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Iran, Corea del Nord e Siria nel mirino degli USA

di Carlo Benedetti - 23/11/2006

 

Dopo la “campagna” sulle famose “armi di distruzione di massa” – che è servita a Bush per scatenare la guerra contro l’Iraq – parte ora una nuova fase che, questa volta, potrebbe trovare la diretta sponsorizzazione delle Nazioni Unite. Sede dell’operazione strategica è infatti l’Onu, che con il suo segretario generale Kofi Annan riunisce a Ginevra una conferenza dedicata alla “Convenzione sulle armi biologiche”. Tutto avviene su sollecitazione del Pentagono che decide di spostare l’attenzione dalle “armi” cercate in Iraq (e non trovate…) verso una nuova caccia agli armamenti biologici.

Entrano così (nuovamente) nel mirino di Bush Iran, Corea del Nord e Siria. Paesi - lo sostiene a Ginevra il vice Segretario di Stato americano, John Rood - che “fomentano il terrorismo internazionale e producono armi biologiche”. Parte, quindi, una nuova caccia alle streghe che dovrebbe sostituire - secondo la Cia e la presidenza Usa - le fallite operazioni in Iraq. E mentre questa campagna prende avvio - anche con una mobilitazione dei media internazionali - sono in molti in sede Onu a ricordare che nel maggio del 1985 negli Stati Uniti scattò un “allarme rosso” con l'arresto di Larry Harrìs, un tecnico di laboratorio dell'Ohio che era riuscito con una carta intestata falsa e comunicando il numero della sua carta di credito, ad acquistare, per posta, da una società di forniture biomediche del Maryland, tre fiale contenenti “Yersinia pestis”, il bacillo della peste. Gli Usa, quindi – si dice negli ambienti diplomatici di molti paesi dell’Onu – farebbero bene a cercare le “armi biologiche” in casa loro…

Il segretario dell’Onu Kofi Annan, comunque, è stato prudente nei confronti della sortita americana. Ha suggerito la costituzione di “un'istanza che associ le parti interessate - Stati, imprese, comunità scientifica, servizi di sanità pubblica, servizi di sicurezza ed il pubblico in generale - affinché insieme possano fare in modo che i progressi delle biotecnologie continuino a servire l'umanità”. Tutto questo tenendo conto del fatto che “le scienze e le tecniche della biologia hanno registrato grandi progressi che annunciano vantaggi per lo sviluppo umano”. Ma gli Usa, in merito, non accettano alcun controllo. Basti ricordare che dal 2001 - data dell'ultima conferenza di riesame sulle armi biologiche - non è stato possibile giungere ad un'intesa su misure di verifica. E sono stati proprio gli Usa a respingere un progetto di Protocollo in merito alle armi biologiche e precisamente quella Convenzione del 1972 che proibisce possesso e produzione delle armi biologiche e prevede la distruzione delle scorte. Un documento di portata internazionale che è stato ratificato solo da 155 stati e che appartiene - assieme alla Convenzione sulle armi chimiche e al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) - ai “grandi Trattati” multilaterali di disarmo che disciplinano le armi di distruzione di massa.

Ma gli Usa hanno sempre sostenuto che l'introduzione di meccanismi di verifica creerebbe un “falso senso di sicurezza” mettendo a rischio il programma americano per lo sviluppo di antidoti ad eventuali attacchi.

Intanto sull’intera questione che si affronta ora a Ginevra c’è anche una nota della rappresentanza italiana alla conferenza sul disarmo nella quale si fa rilevare che "l'Unione Europea si trova in prima fila nell'applicare e promuovere la Convenzione” e che “il rafforzamento di quest'ultima è contemplato dalla strategia della UE attraverso piani di azione ed azioni comuni con l'impiego di cospicue risorse. L'Italia - è detto ancora nella nota - partecipa attivamente in questo processo e con la presentazione di due documenti di lavoro (uno sull’universalizzazione della Convenzione e uno sul bioterrorismo) fornirà il suo apporto alla definizione delle future attività della conferenza”.

C’è solo da attendere, ora, che l’Italia respinga la posizione americana che si oppone ad un reale controllo sulla produzione di armi biologiche ritenendo - ripetiamolo - che una tale operazione “faciliterebbe” lo spionaggio industriale. C’è comunque il rischio che gli Usa riescano a vincere questa loro campagna di mobilitazione internazionale spostando l’asse della questione verso i paesi che sono, con l’Iraq, nel mirino dei loro piani di guerra. Iran, Corea del Nord e Siria, appunto. Comincerà una nuova “caccia”? Altre invasioni con la copertura delle ormai ben note “missioni umanitarie”?