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Le foreste buttate nel gabinetto

di Marinella Correggia - 19/11/2006


Possibile che si continui a prendere alberi di foresta primaria, buttarli nel water e tirare l'acqua?


Possibile che si continui a prendere alberi di foresta primaria, buttarli nel water e tirare l'acqua? Sembra folle, visto che la loro protezione è vitale anche nel quadro dei tentativi di frenare l'effetto serra. Dai dati del World Resource Institute, risulta infatti che la deforestazione è responsabile dell'emissione di almeno 7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all'anno (un quinto del totale).

Eppure, secondo le ricerche di Greenpeace, sintetizzate nel rapporto Balle di cellulosa. Le bugie della Kimberly-Clark e le foreste primarie nei prodotti usa-e-getta, la multinazionale Kimberly-Clark che è proprietaria dei marchi Scottex e Kleenex continua a usare quote importanti di fibre vergini provenienti dalle foreste boreali del Canada, meno famose di quelle amazzoniche ma in fondo parimenti importanti. Esse si estendono dalla costa atlantica alla quella pacifica su una superficie vasta 19 volte l'Italia e rappresentano circa un quarto delle foreste intatte del pianeta. Offrono riparo a numerose specie minacciate, come il caribù e il ghiottone, ma anche a lupi, aquile e orsi. Sono inoltre abitate da numerosi popoli indigeni che reclamano i propri diritti sulle terre.
È in queste enormi foreste boreali che è conservato il maggiore patrimonio terrestre di anidride carbonica sequestrata. Ma senza riguardo, esse sono tagliate con la tecnica della rasatura: tutti gli alberi giù, completa eliminazione della vegetazione, anche in aree di foresta primaria o di foresta di alto valore biologico.

Mentre alcuni grandi produttori hanno cambiato politiche e utilizzano carta riciclata o prodotta in modo sostenibile con percentuali elevate, la Kimberly Clark prende circa un terzo della cellulosa vergine utilizzata per i suoi prodotti europei e un quinto della sua produzione internazionale da quelle foreste boreali. Ogni abitante dell'Unione Europea utilizza in media 13 chili l'anno di carta «da toilette», tre volte e mezzo la media mondiale pari a circa 22 miliardi di rotoli di carta igienica. Secondo la stessa impresa, «la lunghezza di tutti i rotoli Scottex venduti in Italia in un anno coprirebbe 44 volte la distanza tra la Terra e la Luna». C'è poco da vantarsi. Sono per definizione degli usa e getta la carta igienica, la carta tessuto da cucina, i tovagliolini, i fazzolettini ecc.: se si eccettua la ormai indispensabile carta igienica, sono sostituibilissimi da spugne, strofinacci, fazzoletti di cotone. Invece il loro consumo è in crescita continua.

In numerosi incontri, comunicazioni e pubblicazioni - rapporti ambientali, lettere alle associazioni ambientaliste, articoli - la Kimberly-Clark ha dichiarato di non fare uso di fibre provenienti dalle foreste pluviali temperate della costa occidentale del Canada, a dimostrazione di un approccio responsabile verso l'ambiente. La ricerca condotta da Greenpeace tra il 2005 e il 2006 dimostra invece che attraverso i propri fornitori di cippati - trucioli di legno impiegati per fabbricare la cellulosa e la carta - la Kimberly-Clark utilizza un grande quantitativo di fibre provenienti dalle foreste pluviali temperate. I fornitori di cippati hanno sede prevalentemente negli Stati Uniti, a Washington, ma si riforniscono regolarmente da agenti che inviano loro tronchi provenienti dalle foreste pluviali temperate della Columbia Britannica e dell'Isola di Vancouver. È provato inoltre che la Kimberly-Clark impiega fibre provenienti dalle foreste federali statunitensi.

La campagna Foreste di Greenpeace ha provato più volte a istaurare un dialogo. Invano. Così giovedì alcuni attivisti - tra cui due sospesi a venti metri d'altezza con un grande striscione - ha protestato davanti alla sede italiana dell'azienda, a Torino. Hanno installato dieci water di fronte all'ingresso della direzione, ciascuno con un piccolo albero, simbolo delle piante tagliate per fabbricare carta igienica. Alla Kimberly-Clark si chiede di incrementare sostanzialmente la percentuale di fibre riciclate come già fanno diversi produttori (anche made in Italy) che lavorano a ciclo chiuso, risparmiando anche molta anidride carbonica, e poi alberi e acqua. E di rifornirsi - ove necessario - di fibre vergini provenienti solo da operazioni forestali responsabili, certificate sotto gli standard del Forest Stewardship Council, organismo formato da ambientalisti, scienziati e produttori.

Ma poiché la compagnia continua a fare orecchie da mercante, Greenpeace chiede di agire in quanto consumatori europei, mandando cyberlettere (www.greenpeace.it). Il mercato europeo dei prodotti di carta per uso domestico movimenta circa 8,5 miliardi di euro l'anno e per la Kimberly-Clark è molto importante. Forse la paura di perdere clienti la farà cambiar rotta.