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Le bande giovanili: nel triangolo nord del Centro America è emergenza

di Stella Spinelli - 23/11/2006

Guatemala, Salvador e Honduras: nel triangolo nord del Centro America è emergenza criminalità
Esponente della Mara SalvatruchaDelinquenza comune, crimine organizzato, narcotraffico, squadroni della morte e soprattutto maras, le bande giovanili armate e pronte a tutto: nel cosiddetto triangolo nord del Centro America è emergenza criminalità. Dal Guatemala all’Honduras, passando per il Salvador, si respira un vero e proprio clima di terrore.
Le cifre dei morti ammazzati dall’inizio dell’anno parlano chiaro: oltre 3.800 in Guatemala, almeno tremila in Salvador, mentre in Honduras le statistiche non riportano cifre complessive, ma fanno sapere che il 2006 ha visto raddoppiare gli omicidi rispetto all’anno scorso, con punte massime di 15 al giorno.
 
Membro della Mara SalvatruchaBrutali. “Perdonami mamma, per questa mia vita pazza”. Quando assaltano, rapinano, uccidono, è questo che gridano i giovani e i giovanissimi che appartengono alle pandillas, conosciute anche come maras, (termine nato nel Salvador, deriva dalle formiche amazzoniche Marabundas, che devastano ogni coltivazione che invadono). Si tratta di gruppi nati nei quartieri poveri delle grandi città e arrivati a un livello di organizzazione tale da controllare il narcotraffico e i flussi migratori dell’intera regione. Definita da chi l’ha vissuta “un labirinto senza uscita”, la pandilla è per i giovani figli della miseria un modo di vita, una strada per raggiungere uno status di appartenenza. In Centro America sono circa novanta le bande organizzate, ma due in particolare fanno il bello e il cattivo tempo: la M-18 e la Salvatrucha o Ms. Si tratta di due gang nate negli anni Ottanta negli Stati Uniti da ragazzi salvadoregni fuggiti durante la guerra civile e poi rispediti nel paese d’origine. Sono aggregazioni con tanto di riti di iniziazione e segni di riconoscimento, perlopiù tatuaggi, che si formarono nelle periferie della California, dove divenne vitale unirsi in bande solidali e ben armate. Un modus operandi che venne, quindi, riprodotto tale e quale per le strade salvadoregne, con risultati ora sorprendenti: la Salvatrucha (Salva da El Salvador e trucha, trota, per la capacità di sgusciare via come un pesce dalle mani delle forze dell’ordine) conta oltre 180mila affiliati distribuiti fra il Salvador, l’Honduras e il Guatemala, più qualche cellula in Nicaragua, e controlla il 70 per cento delle vie migratorie verso il Messico, con quelle che loro chiamano “imposte di circolazione”.
 
PandillerosRamificati. “Si tratta di una rete criminale di stampo mafioso fra le più coordinate al mondo”, ha spiegato Héctor Sánchez Beltrán, investigatore messicano che collabora con la Università di Guadalajara. Copione simile per la banda rivale, la Mara-18, il cui nome deriva dal numero del quartiere in cui prese origine. La loro occupazione principale è ammazzare, rubare, fare soldi e infrangere la legge di uno stato che non riconoscono e che non ha escogitato altro modo per combatterle se non con la forza. Manos Duras, Puños de Hierro o Planes Escopa sono solo alcuni dei nomi dati da Honduras, El Salvador e Guatemala alle loro politiche di repressione, che altro non hanno generato se non un rafforzamento delle gang, come conferma Janeth Aguilar, sociologa facente parte della Coalizione centroamericana per la prevenzione della violenza giovanile di San Salvador: “Sono molto più organizzati di un tempo, capaci di agire in clandestinità, possiedono grande capacità di movimento, sono molto rigorosi e selettivi con i nuovi adepti e severi con chi abbandona la pandilla. Sono sempre più violenti e disposti a uccidere”. Paradossalmente sono proprio le nuove leggi ad aver aggravato il fenomeno e i suoi legami con la criminalità organizzata. Per denaro, oggi i pandilleros fanno di tutto: assassinii e stupri su commissione, assalti a banche, furti di auto. E dalle prigioni dove vengono rinchiusi, i leader dirigono il traffico di droga e le scorribande.
Una spirale di violenza che sta esasperando la società. Sintomo tragico sono gli squadroni della morte, civili armati che ammazzano i ragazzi di strada, indistintamente, senza considerarne l’appartenenza o meno alle maras. I giustizieri molto spesso non sono criminali comuni, bensì ex poliziotti o ex militari sostenuti sotto banco dal potere esecutivo o dalla criminalità organizzata.
 
