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I neoconservatori pronti a sacrificare i Repubblicani

di Jürgen Cain Külbel* - 04/12/2006

 




Prevenendo la sconfitta repubblicana, i neoconservatori e i loro sponsor hanno effettuata una virata in termini di alleanza tattica denunciando, pur essendone gli ispiratori, la politica dell’amministrazione Bush e sostenendo più o meno tacitamente il campo democratico. I loro obiettivi strategici restano comunque gli stessi. Jürgen Cain Külbel analizza questo opportunistico aggiustamento politico ma ricorda che, quali che siano i loro alleati, i neoconservatori sono lanciati in una fuga in avanti.


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24 novembre 2006





Alle recenti elezioni per il Congresso non poteva andare peggio per il presidente George W. Bush, burattino dei signori dell’estrema destra dell’America, i « neoconservatori ». Il suo partito, che si è dato l’aura del puritanesimo, sta attualmente raccogliendo i frutti delle sue avventurose azioni, quali la situazione in Iraq, un secondo Vietnam. Questo partito deve rendere conto della flagrante corruzione e degli spettacolari scandali del lobbysta Abramoff e del governatore dell’Ohio, Bob Taft. Per la prima volta dopo dodici anni, il partito di Bush ha subito una cocente sconfitta e ha perduto la maggioranza al potente Senato e alla Camera dei Rappresentanti statunitensi.



Sul piano internazionale vi è, in effetti, una svolta : il Presidente dello Stato più potente del mondo, George W. Bush, è ormai considerato un « cattivo ragazzo » dagli abitanti del globo. Lui, che ancora nel 2002 aveva pomposamente presentato Cuba, la Libia, la Siria, l’Iran, l’Iraq e la Corea del Nord come facenti parte dell’ « Asse del Male », rappresenta secondo un sondaggio telefonico - commissionato dal Guardian (Regno Unito) [1] insieme al Toronto Star e a La Presse (Canada), Reforma (Messico) e Ha’aretz (Israele) - un grande pericolo per la pace mondiale, praticamente al pari dei grandi terroristi come Osama ben Laden. L’87 % degli interpellati considera il molto « virtuale » Ben Laden pericoloso per la pace mondiale, mentre Bush raccoglie il 75 % ! Bush è percepito dall’«opinione pubblica occidentale» come più pericoloso del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad (69 %), e più pericoloso del capo di Stato nord-coreano Kim Jong Il o del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah (65 %), non apprezzato dalle « democrazie occidentali ».



Un sondaggio effettuato telefonicamente (ordinato dalla Commissione Europea) tra l’8 ed il 16 ottobre 2003 nei 15 Stati dell’Unione Europea, aveva già allora mostrato che il 59 % delle persone interpellate, cittadini dell’UE, considerava Israele il maggiore pericolo per la pace mondiale. Il secondo posto era andato ad un “asse del male” leggermente modificato, composto dall’Iran, dalla Corea del Nord e, sorprendentemente, dagli Stati Uniti con il 53 % ! [2]. L’allora Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, ignorò quel significativo sondaggio [3] in seguito alle arroganti critiche di Israele [4], perché sapeva che i risultati non riflettevano « l’opinione » della Commissione Europea e non avrebbero avuto influenza sulla politica nel Vicino Oriente. Quel sondaggio fu gettato nel dimenticatoio perché Israele non venisse stigmatizzato. Ma una cosa è incontestabile : la reputazione dell’attuale amministrazione statunitense ha raggiunto il suo livello più basso.



L’economia statunitense gira le spalle ai neoconservatori.



La domanda cruciale che ci si pone è : dove si dirigerà, d’ora in poi, la nave di quella camarilla esaltata, di quei neoconservatori che volevano spogliare il pianeta ed esportare nel mondo la democrazia con il pretesto di condurre la « la guerra contro il terrorismo », una guerra che in verità è « una guerra contro delle società e contro delle comunità, una guerra cinicamente elaborata per distruggere interamente dei paesi e dei popoli » ? Quella « banda di mostri », com’è stata definita nel 2005 da Yussef Aschkar, storico e antropologo libanese, è « uno Stato nello Stato » [5] che si è imposto in tutte le più alte funzioni chiave degli Stati Uniti, nella società, nei media nelle associazioni religiose, in seno al Pentagono e al dipartimento di Stato al quale detta i suoi piani e i suoi progetti.



