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Il risiko delle Borse

di Bruno Perini - 02/12/2006

 
La guerra per il controllo delle Borse è giunta a un punto cruciale dopo l'alleanza tra Euronext e New York. Parla Luca Filippa, capo del centro studi di Borsa Italiana spa


La notizia è di lunedì scorso e arriva dagli Stati Uniti: la Sec ha dato il via libera a deposito e progetto di fusione tra Nyse Group e Euronext, (la società che controlla le Borse olandese, belga, francese, portoghese e il Liffe, il mercato dei derivati londinese ndr), spianando così la strada all'aggregazione tra i due colossi finanziari internazionali. Dunque, il progetto di fusione tra la Borsa paneuropea Euronext e il New York Stock Exchange (Nyse), «sensibilmente modificato» nel corso delle ultime settimane, prosegue.

Da quando le Borse sono state privatizzate e in molti casi quotate, si è aperta la caccia grossa e i processi di concentrazione sono dilagati. L'epoca delle Borse nazionali è finita da tempo. Ora però sono in molti a sollevare il problema del «federalismo finanziario». Il pericolo della perdita di autonomia delle singole Borse è dietro l'angolo, mentre prevale il desiderio di egemonia dei più forti. E' il caso della Germania, che attraverso un accordo con Borsa Italiana avrebbe dovuto proporre a Euronext un'integrazione su base federale. Il 7 novembre i vertici di Deutsche Börse hanno deciso di rompere l'intesa con l'Italia perchè volevano che la Borsa tedesca avesse più potere. E' un colpo durissimo al progetto di Borsa europea che coinvolge anche Borsa Italiana. Ma Borsa Italiana mostra sicurezza. La società-mercato presieduta da Angelo Tantazzi e guidata da Massimo Capuano ha nel cassetto un'alternativa, una struttura «federale», in grado di soddisfare le esigenze e aspettative dei partecipanti al mercato, di governi e autorità regolamentari europee. Su tutto ciò aleggia un potenziale conflitto di interesse tra le Borse e gli intermediari, che ne rappresentano i principali clienti e in alcuni casi ancora gli azionisti.
Per capire qualcosa di più siamo andati a palazzo Mezzanotte a parlare con uno che se ne intende: il direttore del centro di ricerca e sviluppo di Borsa Italiana Luca Filippa.

Che cosa è accaduto in questi anni? E soprattutto che cosa sta accadendo dietro le quinte di questa «guerra» per il controllo delle Borse?

I fattori che hanno provocato un cambiamento radicale dello scenario del mondo borsistico sono a mio avviso sostanzialmente due: tecnologia e regolamentazione. Il primo fattore è stato decisivo: con l'introduzione della telematica le Borse hanno perso il loro ancoraggio a un luogo fisico dove gli intermediari dovevano recarsi per dar vita alle contrattazioni. Questo elemento, apparentemente banale, faceva sì che le Borse avessero una loro territorialità. L'introduzione della negoziazione telematica ha rivoluzionato l'ambiente chiuso delle Borse, ma non sarebbe stata sufficiente a cambiare le cose senza l'azione della regolamentazione, che ha ampliato le possibilità di accesso degli intermediari ai mercati nazionali ed esteri e apèrto la strada a una concorrenza tra i mercati.

In che modo questi processi hanno modificato la struttura delle Borse?

I cambiamenti descritti hanno determinato una situazione di concorrenza tra i mercati e hanno fatto cadere la coincidenza automatica degli interessi degli intermediari nazionali e delle Borse: i primi ora indirizzano verso i mercati esteri quote significative della loro operatività, le seconde ammettono ai loro sistemi intermediari esteri che in precedenza transitavano attraverso operatori nazionali (qui in Italia la quota di mercato degli intermediari esteri è intorno al 35% per gli scambi cash e al 40% per i derivati). Le Borse - che storicamente erano organismi a controllo pubblico o cooperative di intermediari - sono state oggetto di processi di privatizzazione e demutualizzazione, e nel corso degli anni '90 quasi tutte sono diventate società per azioni for profit e molte si sono quotate.

Non crede che su questo punto si apra il problema del conflitto d'interesse? O per voi come per Silvio Berlusconi questo problema non esiste?

La particolare natura delle Borse, che hanno gli intermediari come clienti e talvolta anche come azionisti, fa sì che potenzialmente il problema esista. Proprio per questa ragione viene gestito con una struttura regolamentare molto severa. Qui in Italia, per esempio, c'è un controllo della Consob sulle funzioni che potrebbero essere in conflitto, come quello della definizione e della modifica dei regolamenti dei mercati. Inoltre sono presenti misure di carattere organizzativo che separano la struttura dagli azionisti: per capirci, il CdA di Borsa Italiana non ha funzioni operative e non può interferire con la gestione dei mercati.

Quando è iniziata la guerra per la concentrazione delle Borse?

Il primo tentativo di integrazione è partito nell'estate del 1998 con contatti tra Londra e Francoforte, un progetto che si è arenato ed è stato sostituito da un progetto di alleanza tra le principali 8 Borse europee, anche questo senza esito. La prima vera aggregazione è stata realizzata nel 2000 con la nascita di Euronext, che ha unificato i mercati di Parigi, Amsterdam e Bruxelles. Il modello federale di Euronext ha funzionato perché ha saputo coniugare gli aspetti industriali (integrazione dei sistemi) con quelli di attenzione alle realtà nazionali, soprattutto sotto il profilo regolamentare.

I giornalisti finanziari più anziani ricordano che il mercato borsistico italiano era il regno delle inefficienze e dell'insider trading. Che cosa è cambiato da allora? Siamo ancora agli ultimi posti in Europa?

La mia risposta forse la stupirà ma oggi il nostro mercato azionario è efficiente ed estremamente liquido (il terzo in Europa per numero di contratti, il quarto per controvalore). Dove dobbiamo ancora crescere è nel numero di società quotate.

Non c'è il pericolo che Borsa Italiana resti fuori dai processi di concentrazione? Di recente la Germania ha rotto il progetto che aveva fatto con l'Italia.

Non credo che ci sia un pericolo di isolamento. Noi restiamo convinti che serva un'integrazione a livello europeo, diversa da quelle attualmente in discussione, impostata su una base federale che sappia tenere conto delle particolarità di ogni mercato finanziario, realizzando un modello industriale in grado di portare benefici a tutte le categorie di partecipanti al mercato.

Cosa c'è in gioco in questa silenziosa guerra per il controllo delle Borse?

Beh, proprio silenziosa non mi sembra ... Mi pare che il punto sia se il disegno dell'architettura dei mercati finanziari debba essere guidato esclusivamente dagli interessi degli azionisti delle Borse o se invece non sia opportuno tenere anche conto dei sistemi economici interessati dal processo di consolidamento.