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Dopo l’Iran anche il Venezuela dice addio al dollaro

di redazionale - 19/12/2006

 

Il leader del Venezuela, Hugo Chavez, sta dirottando una quota crescente dei profitti petroliferi del paese verso l'euro, vista la discesa del dollaro e dei prezzi del petrolio. Il dollaro, sceso quest’anno del 9,5% rispetto all'euro, potrebbe soffrire ancora di più nel 2007 e questo perché il Venezuela e i produttori di petrolio, dagli Emirati Arabi Uniti all'Indonesia, vogliono investire più capitali nella valuta comune europea.

Anche il governo iraniano ha ordinato alla banca centrale di convertire in euro le attività denominate in dollari detenute all'estero e di rimpiazzare la divisa Usa con quella europea negli scambi internazionali. Lo ha annunciato il portavoce del governo Gholam Hossein Elham. Anche se la decisione è stata adottata dal governo di Teheran per rispondere alle pressioni degli Stati Uniti sulle Nazioni Unite per adottare sanzioni contro l'Iran per il suo controverso programma nucleare, tale scelta politica si inquadra perfettamente nella tendenza a scegliere la moneta unica come valuta di riferimento. Elham ha inoltre aggiunto che anche il budget dell'Iran sarà calcolato in euro. 'Le risorse dall'estero e le entrate petrolifere saranno calcolate in euro e le riceveremo in euro per mettere fine alla dipendenza dal dollaro", precisa un portavoce del governo iraniano, secondo il quale "procederemo anche al cambio dei nostri averi all'estero, il che include sia le entrate delle esportazioni, sia le fonti di finanziamento internazionali".

Tornando al Venezuela, Domingo Maza Zavala, uno dei sette componenti del consiglio della Banca centrale del Venezuela, ha spiegato in questi termini la decisione di convertire in euro una quota sempre maggiore dei profitti del suo paese: "Il dollaro americano ha subito un lungo processo di deterioramento. La strategia di diversificazione è iniziata quest'anno."

Il Banco Central de Venezuela ha ridotto la percentuale dei 35,9 miliardi di dollari di riserve investita in dollari e oro all'80%, una decisione significativa se si considera che una anno fa le riserve in dollari erano pari al 95%. D’altra parte, la nazione sudamericana, quinto produttore mondiale di petrolio, ha aumentato le attività denominate in euro al 15%, da meno del 5%, nello stesso arco di tempo.

La quota di depositi in valuta estera detenuta in dollari da parte dei membri dell'organizzazione dei paesi produttori ed esportatori di petrolio e della Russia, è scesa nel secondo trimestre al 65% dal 67% del trimestre precedente toccando il minimo da due anni, secondo i dati diffusi nella scorsa settimana dalla banca dei regolamenti internazionali.

Il Venezuela potrebbe anche essere spinto dall'ostilità nei confronti degli Usa, osserva Rick Arney, capo strategista valutario di Barclays Global Investors, che gestisce 1.700 miliardi di dollari di asset a San Francisco. Secondo alcuni analisti, lo spostamento dei paesi produttori di petrolio verso l'euro non dovrebbe indebolire il dollaro. Le nazioni Opec hanno ridotto i depositi in dollari di 5,3 miliardi di dollari nel secondo trimestre, rispetto al totale di 632 miliardi di dollari di attività globali.