Un guaio per l’ambiente di Bush è il fatto che i trust e le confederazioni industriali ed economiche abbiano già puntato, a fine ottobre 2006, su una vittoria dei democratici e che abbiano riesaminato le loro relazioni con la classe dirigente politica e diminuito per precauzione le loro elargizioni finanziarie ai repubblicani di Bush. Il New York Times ha riferito che « i lobbysti sarebbero già fortemente occupati a reclutare tra i ranghi dei democratici i futuri promettenti uomini politici » [6] . Secondo il giornale, le spese per i candidati repubblicani sono diminuiti, tra il 1° e il 18 ottobre, di circa l’11% a vantaggio dei democratici. È un cambiamento che non si vedeva dal 1994. Anche il trust degli armamenti Lockheed Martin che fa pervenire ai repubblicani il 70 % dei suoi contributi finanziari, li ha ridotti nei primi giorni di ottobre a vantaggio dei democratici ; essi hanno ricevuto il 60 % delle elargizioni dell’impresa Lockheed Martin.



Così, non c’è da meravigliarsi che (per precauzione) alcuni dei neoconservatori, i quali nel 2003 avevano approvato la giustificazione politica della campagna contro Saddam Hussein, già all’inizio di novembre 2006 abbiano abbandonato la nave da guerra Bush che affonda.

Richard Perle, il più importante portavoce della guerra contro l’Iraq, ha dichiarato ipocritamente alla rivista Vanity Fair, che « non avrebbe sostenuto la guerra contro Saddam Hussein se avesse saputo quanto male l’avrebbe condotta il governo Bushs. Dopotutto, è il Presidente che è responsabile di quello sfacelo » [7]. Anche Kenneth Adelman, consigliere politico del governo in materia di sicurezza, ha giudicato che il governo Bush si sia rivelato « di un’incompetenza manifesta, mao vista dopo la Seconda Guerra mondiale ». David Frum, ex autore dei discorsi di Bush, che aveva partecipato alla messa a punto del discorso sull’« Asse del male », ha cominciato a criticare apertamente l’ex boss per il quale in precedenza aveva lavorato con devozione. Egli ha dichiarato che: « Anche se il Presidente ha pronunciato i suoi discorsi, sembra che non abbia colto il senso delle parole ».



Norman Podhoretz (nato nel 1930), leggenda vivente dei neoconservatori, uno dei padri fondatori di quel movimento, non vuole assolutamente saperne di tutto ciò. Afferma, nel suo articolo del mese di settembre sul Commentary, che la dottrina di Bush vivrà ancora a lungo ; è solo tutto un malinteso, una non corretta valutazione della persona del Presidente. Il neoconservatorismo è vivo ; anche se sempre più collaboratori scompaiomo nel nulla [8]. Podhoretz si oppone alla critica secondo la quale la dottrina di Bush ha funzionato male in Iraq e le oppone il suo fallace argomento : « Almeno l’Iraq è stato liberato da uno dei peggiori tiranni del Vicino Oriente ; sono state tenute tre elezioni, è stata adottata una Costituzione ragionevole, vi opera un governo ; i cittadini godono di libertà prima inesistenti. » Perché allora questa constatazione positiva di Podhoretz ha portato ad un fallimento ? Ai suoi occhi, la resistenza in Iraq non è che il risultato del successo della strategia statunitense. Se i resistenti fossero convinti che « la democratizzazione è già fallita, perché continuerebbero a combattere così ferocemente contro questa presenza » ? Nonostante tutti gli errori politici e strategici di Bush, stranamente Norman Podhoretz continua a sostenerlo nella sua avventura irachena. Podhoretz non sembra rendersi conto né della perdita di potere degli Stati Uniti, né della fatica dell’esercito, né del desiderio della popolazione americana di vedere il ritiro dei soldati ; quanto alla politica estera del governo Bush, essa è in pienamente sulla rotta.



