accetta la vita, accetta questa sfida, accetta di soffrire per cercare l'amore, la felicità, la bellezza, tutti quelli che sono i beni della vita, però accetta anche la tragedia, perché tutte queste cose portano poi alla tragedia. Quindi Nietzsche agiva come moralista, però come moralista che aveva una grande ispirazione poetica.

Perché la base del suo moralismo, a sua volta, qual era? Era semplicemente il suo amore per la vita, un amore leale, non un amore che con infingimenti, con riserve, come avevano gli altri. Sembra facile dire: io amo la vita ma se uno lo intende veramente, non è facile, perché la vita cela tanti orrori, riserva alle persone tanti dolori, tante cose brutte, per cui ci sono dei filosofi che sono stati, come si sa, grandi pessimisti. C'è gente che la vita la concepisce solo in negativo. Invece per Nietzsche la base di tutto è questo suo amore per la vita del figlio verso la madre, senza discussioni, senza riserve, un amore leale che non giudica la madre. Può essere tutto la madre, ed egli, semplicemente perché è figlio, ama la madre. Questo amore lo porta a combattere la battaglia moralistica contro quelli che, dicendo di amare la vita, in realtà la vogliono bloccare - Nietzsche almeno li vedeva così i filosofi, che la volevano bloccare, non li vedeva come secondo me si possono anche vedere, come tentativi, equilibrio tra la libertà caotica e una certa misura che l'uomo deve avere, in quanto creatura particolare dell'universo. Non è che Nietzsche non avesse una sua misura, ma egli predicava liberamente questa libertà, questo distacco da ogni sistema autodifensivo.

 

10. Lei ha affrontato più volte il pensiero di Nietzsche. Qual è il segreto della giusta interpretazione di Nietzsche?

Il segreto della giusta interpretazione di Nietzsche è difficile da dire, però c'è un segreto di metodo e un segreto, diciamo, più personale. Il metodo è questo: non bisogna usare Nietzsche per dire quello che, per propria preoccupazione, simpatia, istanza, bisogno, uno vuol dire. Come se Nietzsche fosse vivo adesso o fosse appena morto, molti interpreti, la maggior parte degli interpreti, anche grandi, non fanno altro che servirsi di quello che Nietzsche ha detto, per dire quello che vogliono dire loro. Io ho mostrato in un libro, che è uscito l'anno scorso, che Gottfried Benn, per esempio, ha visto in Nietzsche un alter ego, cioè ha visto in Nietzsche se stesso, un altro se stesso e lo ha dimostrato in un saggio.

Per esempio Heidegger ha scritto un'opera monumentale: ha fatto lezione per anni su Nietzsche; però nel secondo volume in particolare, Heidegger si è servito di Nietzsche in realtà per esprimere le sue proprie teorie. E così fanno la maggior parte degli interpreti: attualizzano Nietzsche, cioè lo vedono come se avesse agito nella società in cui agiscono quelli che scrivono. Invece Nietzsche va interpretato con criterio storico e critico, cioè anzitutto nel contesto in cui si è mosso e ha operato, poi bisogna fare una ricerca in profondità dei motivi ispiratori centrali dell'opera di Nietzsche, bisogna per esempio arrivare a quello che ho detto prima, cioè bisogna arrivare all'amore leale di figlio per la madre che egli aveva per la vita e che poi ha predicato come amore per la madre terra, amore per le cose prossime, con molto spirito di umiltà, con molto spirito di lealtà verso la vita. Abbiamo detto che un segreto è un segreto di metodo, che è il metodo storico-critico, il metodo classico, però purtroppo abbandonato dalla maggior parte se non da tutti gli interpreti. Mazzino Montinari, che ha preso questo insegnamento da Eugenio Garin, anche lui lo ha applicato fino a un certo punto, cioè fin dove la sua concezione personale non ha fatto violenza anche a lui. Poi c'è una ragione, diciamo, individuale: bisogna in qualche modo avere, sia pure in piccolo, un'affinità con Nietzsche, cioè avere una disposizione personale che porta, diciamo così, ad amarlo. Nietzsche aveva questa disposizione poetica e moralistica, perché Nietzsche non è - questo lo dicono tutti - un filosofo come tutti gli altri, cioè come i filosofi classici, alla Kant, alla Hegel; aveva una complessità, che è piuttosto quella di Goethe. Infatti dopo Goethe Nietzsche forse è la più grande figura della cultura occidentale, proprio perché abbracciava questo insieme degli interessi umani, cioè poetico, moralistico, filosofico, educativo. Zarathustra è un'educazione alla grandezza soprattutto, è un inno alla purezza, alla purezza del divenire umano non ostacolato da impedimenti esterni o interni, ed è un inno anche alla schiettezza mondana del vivere, cioè ad affrontare in sostanza i problemi della vita senza tradurli in astruse formule metafische o religiose. Dunque, dicevo, c'è il metodo e poi c'è questa inclinazione personale. Io personalmente più dei filosofi puri amo le figure come Goethe e Nietzsche, capaci di abbracciare la totalità della realtà dell'uomo.

