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Alain De Benoist su Medio-Oriente e 11 Settembre

di Alain De Benoist e Gruppo Opìfice - 17/11/2006

 
Gruppo Opìfice. Le vicende legate allo scontro tra Israele e Libano, con la spropositata reazione dello Stato ebraico, hanno per la prima volta aperto gli occhi a molti osservatori. Da più parti si è levato il coro di condanna nei confronti della politica di aggressione portata avanti dai governi israeliani. E' troppo ottimistico pensare che queste vicende possano servire da apripista ad una decisa reazione contro il modello occidentale di cui Israele è un fulgido esempio?

Alain de Benoist. La recente aggressione israeliana contro il Libano è stata in effetti oggetto di numerose condanne, ma credo che non se ne debbano sopravvalutare le conseguenze. Se si fosse trattato di un altro Stato piuttosto che di Israele, le condanne sarebbero state senza dubbio ancor più numerose, e soprattutto più decise. Ciò che mi pare più importante è che questa aggressione si è rivelata come un totale fiasco: malgrado la rilevanza dei mezzi impiegati e l’elevato numero di vittime, principalmente civili, lo stato israeliano non ha raggiunto alcuno dei suoi obiettivi politici o militari. Si può in tal senso parlare di una più veritiera vittoria degli Hezbollah. Si tratta di un’ulteriore dimostrazione di come i massicci bombardamenti aerei sono totalmente impotenti per venire a capo di una resistenza ben radicata, ben organizzata e che gode del sostegno della popolazione. Detto questo, non bisogna illudersi: Israele non ha rinunciato a destabilizzare il Libano e le forze FINUL che sono state inviate nel sud del paese ben presto si ritroveranno prese in ostaggio in un conflitto, o le loro capacità di intervento rimarranno piuttosto incerte (in caso di fragrante violazione del cessate-il-fuoco, avranno il diritto di sparare?). Gli avvenimenti ai quali assistiamo sono in ogni caso da situare in un contesto più generale, ovvero il tentativo americano-israeliano di rimodellare il Medio-Oriente, tentativo che avrà chiaramente come risultato la generalizzazione della guerra civile ed il caos. Da questo punto di vista, senza dubbio bisogna interpretare l’aggressione israeliana del Libano come il primo round della guerra contro l’Iran.


Gruppo Opìfice. Qual'è la sua posizione nei confronti del Presidente iraniano Ahmadinejad? Tra le righe delle sue "sparate" si può leggere tuttavia un tentativo di opporsi al modello unico occidentale, e all'altra faccia della medaglia che è rappresentata dal marxismo. I continui richiami alla forte identità culturale del suo Paese possono essere interpretati come un appello all'identitarismo contro l'omologazione?

Alain de Benoist. Vi è certamente qualcosa di simpatico nel modo in cui il presidente Ahmadinejad tiene testa alle potenze occidentali, ed in primo luogo all’America. Credo inoltre che l’Iran sia perfettamente in diritto per quanto riguarda la vicenda legata al nucleare. Quelli che agitano lo spettro di una “minaccia atomica” iraniana (allo stesso modo delle “armi di distruzione di massa” irachene) fingono di ignorare che l’arma nucleare è un’arma di difesa, piuttosto che d’attacco, e che inoltre «l’equilibrio del terrore» è esso stesso un fattore di pace. La tensione tra India e Pakistan si è notevolmente placata da quando entrambi i paesi hanno quasi simultaneamente acquisito l’arma atomica. Non sarebbe stato lo stesso se solo uno dei due se ne fosse dotato. Lo Stato di Israele possiede oggi un armamento nucleare sovradimensionato, del quale non ha mai riconosciuto ufficialmente l’esistenza e per il quale non ha mai autorizzato i necessari controlli ed ispezioni. Una potenza atomica iraniana permetterebbe di ristabilire l’equilibrio, secondo il principio della dissuasione reciproca. Con l’ostilita al programma nucleare iraniano, le potenze occidentali mostrano una sorta di «santuarizzazione del territorio dell’Iran, che invero tradisce la loro stessa intenzione, un giorno o l’altro, di aggredire questo paese. Un’aggressione americana (o israeliana) dell’Iran avrebbe ovviamente delle enormi consequenze politiche, geopolitiche ed economiche.
Quanto al fatto che il “modello iraniano” possa essere una valida alternativa al modello occidentale, sarei più cauto. L’Iran attraversa attualmente grandi difficoltà interne e il bilancio della «rivoluzione islamica» è a ben vedere mediocre. E’ senza dubbio una delle ragioni della fermezza del presidente Ahmadinejad, che non ignora il fatto che l’ostilità delle potenze occidentali nei confronti del suo paese ha come effetto principale la stretta della popolazione iraniana attorno ai suoi dirigenti. Tutto quello che si può dire, è che l’Iran ha tentato di creare un sistema politico differente da quello dominante oggi in Occidente, e questo è in se lodevole. Ma questo sistema non è la sola alternativa possibile: in un mondo multipolare, sta a ciascun «polo» scegliere la costruzione politica e sociale che reputa più conforme alla sua storia e alle sue ambizioni.


Gruppo Opìfice. Abbiamo assistito alle rituali commemorazioni dell'11 settembre. Ogni anno che passa si moltiplicano i dubbi e le incertezze su ciò che questa data significa: da una parte si staglia il coro occidentalista contro il terrorismo con la consueta litania filo-americana; dall'altra emergono le facce nuove di un ridimensionamento della vicenda e di un nuovo modo di vedere il mondo con le numerose testimonianze anche in chiave "revisionista". Quale delle due facce - se le considera credibili - le sembra la più aderente alla realtà?

Alain de Benoist. Personalmente oggi non saprei dire cosa è realmente accaduto l’undici settembre. La tesi ufficiale è poco credibile, troppo ricca di zone d’ombra che continuano ad avvolgere questo avvenimento. E focalizzandosi sulle zone d’ombra, un certo numero di autori ha sviluppato delle tesi che sono indubbiamente seducenti, ma che hanno anche l’inconveniente di cadere frequentemente in un cospirazionismo che per sua stessa natura suscita altrettanto scetticismo. In questioni simili, è necessario saper porre delle domande semplici (un aereo è veramente caduto sul Pentagono? Dei piloti inesperti potevano realmente colpire e distruggere il World Trade Center?) senza voler formulare delle risposte che –alla luce dei mezzi- non possono essere che speculazioni. Ciò che è certo è che gli attentati dell’undici settembre sono stati per l’equipe di George W.Bush una sorta di “sorpresa divina” che è caduta a fagiolo per servire ai loro progetti: senza questi attentati, i neocons non avrebbero potuto lanciarsi nella guera contro l’Afghanistan, ed in seguito quella in Iraq. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nel momento in cui scrivo, la politica di George W.Bush ha già fatto più morti in Iraq rispetto ai morti del World Trade Center!