Il naufragio del Project for a New American Century.



Eppure, essa non va. Al quinto piano del n. 1150 della 17th Street NV di Washington, si comincia a preparare il trasloco. Lì, per oltre nove lunghi anni, alcune decine di neoconservatori hanno confabulato sul Project for New American Century (Progetto per un Nuovo Secolo Americano). Questo importantissimo think tank che produceva in continuazione « studi » e « documenti strategici » non funziona più per mancanza di soldi.



Ma il vero problema è l’Iraq. Il progetto centrale del PNAC, la « trasformazione democratica della Mesopotamia », si è evoluto in una pessima direzione e ha portato all’assurdo le teorie da tavolino dei neoconservatori. La tesi consistente nell’imporre la democrazia in Iraq per mezzo dei militari americani e nel restare a lungo in piedi, con hamburger e Coca, in attesa dell’effetto domino su tutta la regione causato dall’attrattiva per la democrazia all’americana, si è rivelata campata in aria.



Eppure tutto era iniziato così bene. Robert Kagan, uno dei maestri di pensiero dei neoconservatori, aveva creato il PNAC nel 1997 all’ombra della futura amministrazione Bush, in compagnia di William Kristol, uno dei neoconservatori che più favoleggiavano. Il progetto aveva per obiettivo il regno assoluto degli Stati Uniti d’America sugli avvenimenti mondiali (la Pax Americana) in un « nuovo secolo americano » e prevedeva una supremazia degli Stati Uniti d’America sul mondo intero, a metà strada tra « potere militare, apporto diplomatico e devozione ai principi morali ». Poiché « il mondo multipolare non garantiva la pace, ma aveva sempre condotto a guerre, il governo degli Stati Uniti avrebbero dovuto capitalizzare la loro superiorità tecnologica ed economica per raggiungere l’incontestata supremazia con l’intervento di tutti i mezzi – compreso quello militare ». Nel caso in cui la diplomazia si fosse rivelata infruttuosa, « delle azioni militari sarebbero state un mezzo accettabile e anche necessario ». Il PNAC auspicava la costituzione di basi militari mondiali e permanenti per rendere inattaccabili gli Stati Uniti e vedeva il suo paese, conformemente alla sua auto-rappresentazione, come una « polizia mondiale » che doveva proteggere il rispetto del diritto e della legge, in un mondo caotico « hobbesieno » in cui ognuno si batte contro l’altro; questo, evidentemente, senza alcuna consultazione con gli alleati, senza rispetto per le organizzazioni internazionali, per gli accordi o per altri vincoli legali.



Gli ultimi soprassalti : la supremazia nello spazio



Gli strambi sbruffoni dispotici del PNAC non si accontentavano solo della Terra. Da anni, essi pretendevano il controllo « delle nuove sfere comuni internazionali, dello spazio e del mondo virtuale » e la messa in piedi di un nuovo genere militare : le US Space Forces, la cui missione sarebbe di « controllare lo spazio, liberalo ». Ultimamente Bush ha dato delle garanzie in questo senso e ha così confermato la tesi di Podhoretz secondo la quale la sua dottrina è ancora viva e al servizio dei neoconservatori. Infatti, il 7 ottobre 2006, intorno alle 5 pomeridiane, il governo americano pubblicava su internet la nuova «National Space Policy» [9] approvata dal presidente in cui Bush si è, per così dire, innalzato al rango di « dirigente dell’universo » proclamando come politica ufficiale la dominazione dello spazio da parte degli Stati Uniti. In base alla « dottrina dello spazio », Washington si opporrà a tutti i futuri accordi di controllo degli armamenti che potrebbero nuocere alla libertà di movimento degli Stati Uniti nello spazio. Alle nazioni che non si sono comportate conformemente agli interessi di Washington dovrebbe essere bloccato l’accesso allo spazio : « La libertà d’azione nello spazio è importante per gli Stati Uniti quanto le azioni nell’aria o sul mare. Gli Stati Uniti si opporranno all’elaborazione di nuove convenzioni giuridiche o di altre restrizioni che vogliano impedirne o limitarne il loro accesso o la loro utilizzazione »