 

11. Qual è il senso generale del Suo Commento, edito da Bruno Mondadori?

Bisogna dire di Nietzsche una cosa: mentre degli altri filosofi quelli che vengono dopo fanno la critica, dicono che cosa è valido, che cosa non è valido, che cosa è giusto, che cosa è sbagliato - per esempio Croce di Hegel ha scritto Quello che è vivo e quello che è morto di Hegel -, di Nietzsche questo non si fa; uno o si innamora di lui e sostiene tutto, dà tutto per buono, per valido, oppure è contrario, avversa tutto Nietzsche. Invece io ho cercato di fare un lavoro critico, in cui, certo, si esalta la grandezza, in primo luogo, però si criticano anche i lati non validi di Nietzsche.

Comunque il senso del Commento è di mostrare l'esplosione del genio poetico e morale di Nietzsche in Così parlò Zarathustra, di mostrare la validità di questa sua teoria dell'amore non del prossimo, ma di se stesso, dell'amore di sé, che però è sacrificio. E' sacrificio, non è un amore di sé compiaciuto, non è vizioso e morboso. E' un amore di sé che è una sfida, che è l'accettazione della sfida della vita, che è responsabilità, che è coraggio. Ecco, questo è il senso: è di mostrare, appunto depurata dalle scorie, la grandezza di Nietzsche, cioè il messaggio di grandezza che ha voluto proclamare, in contrasto coi Vangeli ma in realtà in completamento dei Vangeli, perché Nietzsche era profondamente cristianizzato, ma la sua filosofia è pagana, vuole essere pagana. Solo che Nietzsche, figlio di un pastore con una acuta sensibilità religiosa e morale, in realtà era campo di battaglia di queste due cose contrastanti; egli ha fatto vincere, diciamo così, il paganesimo, la tendenza mondana, però non ha mai sconfitto del tutto la tendenza soprannaturale, quella cristiana. Quindi Nietzsche ha scritto lo Zarathustra come un antivangelo, ha voluto contrapporsi al Vangelo, ma insieme con i Vangeli, come correzione dei Vangeli, nel senso che il Cristianesimo non dà valore autonomo alla vita umana, perché ripone lo scopo della vita nell'al di là; invece Nietzsche vuol dare il massimo valore alla vita umana, quindi all'arte, alla filosofia, alla bellezza, al diritto, allo Stato, tutte cose di cui vivono anche i cristiani. Predicare un Cristianesimo oltremondano che però avesse poi bisogno di tutte le cose del mondo, sembrava a Nietzsche un’ipocrisia . Nietzsche le cose di Cesare le ha volute emancipare da un Cristianesimo che fra l'altro, secondo lui, era anche decrepito, non era più animato dalla schietta ispirazione che aveva avuto all'inizio.