esponenti della Salvatrucha in GuatemalaGuatemala. A lanciare l’allarme della crescente criminalità nel paese maya è la Fondazione Myrna Mack, un’organizzazione non governativa, che da 16 anni lotta in difesa dei diritti umani, tanto da diventare punto di riferimento della vita pubblica nazionale.
La Ong accusa il governo e lo Stato di aver fallito la politica di sicurezza, in un paese dove anche l'amministrazione della giustizia ha nell’impunità il suo risultato più evidente.
L'unico rimedio messo in pratica dalle istituzioni per sedare le emergenze è la militarizzazione, secondo il principio: rispondere alla violenza con altra violenza. Così, ogni volta che c’è da intervenire in una zona di crisi, si inviano centinaia di soldati con licenza di uccidere e qualsiasi progetto di prevenzione resta lettera morta.
A dieci anni dalla fine del conflitto, il paese resta, infatti, prigioniero di una violenza generalizzata: le statistiche dei morti arrivano a eguagliare quelle del periodo più cruento della guerra civile. Dal 2000 al 2005 si sono registrate 23 mila morti violente, e nel solo 2006 sono stati uccisi 430 bambini, 417 donne e più di 3 mila uomini, episodi che hanno trasformato quest’anno nel più sanguinario degli ultimi tempi.
 
Pandillero della Salvatrucha nel SalvadorEl Salvador. Almeno 2.931 persone sono state assassinate fra gennaio e settembre, con una media di circa dieci al giorno. Lo riferisce l’Istituto di medicina legale dello stato, che denuncia un aumento del 3,6 percento rispetto al 2005. Solo nel mese di settembre sono stati commessi 317 omicidi, l’80 percento dei quali con armi da fuoco. San Salvador e Soyapango, comune nel medesimo dipartimento della capitale, sono le città più violente, con la più alta presenza di adepti delle maras. Secondo uno studio dell’Università Tecnologica si tratta di ragazzi nati e cresciuti in situazione di miseria e abbandono: l’82.9 percento proviene da situazioni di estrema povertà, al 72.7 percento manca la figura paterna e l’80 percento è stato vittima di violenza in famiglia, maltrattamenti fisici, psicologici o sessuali. La maggior parte, infatti, entra nelle pandillas quando è ancora minorenne.
 
Membri della Mara Salvatrucha in HondurasHonduras. Essendo il paese crocevia del traffico internazionale di stupefacenti dal Sud America agli Stati Uniti, ogni attività criminale si concentra su questo immenso business. Secondo le autorità di Washington, ogni anno passano da qui cento tonnellate di cocaina. Le maras Salvatrucha e M-18 sono dunque molto attive qui: contano oltre 100mila affiliati e sono pronte a tutto pur di arricchirsi. Fra loro militano persino bambini di 5 anni. È un’emergenza che affonda le radici in una situazione di estrema miseria: oltre novemila minorenni sono costretti a lottare per sopravvivere alla strada. Diventare un pandillero è una questione di vita o di morte.
I ragazzi delle maras sono drogati e armati fino ai denti e non si limitano a regolamenti di conti fra bande, ma rapinano, stuprano e ammazzano per puro divertimento chiunque si trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato. In tutta risposta, gli escuadrones de la muerte agiscono senza esclusioni di colpi, uccidendo indiscriminatamente. Tante associazioni in difesa dei diritti umani non si stancano di denunciare l’omicidio di studenti e ragazzini qualunque, che niente hanno a che fare con le gang. Basta un tatuaggio o un abbigliamento un po’ più trasandato e i giovani rischiano esecuzioni in pieno giorno.