Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Truppe occupanti: come “ritirarsi” inviando nuove truppe

Truppe occupanti: come “ritirarsi” inviando nuove truppe

di redazionale - 28/11/2006

Fonte: iraqiresistance.info

<<GO HOME>>, <<GO BIG>> o <<GO LONG>>?

 

 

Go home, go big o go long? Non è un giochino natalizio per bambini. Sono gli scenari ipotizzati dal Pentagono e sottosti ad un Bush un pò suonato ma ancora in sella.

A dare notizia di un documento su queste tre opzioni è stato il Washington Post che ha così reso pubblico il piano segreto del Pentagono per “vincere la guerra”.

Per elaborarlo sono stati riuniti i migliori cervelli militari di cui gli Usa dispongono.

I tre scenari disegnati sono stati definiti “Go home”, andare a casa, ritirarsi; “Go big”, rafforzarsi, inviare nuove truppe; “Go long”, ridurre le truppe per rimanere più a lungo.

A quanto se ne sa il primo di questi scenari è stato considerato solo come ipotesi astratta, dato che i generali lo hanno subito respinto e la stessa cosa farà Bush. Naturalmente verrà respinto con nobili motivazioni, per “non lasciare l’Iraq nella guerra civile”. A tanto arriva l’ipocrisia americana, quando è del tutto evidente che il ritiro è per ora scartato perché questo corrisponderebbe ad una chiara sconfitta che l’imperialismo Usa non può in alcun modo permettersi.

La seconda e la terza opzione piacciono ovviamente di più agli strateghi del Pentagono che hanno pensato così di mixarle. “Go big” dunque, con l’invio di almeno altri 30mila soldati (alla faccia di chi immagina ritiri graduali ma imminenti), ma nella prospettiva “Go long” per rimanere in Iraq almeno altri 5-10 anni con 60mila uomini.

Come si vede siamo ben lontani da ogni ipotesi di ritiro reale. E’ dal 2003 che gli Usa dicono di voler ridurre le truppe dispiegate in Iraq. Ma tutto è stato sempre legato alle prospettive della cosiddetta “normalizzazione”, in sostanza la pax americana. Siccome questa non è arrivata, grazie ad un’indomita resistenza; di rinvio in rinvio siamo ieri giunti al giorno 1348 della guerra iniziata il 20 marzo 2003: un giorno in più della durata della Seconda Guerra Mondiale per gli Usa.

 

E’ noto da sempre che gli Stati Uniti avrebbero iniziato il ritiro delle proprie truppe solo di fronte alla certezza di un Iraq normalizzato e controllato sia politicamente che militarmente. Un Iraq siffatto, unito o tripartito (come vorrebbe la commissione Baker), avrebbe comunque dovuto garantire la presenza di un consistente numero di basi militari (di queste, 4 veramente enormi), con la dislocazione permanente di 30-40mila uomini.

I cervelloni del Pentagono non hanno quindi detto niente di nuovo. L’obiettivo strategico rimane immutato; cambiano semmai verso l’alto le cifre dei soldati che resterebbero nelle basi a regime (60mila anziché 30-40mila), si allungano i tempi di questo passaggio, mentre si aumentano le truppe e si lavora per la tripartizione del paese nella speranza di poterlo così controllare meglio.

Niente di nuovo dunque: è il segno che il progetto di fondo è rimasto immutato, mentre a mutare sarà soltanto la tattica. Ma è anche il segno di una grande difficoltà strategica, di un impantanamento di cui non si vede la fine.