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Rapporto sviluppo disumano

di Alessio Mannucci - 12/01/2007

 

Il 2% più ricco del mondo possiede il 50% delle ricchezze. È quanto ha sancito la nuova pubblicazione del World Institute for Development Economic Research (WIDER) - “The World Distribution of Household Wealth” (Distribuzione nel mondo della ricchezza dei nuclei familiari) - frutto di un anno di ricerca, presentata il 6 dicembre scorso a Londra e New York dalla Università delle Nazioni Unite.

Il rapporto definisce la ricchezza - quanto la famiglia possiede (terreni, auto, azioni...) meno i debiti, non le entrate, non il Prodotto Lordo per persona, ma la ricchezza che, alla fine del 2000, era posseduta da ogni famiglia - di 229 paesi: si và da paesi che forniscono il bilancio familiare dei loro cittadini, tipo quelli del G7, a paesi come Cuba, Birmania, Sudan e altri che, come Lichtenstein, Bermuda, non forniscono dati finanziari dei cittadini, per cui è stato necessario fare una stima.

I risultati presentano non poche sorprese: ad esempio, nonostante l'idea che in Cina ci siano tanti poverissimi e pochi ricchissimi, la Repubblica Popolare si piazza nel bel mezzo della distribuzione, con poche famiglie nel club dei poverissimi e dei ricchissimi; oppure, le famiglie scandinave non sono particolarmente ricche. Secondo Anthony Shorrocks, co-autore e presentatore dello studio, questo riflette la sicurezza derivante dallo stato sociale: perché accumulare ricchezza personale quando si ha la sicurezza che lo Stato redistribuirà la ricchezza in maniera giusta ed efficiente ?

Dal rapporto emerge inoltre che i paesi sviluppati, chi più chi meno, hanno quattro volte il loro peso demografico. Per esempio, l'Italia rappresenta l'1% della popolazione mondiale ma possiede il 4% della ricchezza. Gli USA invece sono un paese con una pessima distribuzione della ricchezza. Perfino l'Economist se ne era accorto a giugno titolando “Il ricco, il povero, e la crescente distanza tra loro” un articolo al riguardo. Peggio solo il Brasile.

Il nostro Bel Paese risulta essere più ricco della Germania, la locomotrice dell'Unione Europea. Il 5.3% del decimo più ricco della Terra è italiano, contro il 3.9% tedesco. Siamo più presenti nel club dei ricchi. Il prof. Shorrocks, durante la presentazione, ha avuto qualche difficoltà a giustificare questo risultato. Ha scaricato la responsabilità sulla “abilità degli istituti italiani di affinare le tecniche di presentazione dei dati”.

Quello di cui sicuramente le statistiche di Bankitalia e ISTAT non tengono conto è il sommerso. L'articolo di Bankitalia è basato infatti su sondaggi effettuati dal 1965 ad oggi su un campione di circa 8000 famiglie. È improbabile che i boss camorristi siano stati intervistati sulle entrate familiari dovute al commercio della cocaina, tanto per fare un esempio.

Viene in mente “Gomorra” di Roberto Saviano, quando racconta di capi di alta moda pagati poche decine di euro al sarto di Secondigliano e rivenduti per decine di migliaia di euro alle star di Hollywood. Nel paese della pseudo-sinistra che crea le collaborazioni coordinate e del Presidente del Consiglio che istiga al lavoro nero, non c'è neanche bisogno di leggere Gomorra per sapere che i capi delle grande firme vengono venduti per migliaia di euro e ai lavoratori vengono date poche decine di euro. Dato che nel mercato del lavoro globale, il lavoratore può essere un immigrato cinese a Lodi (borsette di Valentino comprate a 5 euro e rivendute a 1000 in via della Spiga, fabbrica chiusa per lavoro in condizioni di schiavitù un anno fa), una madre di famiglia a Secondigliano o un bambino in Bangladesh, per un salario magari non superiore a 5 centesimi di euro l'ora.

Data articolo: gennaio 2007

Link correlati all'articolo:

The Levy Economics Institute of Bard College - Working paper n. 414 - (pdf)

Inequality in America The rich, the poor and the growing gap between them Economist.com

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