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Somalia: sempre per al-Qaeda?

di Agenzia MISNA - 11/01/2007

“Con l’attenzione dei pianificatori della sicurezza di Washington interamente consumata dalle guerre in Iraq e in Afghanistan, scrive oggi il New York Times, l’interesse dell’amministrazione Bush in Somalia è stato guidato soprattutto dal fatto che una manciata di uomini di al-Qaeda responsabili per attacchi nel Corno d’Africa si nasconderebbero da quelle parti… Fino a questa settimana, Washington si era accontentata di restare dietro le quinte e di usare l’invasione etiopica come la faccia pubblica di uno sforzo contro gli islamici e i loro alleati”.
Sui bombardamenti americani in Somalia, effettuati con una micidiale cannoniera volante, dopo le quotidiane piogge di proiettili degli elicotteri etiopici,  e sulla presenza di navi statunitensi al largo del paese, inclusa la portaerei Eisenhower, fonti diverse stanno fornendo spiegazioni, giustificazioni, pareri, previsioni. Tutte per lo meno improbabili vista lo stato di fluido caos in cui il paese vive da anni.
Sia pur aggiungendo talvolta aggettivi come “sospetto”, “probabile” o qualcosa di simile, un coro di voci mormora sullo sfondo al-Qaeda… al-Qaeda; un filmato o qualche messaggio radiofonico o in internet da un momento all’altro permetterà di eliminare anche quegli aggettivi precauzionali e i bombardamenti probabilmente continueranno come l’ultimo germoglio sul velenoso e immenso albero della “guerra al terrorismo” e all’Islam fondamentalista.
Lavoravo per gli americani quando, poco dopo la caduta del muro di Berlino, in un incontro internazionale organizzato in Europa, da colleghi statunitensi sentii affermare che, caduto il comunismo, il nuovo nemico degli Stati Uniti e del mondo era l’Islam. Certo, il punto di vista era vivacemente portato avanti soprattutto da giornalisti che di fatto erano neo-con…
Che agli scettici come me, 15 anni fa ancora ingenuamente fermi all’idea delle banche americane zeppe dei cosiddetti petrodollari arabi, non offrivano documenti e spiegazioni ma chiedevano soltanto atti di fede. Non di buona fede.
Ma al principio degli anni ’90, nonostante la prima guerra del Golfo e la disastrosa operazione Black Hawk Down, i due falchi neri abbattuti dai somali a Mogadiscio nel 1993 sotto forma di elicotteri da svariati milioni di dollari capaci di sparare molte migliaia di colpi al minuto, pochi avrebbero sospettato che al-Qaeda sarebbe diventato un marchio più usato e noto di quello delle multinazionali americane degli hamburger e della connessa bevanda a stelle e strisce.
I neo-con erano già in circolazione da non pochi anni e le loro fortune non apparivano allora così certe, nonostante gli otto anni di amministrazione Reagan (1980-88). E nessuno a quel tempo si sarebbe mai azzardato a immaginare, nemmeno come sceneggiatura per un film, la tragedia dell’ 11 settembre 2001, rivelatasi occasione fondamentale per il rilancio e l’affermazione delle tesi dei neoconservatori soprattutto in politica estera. Dalle ceneri delle Torri rinasceva e spiccava il suo volo più maestoso la sinistra fenice del terrorismo islamico da combattere in qualsiasi modo ovunque e per sempre.
Con la soppressione totale dei diritti per le centinaia di dannati a Guantanamo, le torture di Abu Ghraib, la soppressione di diritti civili e libertà antiche almeno quanto il presidente Lincoln negli stessi Stati Uniti, la divisione ultramanichea del mondo in pochi buoni (se comunque d’accordo con Washington) e molti cattivi, forse anche filo-terroristi, se appena appena incerti. Con un’impiccagione destinata a restare nella Storia per la sua brutale e assurda illegalità.
Partendo dall’Afghanistan tuttora caldo e facendo poi perno in Iraq, dove in questi ultimi giorni si susseguono azioni militari e scontri di una violenza forse senza precedenti mentre vengono richiesti altri uomini (20 o 30.000) e altri fondi da bruciare. l’inestinguibile falò del Grande Medio Oriente, Palestina e Libano inclusi, resta senza dubbio il principale palcoscenico dell’esportazione armata della democrazia e della guerra infinita al terrorismo islamico. Vero e spesso presunto.
Ma quello che si può leggere oggi non solo sul New York Times, dopo uno sterminio di dozzine e dozzine di pastori nomadi e dei loro asini, mucche e cammelli in una “zona fangosa vicina al confine con il Kenya” testimoniato da diverse fonti locali incluso un anonimo da Liboi che lo ha detto all’agenzia inglese Reuters, fa nascere il terrorizzante sospetto che un altro falò della stessa follia neo-con potrebbe essere in preparazione, o almeno costituire una tentazione, anche in Somalia. Cioè nel Corno d’Africa e dintorni.
“Per diversi giorni, i jet e gli elicotteri da combattimento etiopici hanno steso una coperta di fuoco sull’area e gli attacchi sono continuati martedì” ha scritto da Mogadiscio lo stesso quotidiano di New York, riferendo anche della strage di nomadi e bestiame che dice di non aver potuto verificare in maniera indipendente. Secondo il giornale potrebbe forse essere stato ucciso anche Abu Taha al-Sudani, presunto aiuto di Fazul Abdullah Mohammed, presunto capo della presunta cellula di al-Qaeda nell’Africa orientale.
Appena l’altro ieri, Jonathan Stevenson, docente di strategia allo U.S. Naval War College, sulle pagine del medesimo quotidiano newyorchese affermava: “…non esiste soluzione militare all’imbarazzante caso Somalia. Una robusta diplomazia, con l’occhio alla creazione di un accordo di condivisione del potere tra il governo di transizione e il Consiglio delle Corti Islamiche, sembra essere l’unica speranza”. E a parlare non era certo un cauto diplomatico.
Nè era uno come quel Mark Finneman che nel 1993 scriveva dettagliamente delle possibili grandi risorse petrolifere della Somalia. E neanche come quello studioso di Montreal (1) che in un suo libro ha documentato più di una patacca della guerra al terrorismo. Un motivo di più, visti gli angosciosi sviluppi degli ultimi giorni, per essere preoccupati e temere che anche in questo pezzo di mondo possa scatenarsi la stessa belva rampante in Iraq.
Per ora, proprio come in Afghanistan e in Iraq, non si riesce neanche a sapere se, dove, come, quando e quanti civili inermi sono stati uccisi, e di quale drammatica situazione umanitaria si siano poste le premesse, sempre inseguendo l’inafferrabile “strega morgana” chiamata al-Qaeda…
 
(1) “Informazioni sugli stretti legami tra bin Laden e la Somalia sono venute da quel tipo di fonti ‘obiettive e disinteressate’ così spesso citate per la Guerra al terrorismo. Includono l’Etiopia che teneva golosamente d’occhio una striscia di costa somala; i signori della guerra somali che, ansiosi di emulare la Afghan Northern Alliance, volevano usare i militari americani contro i loro rivali locali; e il Pentagono, che ha i suoi motivi di risentimento”
(R.T.Naylor, docente di Economia alla McGill University di Montreal, Canada, in un documentato saggio dal titolo Il Labirinto somalo, tratto dal libro Satanic Purses ,Denaro satanico, pubblicato dalla McGill-Queen's University Press)
 
(Fonte: Agenzia MISNA, Dalla tavola scrivania del direttore, 10 gennaio 2007)