Alcuni esperti, dell’avviso di Theresa Hitchens, direttrice del Center for Defense Information di Washington, vedono in questo un’altra fase verso lo sviluppo delle armi spaziali. Questa politica apre « un po’ di più la porta ad una strategia di guerra nello spazio». Per poter continuare la lotta contro il « male », gli Americani già oggi si addentrano nel contesto del progetto « Star Wars ». Come ha anticipato il 28 ottobre 2006 il sito tedesco d’informazione Spiegel-Online, la forza aerea statunitense già sperimenterebbe la spada di luce volante, « un Airborne Laser o laser aviotrasportato che un jumbo-jet porterebbe nel suo muso e che dovrebbe distruggere i missili balistici atomici che potrebbero essere inviati verso gli USA dagli « Stati canaglia » ». Al momento della presentazione del laser, il generale di divisione Henry « Trey » Obering ha esultato : «Credo che noi sviluppiamo le forze del bene per colpire le forze del male. Abbiamo raggiunto una grande tappa per dare al popolo americano la sua prima spada di luce ». E qualcuno diceva che più nessuno ascolta i neoconservatori !



Vittoria di Hezbollah sui paladini dell’impero



L’Imperium Americanum è un fantasma che sussurra da decenni nei cervelli dei neoconservatori di destra. Questo Imperium non è mai stato una realtà e non lo sarà mai, anche se Charles Krauthammer, cronista del Washington Post e rappresentante mediatico della cricca di neoconservatori più provvista di denaro, persiste nel voler abbandonare il retaggio costituzionale degli Stati Uniti e nell’auto-proclamarsi pomposamente erede dell’impero Romano, come si è potuto leggere nel settembre 2002 su The Guardian : « Le persone (gli Statunitensi) escono lentamente dal loro nascondiglio e usano di nuovo la parola impero. Il fatto è che, dall’impero romano, nella storia mondiale nessun paese, è stato altrettanto dominante a livello culturale, economico, tecnologico e militare ». Krauthammer affermava già nel 1999 che « dopo che Roma distrusse Cartagine, nessun’altra superpotenza ha raggiunto una grandezza simile alla nostra ».



Dalla notte dei tempi, vi sono stati molti imperi, regni. Il Mondo Antico poté contare i regni degli Egizi, degli Hittiti, degli Israeliti, degli Assiri, dei Babilonesi, dei Persiani, dei Macedoni, dei Romani, dei Bizantini, dei Sasanidi, del Califfato, dei Crociati, di Saladino, dei Mongoli, degli Ottomani e dell’epoca coloniale europea. Il Mondo Antico sapeva che ogni impero, ogni Imperium avrebbe avuto una durata limitata nel tempo e conosceva anche le ragioni della loro caduta. L’impero di Roma, ad esempio, giunse alla fine a causa della sua dimensione, di catastrofi naturali, di inondazioni, di sismi, di incendi, di devastazioni, di guerra e a causa dell’insensatezza, dell’indifferenza e della decadenza dei suoi cittadini.



L’arrogante volontà degli Stati Uniti di instaurare un Imperium disprezzando gli uomini, i paesi e le culture può, oggi, essere non solo dichiarata penosamente fallita, ma fin dall’inizio poteva essere considerata un tentativo stupido con mezzi stupidi. Le guerre contro l’Afghanistan e l’Iraq costano care agli Stati Uniti, in denaro e come immagine sul piano internazionale. Malgrado ciò, il governo Bush persiste ancora nell’obiettivo d’imporre la « democrazia » dal Marocco al Pakistan. A questo fine, impone il progetto geopolitica «Greater Middle East», elaborato proprio da quei neoconservatori puri e duri e che prevede una « distruzione creativa », anzi dei cambi di governo con la forza. L’Iraq doveva essere il precursore di questo tipo di « democratizzazione » ma, vista la rischiosa situazione sul campo, l’entusiasmo di Washington per nuove esperienze belliche diminuiva rapidamente. Bush reagiva globalmente alle crescenti rivendicazioni per l’abbandono dei brutali interventi militari e promuoveva Condoleezza Rice al posto di segretario di Stato. Aveva proclamato che lei avrebbe continuato la « guerra globale contro il terrorismo », avrebbe « messo fine al conflitto arabo-israeliano » e avrebbe propagato « la democrazie nel Medio Oriente ».



