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Georgescu-Roegen, l´economista che criticava la crescita illimitata

di greenreport - 28/12/2006

Serafini:"La società che auspicava era quella che sapesse rispondere agli ideali di un’economia giusta e compatibile con le leggi fondamentali della natura"
Cento anni fa nasceva in Romania Nicholas Georgescu-Roegen, laureatosi in statistica all’Università di Parigi nel 1930, poi emigrato negli Stati Uniti nel 1948 è considerato il fondatore della concezione radicalmente nuova del processo economico che consiste nell’integrare l’economia umana nel più ampio contesto dell’economia della natura, e che egli denominò “bioeconomia”. Una riformulazione del processo economico e delle sue relazioni con l’ambiente in una prospettiva termodinamica e biologico-evoluzionista. Che tenga conto non solo della popolazione attuale, ma anche di coloro che devono ancora nascere e quindi delle scarsità delle risorse e del fatto che la materia si degrada.

"Matter matters, too", sosteneva Georgescu, ovvero il principio per cui anche la materia, come l’energia, non scompare, ma "si degrada continuamente e irreversibilmente in materia non più utilizzabile" a fini umani, merceologici, economici.

Attingendo alla terminologia e ai concetti della termodinamica Georgescu-Roegen afferma quindi che, da un punto di vista puramente fisico, il processo economico non fa che utilizzare materia-energia in uno stato di bassa entropia, restituendola in uno stato di alta entropia.

Quindi il processo economico è strettamente connesso all’ambiente biofisico che lo sostiene. Da questo l´uomo non crea nulla, ma anzi accelera il processo entropico, distruggendo inevitabilmente le risorse naturali, perché preleva costantemente materia-energia sotto forma di risorse naturali che restituisce continuamente sotto forma di rifiuti: quindi una sua corretta rappresentazione non può in alcun modo prescindere dall’analisi di questa relazione. Che è invece del tutto (o quasi) ignorata dalle teorie economiche classiche che si fondano sul paradigma meccanicistico, imperniato tra produzione e consumo.

Ma le conoscenze sull’evoluzione biologica (Darwin), sulla termodinamica (Carnot), e sulla legge dell’entropia (Clausius) rendevano necessario introdurre un altro paradigma: quello del divenire della natura, del tempo irreversibile, dell’evoluzione cosmica.

In questo sta la singolare intuizione di Georgescu Roegen, che fin dalla sua prima grande opera, Analytical Economics: Issues and Problems (1966), individuò nel dogma meccanicistico l’errore fondamentale del pensiero economico occidentale, le cui conseguenze sono all’origine della crisi ecologica e sociale che attanaglia l’umanità, lanciata nel vicolo cieco della crescita illimitata.
Abbiamo chiesto a Massimo Serafini una riflessione sull’attualità del pensiero di questo economista a cent’anni dalla nascita.

Georgescu Roegen lo si può considerare il grande critico della crescita illimitata, quanto il suo pensiero è ancora attuale?
«È molto attuale perché viviamo la fase della scarsità delle risorse e la fase in cui questa scarsità sta producendo una accentuazione degli elementi di conflitto. Si cominciano ad avere segnali che il meccanismo della crescita sta portando il pianeta verso il declino, ed è un meccanismo difficilmente governabile. È uno dei primi che ha capito dove ci portava il tema della crescita».

C’è chi definisce Georgescu Roegen come il precursore della decrescita, è d’accordo?
«Lui è un vero precursore della decrescita, perché è uno dei primi ad aver capito dove ci avrebbe portato non solo una economia basata sulla crescita illimitata, ma ad aver messo in discussione anche lo stato stazionario. E nei fatti stiamo assistendo all’entrata in crisi anche della fase dello stato stazionario».

Georgescu ha messo in discussione anche il concetto di sviluppo sostenibile.
«La messa in discussione dello sviluppo sostenibile comincia a diventare molto visibile e molto veritiera. Nella sua critica Georgescu sosteneva che è difficile pensare che lo sviluppo non implichi necessariamente, in qualche misura, una crescita quantitativa. Mentre la società che auspicava era quella che sapesse rispondere agli ideali di un’economia giusta e compatibile con le leggi fondamentali della natura.
L’economia mondiale deve necessariamente rispettare alcuni limiti ecologici globali, legati alla capacità di carico degli ecosistemi, alla stabilità dei cicli biologici e geochimici, all’equilibrio del sistema climatico: limiti che il nostro mondo ha ormai raggiunto».