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Clima, si decide di decidere nel 2008

di Sabina Morandi - 19/11/2006

 
Alla conferenza mondiale di Nairobi va in scena la geopolitica delle emissioni: la revisione del protocollo di Kyoto inzierà solo fra due anni. Rinviati tutti gli impegni


Dopo due settimane di accese discussioni che si sono protratte oltre la chiusura dei lavori, al Vertice internazionale sul clima hanno deciso di cominciare i negoziati nel 2008. Non stiamo scherzando: di fronte agli agghiaccianti rapporti sulle conseguenze ambientali del riscaldamento planetario, pubblicati in questi giorni proprio per promuovere una coraggiosa presa di posizione nella riduzione delle emissioni, la discussione si è bloccata su quando cominciare a negoziare le nuove tabelle del cosiddetto “Kyoto plus”, che sarebbe la prosecuzione del Protocollo in scadenza nel 2012. Insomma, mentre buona parte dei paesi che hanno ratificato Kyoto non sono riusciti a rispettare la quota di riduzione delle emissioni che gli era stata assegnata, e mentre la maggior parte degli scienziati giudicano insufficienti gli stessi obiettivi fissati dal Protocollo di fronte all’evidente accelerazione della crisi, i ministri dell’Ambiente riuniti a Nairobi s’incagliano in antiche dispute.

Sembra infatti vecchio di dieci anni il lamento dei paesi ricchi costretti a ridurre le proprie emissioni dal meccanismo del Protocollo che riconosce il debito ambientale del Nord nei confronti del Sud del mondo. In sostanza gli europei - gli unici che hanno fatto qualche passo avanti nella riduzione delle emissioni - chiedono che le grandi economie emergenti facciano la loro parte attaccando alle fondamenta una delle conquiste del Protocollo, il riconoscimento della responsabilità storica dei paesi sviluppati nell’inquinamento del pianeta. Un attacco tutto politico che ha vanificato i risultati raggiunti e provocato lo stallo della discussione. Insomma, dicono in sostanza i paesi in via di sviluppo, avete allegramente rovinato il clima per più di due secoli e venite a farci la lezione? Il tentativo di mediazione di Mosca, che aveva proposto un’adesione volontaria al Protocollo, ha provocato la reazione risentita di Cina, India e Arabia saudita, che non vogliono proprio saperne di rallentare la corsa verso il modello occidentale di sviluppo.

Chi si aspettava che di fronte agli allarmi quotidiani - lo scioglimento dei Poli, la desertificazione, il rallentamento della corrente del Golfo, il moltiplicarsi degli uragani e chi più ne ha più ne metta - i governi sarebbero arrivati ad abbracciare misure d’emergenza come una riduzione obbligatoria delle emissioni o almeno un chiaro calendario dei lavori del Kyoto Plus, è rimasto ancora una volta deluso, come si evince dai commenti amareggiati delle organizzazioni non governative impegnate su questo fronte. Da Nairobi, la responsabile clima del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla, ha stigmatizzato infatti la «mancanza di ambizione» dei negoziatori a fronte della gravità della crisi, anche perché «Il cambiamento climatico va molto più veloce degli strumenti che la comunità internazionale sta mettendo in campo». Alla fine si è deciso di cominciare a negoziare le nuove quote d’emissione fra un anno e di rimpinguare il fondo per aiutare i paesi più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico: 3 milioni di dollari che potrebbero sembrare una bella cifra se non fosse che, per organizzare il vertice, di milioni ne sono stati spesi quattro…

L’unica nota positiva è che la lentezza dei governi ha spinto alcune comunità ad agire per proprio conto. Ha fatto scalpore la decisione del governatore repubblicano della California Arnold Schwarzenegger che il primo settembre scorso ha emanato una normativa sulle emissioni molto severa, e questo in un paese come gli States che non hanno nemmeno ratificato Kyoto. La cosa interessante è che la mossa di Schwarzy non è affatto isolata ma fa parte di un’iniziativa chiamata States Climate Alliance mirata a congiungere gli sforzi di quanti, a livello statale, regionale e provinciale, s’impegnano a ridurre volontariamente le emissioni di gas serra. Non a caso il gruppo, coordinato dalla britannica Climate Group, riunisce alcune delle regioni già colpite dalle conseguenze del riscaldamento globale come appunto la California devastata dagli incendi, il Quebec, la Scozia e il Sud dell’Australia desertificato da una siccità senza precedenti. Per quanto meno potenti dei governi centrali, le autorità locali possono incidere nella gestione delle forniture elettriche e, cosa ancora più importante, innalzare gli standard di efficienza energetica per costringere imprese e compagnie a inquinare meno.