Condoleezza Rice, questa dama dal pugno di ferro in guanto di velluto, ha parlato precisamente di « doglie del parto di un Nuovo Medio Oriente » nel momento in cui questa estate Israele, potenza atomica, copriva il Libano e la sua popolazione civile con un tappeto di bombe che comprendeva armi proscritte dal diritto internazionale. Puro cinismo da parte di questa bestia feroce dall’aspetto molto chic che ignorava con noncuranza i massacri ed il sangue dei bambini che laggiù scorreva a fiotti.



« La guerra contro il Libano ha effettivamente fatto schiudere un nuovo Medio Oriente » ha detto il Presidente siriano Bachar Assad nella sua dichiarazione di principio del 15 agosto. « Ma – ha continuato – veramente non quello per cui gli Stati Uniti ed Israele hanno così a lungo combattuto. Gli Arabi parlano senza riserve di una reale vittoria militare ed è la prima volta nel corso della loro storia recente. Naturalmente, né gli Stati Uniti né Israele sono disposti ad accettare questo avvenimento ». Una piccola unità, il libanese Hezbollah, è giunta effettivamente a mettere in ginocchio Tsahal – un esercito che, a giusto titolo, può essere definito come l’esercito satellite degli Stati Uniti – e a strappargli una vittoria storica. Come, prima di lui, i Greci – ammesso che Platone abbia detto il vero – avevano battuto, oltre 9000 anni fa, il leggendario regno di Atlantide. Se nella nostra epoca il filosofo greco Platone fosse ancora vivo e avesse seguito questo storico avvenimento, egli avrebbe concepito il suo racconto di Atlantide, scritto circa 400 anni prima della nostra era nei dialoghi « Timeo » e « Crizia », come una ripetizione della storia.

La potentissima Atlantide aveva conquistato tutti i paesi del bacino mediterraneo e solo l’Atene degli antichi poté opporsi e costringere l’avversario al ritiro. « Un tempo, prima della grande distruzione delle acque, la città che è oggi quella degli Ateniesi », diceva allora un sacerdote egizio al viaggiatore Solone, « era ottima in guerra e in tutto e specialmente governata da buone leggi. Vi furono compiute bellissime gesta e vi erano le migliori istituzioni politiche. In effetti, dicono le scritture che un tempo la vostra città distrusse un immensa potenza che marciava insolente sull’Europa e l’Asia intere, provenendo da un altro mondo situato nell’oceano Atlantico. […] Un giorno quella potenza, riunite tutte le sue forze, tentò di asservire in un solo colpo, il vostro paese, il nostro e tutti i popoli al di qua della bocca. Fu allora, o Solone, che la potenza della vostra città fece mostra agli occhi del mondo del suo valore e della sua forza. Dal momento che essa superava tutte le altre per il coraggio e nelle arti della guerra, fu lei a prendere il comando degli Elleni ; ma, ridotta alle sue sole forze per la defezione degli altri e messa così nella situazione più critica, vinse gli invasori, levò un trofeo, preservò dalla schiavitù i popoli non ancora asserviti e restituì generosamente alla libertà tutti coloro che, come noi, abitano all’interno delle colonne d’Ercole » . Ma, nei tempi successivi, vi furono spaventosi terremoti e cataclismi. Nello spazio « di un solo giorno e di una sola notte terribili, tutto il vostro esercito fu in un sol colpo inghiottito dalla terra e anche l’isola di Atlantide s’inabissò nel mare e scomparve ». [10] Quella sconfitta militare fu una punizione degli dei per la brama di potere e di ricchezze degli abitanti di Atlantide. Zeus aveva deciso di farla finita con la decadenza.

Dopo questa digressione, torniamo all’attualità che tanto ci preoccupa. Senza alcun dubbio, quella che si svolge nel Libano è una battaglia cruciale per un « Nuovo Medio Oriente ». Si tratta di sapere chi lo definirà e a quale prezzo. In questo « Nuovo Medio Oriente » di resistenza e di autodeterminazione nazionale, la Siria laica e semi-socialista occuperà chiaramente una posizione-chiave.



Dopo la batosta inflitta da Hezbollah al nemico israeliano, il Segretario di Stato americano si è recato precipitosamente al Cairo, il 3 ottobre 2006, alla conferenza dei sei Stati membri del Gulf Cooperation Council (GCC), per avvicinarsi al campo arabo e tentare, ha scritto allora Rami Khuri, caporedattore del quotidiano libanese Daily Star, « di vendere l’idea graziosa ma poco realistica che Washington possa aiutare « i moderati » del mondo arabo ad operare di concerto contro gli « estremisti ». Un approccio così ingenuo mostra – secondo Khuri – un’incomprensione della tendenza dominante nell’Oriente arabo, « dove ora l’opinione pubblica e alcune direzioni politiche si mobilitano attivamente per opporre una resistenza alle concezioni degli Stati Uniti e di Israele e per affrontare gli amici arabi degli USA ed i loro uomini di paglia ». Una nuova « Guerra fredda » regionale sarebbe attualmente in corso e le direzioni politiche filo-occidentali sarebbero a confronto con quei movimenti che si oppongono agli obiettivi dell’« Occidente », obiettivi imposti nella regione dagli USA e da Israele. Ricordiamo qui le richieste di Hezbollah e del Generale Aun e del suo Movimento patriottico libero, per un nuovo dialogo nazionale nel Libano. La resistenza dell’Oriente arabo agli interessi degli egemonisti americani, britannici, francesi ed israeliani è iniziata e non può più essere arrestata.





* Ex investigatore di polizia criminale nella RDT (1974-1988), Jürgen Cain Külbel è giornalista indipendente e scrittore.



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[1] « British believe Bush is more dangerous than Kim Jong-il : Which leader poses a danger to world peace ? : US allies think Washington is a threat... », The Guardian, 3 novembre 2006.



[2] « Un sondage européen range les États-Unis parmi les pays dangereux pour la paix dans le monde », Le Monde, 1 novembre 2003.



[3] « Sondage des Européens sur Israël - Romano Prodi se dit "très préoccupé" », AFP, 4 novembre 2003 ; « Israël, une menace pour la paix ? Malaise autour d’un sondage européen » e « Sondage de la discorde entre l’Europe et Israël », Le Temps, 5 novembre 2003 ; « Embarras à Bruxelles après le sondage désignant Israël comme fauteur de guerre », Le Monde, 6 novembre 2003.



[4] « Le centre Simon Wiesenthal dénonce un sondage européen sur Israël » e « Sondage de l’UE - dans le "seul but de dénigrer Israël" (ambassadeur) », AFP, 1 e 3 novembre 2003. « Accusation d’antisémitisme », Le Figaro, 3 novembre 2006 ; « Israël « outragé » par les résultats d’un sondage auprès des Quinze », Le Temps, 3 novembre 2006.



[5] « Palestinians will never surrender », intervista di Silvia Cattori a Sattar Kassem, 12 settembre 2006. La traduzione in francese di questa intervista è qui disponibile. .



[6] « Democrats Get late Donations From Business » di Jeff Zeleny e Aron Pilhofer, New York Times, 28 ottobre 2006.



[7] « Neo Culpa » di David Rose, Vanity Fair, 3 novembre 2006.



[8] « Is the Bush Doctrin Dead ? », di Norman Podhoretz, Commentary, settembre 2006.



[9] Documento scaricabile.



[10] Timeo, Platone


Voltaire, édition internationale